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Compensazione spese legali: quando è illegittima?

Un imputato, assolto dal reato di diffamazione, si è visto compensare le spese legali con la parte civile. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello (basata sulla “natura delle frasi pubblicate”) troppo generica e inadeguata. La sentenza sottolinea che la compensazione spese legali è un’eccezione alla regola della soccombenza e richiede una motivazione specifica e congrua su “gravi ed eccezionali ragioni”, non un vago riferimento ai fatti di causa.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Compensazione spese legali: la Cassazione richiede motivazioni specifiche

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 34958/2025, offre un importante chiarimento sui criteri per la compensazione spese legali nel processo penale. In particolare, quando l’imputato viene assolto e la domanda della parte civile respinta, la regola generale prevede che quest’ultima rifonda le spese legali all’imputato. La Corte ha stabilito che derogare a tale principio è possibile solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, che devono essere specificate in modo puntuale dal giudice.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un processo per diffamazione a carico di due giornalisti, accusati di aver offeso la reputazione di un soggetto attraverso un articolo pubblicato su un quotidiano online. Il Tribunale di primo grado aveva assolto entrambi gli imputati con formula piena, ritenendo insussistente il fatto, poiché si erano limitati a pubblicare uno scritto anonimo pervenuto in redazione senza aderire al suo contenuto.

La parte civile proponeva appello, ma la Corte territoriale confermava l’assoluzione e il rigetto della domanda di risarcimento. Tuttavia, disponeva la compensazione spese legali tra la parte civile e uno degli imputati, giustificando tale decisione “in considerazione della natura delle frasi pubblicate”. L’imputato, ritenendo illegittima tale statuizione, ricorreva in Cassazione, lamentando la genericità e l’inadeguatezza della motivazione.

L’Analisi della Corte sulla compensazione spese legali

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando un principio fondamentale: la condanna della parte civile al pagamento delle spese sostenute dall’imputato assolto non è una facoltà, ma un obbligo per il giudice, a meno che non sussistano motivi specifici per derogarvi.

Il riferimento normativo è l’art. 541, comma 2, del codice di procedura penale. Tale norma, letta in combinazione con l’art. 92 del codice di procedura civile, stabilisce che la compensazione spese legali è una soluzione eccezionale, ammissibile solo per “gravi ed eccezionali ragioni”. Non sono sufficienti motivazioni generiche, come la complessità della causa, la buona fede della parte soccombente o, come nel caso di specie, un vago riferimento alla “natura della controversia”.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha censurato la decisione della Corte d’Appello proprio per il difetto di motivazione. Giustificare la compensazione citando la “natura delle frasi pubblicate” è stato ritenuto un argomento generico e, soprattutto, “sganciato dalle ragioni poste a fondamento del verdetto assolutorio”. Se i giornalisti sono stati assolti perché è stato accertato che non avevano fatto proprie le frasi diffamatorie, limitandosi a riportare un comunicato, allora la natura di quelle stesse frasi non può essere utilizzata come giustificazione per negare loro il rimborso delle spese legali.

La motivazione per la compensazione deve essere congrua e precisa, spiegando perché, nonostante la vittoria processuale dell’imputato, sia giusto derogare al principio di soccombenza. In assenza di una tale spiegazione, la decisione diventa arbitraria e viola il diritto dell’imputato assolto a vedere ristorate le spese sostenute per difendersi da un’accusa infondata.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione ribadisce che il rigetto della domanda della parte civile comporta, di regola, la sua condanna a rifondere le spese legali all’imputato assolto. La compensazione spese legali resta un’eccezione che richiede una motivazione rafforzata, basata su elementi gravi ed eccezionali, che devono essere esplicitati dal giudice in modo chiaro e coerente con l’esito del giudizio. Un riferimento generico ai fatti di causa non è sufficiente. La Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sulle spese, rinviando la causa al giudice civile competente per una nuova valutazione.

Se un imputato viene assolto e la domanda della parte civile respinta, chi paga le spese legali?
Di regola, la parte civile soccombente è tenuta a rimborsare tutte le spese legali sostenute dall’imputato, come stabilito dal principio di soccombenza sancito dall’art. 541, comma 2, del codice di procedura penale.

Il giudice può decidere di compensare le spese legali tra le parti?
Sì, ma solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”. La compensazione è un’eccezione alla regola generale e non può essere disposta sulla base di motivazioni generiche o vaghe. Il giudice deve spiegare in modo specifico perché ritiene giusto derogare al principio della soccombenza.

La “natura delle frasi pubblicate” è una motivazione valida per compensare le spese in un processo per diffamazione?
No, secondo questa sentenza non lo è. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale motivazione è troppo generica e, soprattutto, scollegata dalle ragioni dell’assoluzione. Se l’imputato è stato assolto proprio perché non ha aderito al contenuto delle frasi, la natura di queste ultime non può giustificare la negazione del rimborso delle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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