Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14330 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14330 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Potenza NOME nato a BARI il 18/02/1953 avverso la sentenza del 05/07/2024 della Corte d’appello di Torino Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso; letta la memoria di replica del difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 5.7.2024, la Corte di Appello di Torino, all’esito d trattazione orale, ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di NOME, che lo aveva dichiarato colpevole del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, al predetto contestata per avere, in concorso con COGNOME NOME e con NOMECOGNOME in qualità di consigliere dal 8.10.2013 al 21/11/2014 della MAVEDA dichiarata fallita il 23 dicembre 2014 ed amministrata prevalentemente dalla Avremo, distratto la somma di 645.075,03 euro, versata dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE società detenuta al 95% dalla RAGIONE_SOCIALE ed al 5% dallo stesso imputato, e riconducile ai predetti.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cessazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’ 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 216, comma 1, legge fallimentare, e all’art. 1241 e seguenti de codice civile. Tutte le accuse mosse al Potenza ruotano intorno alla distrazione di somme di denaro oggetto di compensazioni tra due società riconducibili, di fatto, al medesimo soggetto. In particolare, la sentenza della Corte di appello applica erroneamente il criterio della compensazione ape legis dei rispettivi debiti delle due società sul presupposto della coesistenza di essi, ravvisando conseguentemente un pagamento unilaterale di debiti estinti e non un pagamento di debiti esistenti, e per l’effetto ritiene consumata la distrazione. Ebbene, tale assunto erra nell’applicazion dei principi civilistici dell’istituto della compensazione alla fattispecie in argome Infatti, come noto, l’art. 1241 del codice civile stabilisce che per operare compensazione dei crediti, questi, oltre ad essere certi, liquidi ed esigibili, debbo coesistere, e la coesistenza presuppone il perfezionamento di ciascun credito, completo dei requisiti indicati e quindi anche della esigibilità. E a tal fine il deve essere portato a conoscenza del debitore, che può accettare o contestare la richiesta, diversamente non è possibile richiedere il pagamento in quanto mancano le condizioni per la sua esigibilità. In altri termini, la conoscenza è fondamentale per formazione del credito che si perfeziona solo dopo che il debitore è informato, facendo sì che l’obbligazione diventi effettivamente esigibile. La sentenza impugnata dà per scontato che uno dei due soggetti giuridici, in particolar modo la RAGIONE_SOCIALE fosse a conoscenza del credito vantato dalla controparte COGNOME ancorché le risultanze istruttorie dicano il contrario. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E’ doveroso, altresì, evidenziare come i crediti in questione abbiano natura stragiudiziale in quanto sorti per mezzo di emissioni di fatture che necessitavano di una comunicazione per consentire un’eventuale contestazione ovvero accettazione, ma soprattutto ai fini dell’esistenza e l’esigibilità del credito, o quanto men sarebbe dovuto dimostrare la loro annotazione-ricezione nella contabilità di controparte – nel caso di specie della RAGIONE_SOCIALE
Ebbene, all’epoca dei fatti, 2012, 2013 e 2014, le modalità operative per comunicare al debitore la richiesta di pagamento, sorte da fattura, erano prevalentemente eseguite via mail ovvero via posta diversamente da oggi che si utilizza la cosiddetta fatturazione elettronica, che determina l’inserimento del titolo direttamente ne cassetto fiscale del debitore.
Ne consegue che il mancato accertamento di questa comunicazione e dell’annotazione delle fatture nei registri della RAGIONE_SOCIALE non consente di ritener raggiunta la prova delle esigibilità del credito e conseguentemente dell’applicazione dell’istituto della compensazione legale perché privo dei requisiti necessari.
In ogni caso, laddove si dovesse, invece, ritenere raggiunta l’esistenza di un credito si dovrebbe comunque rilevare la violazione anche dell’art. 1242 del codice civile nella parte in cui vieta al giudice di rilevare di ufficio la compensazione, anche nel caso in cui tale rilevazione sia in funzione dell’accertamento di una duplicazione di pagamento, priva di giustificazione.
2.2.Col secondo motivo deduce l’erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in relazione all’omesso riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 61 n. 6, cod. pen. La sentenza impugnata non riconosce l’attenuante del risarcimento del danno nonostante sia intervenuta una transazione tra il fallimento e gli imputat nel giudizio promosso dal fallimento dinanzi al Tribunale delle imprese, prima della definizione in primo grado del presente giudizio. In particolare, le parti in data ottobre 2019 si dichiaravano reciprocamente soddisfatte, indi veniva revocata la costituzione di parte civile nel presente procedimento. Ciò nonostante, non si è riconosciuta la attenuante in parola perché il risarcimento sarebbe stato pagato da NOME e non già dal Potenza. Tuttavia, la sentenza dimentica che la transazione è stata posta in essere da tutti i soggetti chiamati a rispondere dell condotta in concorso e dunque necessariamente anche dal Potenza che ha sottoscritto e partecipata al risarcimento del danno prima della celebrazione del giudizio di primo grado.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sens dell’art. 611 come modificato dal cLIgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – in assenza di istanze in tale senso, senza l’intervento delle parti, hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso, cont deducendo agli argomenti esposti dal P.G.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato, sia pure nei limiti delle precisazioni che seguono.
1.1.In premessa deve precisarsi, ai fini dell’esatto inquadramento della fattispecie in scrutinio, che, secondo l’impostazione accusatoria, recepita dai giudi di merito, se sono pagati debiti inesistenti perché ritenuti tali a seguito di un giu di compensazione legale, non può sussistere l’ipotesi di pagamento di debiti reali ed esistenti, che, in tal caso, sussistendone i presupposti, comporterebbe la riqualificazione del fatto nella bancarotta preferenziale, ma si è di fronte fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale per essersi quei pagamenti risolti in una modalità di drenaggio ingiustificato di risorse dalla società che l eseguiti – poi fallita – in favore di altra società.
Tale impostazione è certamente corretta in diritto perché il pagamento di debiti inesistenti, qualunque sia la causa della loro inesistenza – equivale al trasferimento d risorse prive di giustificazione. E sono da ritenere inesistenti non solo quei debiti c sono solo apparenti e nella realtà non esistono, ma anche quei debiti che pur esistiti sono estinti. E tra i modi di estinzione delle obbligazioni, e quindi del debito aven ad oggetto una somma di denaro, diversi dall’adempimento, ovvero dal pagamento, figura anche la compensazione che, ai sensi dell’art. 1241 codice civile, ricorre nel caso in cui due soggetti sono obbligati l’uno verso l’altro. Il successivo art. 1242 c prevede che in tal caso opera la compensazione tra i due debiti che si estinguono dal giorno della loro coesistenza. Tuttavia il giudice non può rilevarla di ufficio. L 1243 c.c. distingue poi tra compensazione legale e giudiziale, e per quanto qui rileva prevede che affinchè la compensazione – legale – operi, i due debiti che hanno ad oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere devono essere ugualmente liquidi ed esigibili
L’art. 1243 c.c. stabilisce i presupposti sostanziali ed oggettivi del credito oppos in compensazione, ossia la liquidità, inclusiva del requisito della certezza, l’esigibilità. Nella loro ricorrenza, il giudice dichiara l’estinzione del credito pri per compensazione legale, a decorrere dalla sua coesistenza con il controcredito e, accogliendo la relativa eccezione, rigetta la domanda, mentre, se il credito opposto è certo ma non liquido, perché indeterminato nel suo ammontare, in tutto o in parte, egli può provvedere alla relativa liquidazione, se facile e pronta, e quindi pu dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale sino all concorrenza con la parte di controcredito liquido, oppure può sospendere cautelativamente la condanna del debitore fino alla liquidazione del controcredito eccepito in compensazione (così da ultimo, Sez. 2, Ordinanza n. 23924 del
05/09/2024, Rv. 672284 – 01, che ribadisce quanto affermato da Sez. U, Sentenza n. 23225 del 15/11/2016, Rv. 641764 – 02).
La giurisprudenza della Sezione civile di questa Corte ha, altresì, precisato che la compensazione legale, a differenza di quella giudiziale, opera di diritto per effet della sola coesistenza dei debiti, sicché la sentenza che la accerti è meramente dichiarativa di un effetto estintivo già verificatosi e questo automatismo non res escluso dal fatto che la compensazione non possa essere rilevata di ufficio, ma debba essere eccepita dalla parte, poiché tale disciplina comporta unicamente che il suddetto effetto sia nella disponibilità del debitore che se ne avvale, senza che si richiesta una autorizzazione alla compensazione dalla controparte (Sez. 3, Sentenza n. 22324 del 22/10/2014, Rv. 633014 – 01).
Sicché del tutto infondata è la questione pure sollevata in ricorso sulla base della non rilevabilità di ufficio della compensazione legale da parte del giudice, che esul dalla valutazione oggetto del presente giudizio penale in cui si è, correttamente, ricostruita la fattispecie criminosa distrattiva sulla scorta dell’automatismo con opera la compensazione cd. legale – che richiede unicamente che il credito presenti determinati presupposti sostanziali ed oggettivi, ossia la liquidità, inclusiva requisito della certezza, e l’esigibilità.
E se è vero che la disciplina della compensazione legale che esclude la rilevabilità di ufficio si fonda sul fatto che l’effetto compensativo-estintivo è nella disponib del debitore che se ne avvale, è altrettanto vero che ai fini della valutazione penal che qui occupa può non essere indifferente il comportamento assunto al riguardo dal debitore, che, in luogo di avvalersi della compensazione, pur ricorrendone i presupposti, provveda a saldare il suo debito senza che sussista alcuna ragione giustificatrice di tale opzione, tenuto anche conto che la compensazione legale opera indipendentemente da un’autorizzazione alla compensazione dalla controparte.
Discende che a rigore – a differenza di quanto assume la difesa – non è tanto una questione dì conoscenza delle fatture portatrici del debito da parte del debitore destinatario di esse – nel caso di specie la RAGIONE_SOCIALE in persona dell’imputato, suo legale rappresentante e dominus – ma si tratta piuttosto di verificare a monte la ricorrenza, nella fattispecie in scrutinio, dei presupposti, oggettivi, operativi compensazione legale, perché, ove essi dovessero risultare sussistenti, l’effetto estintivo della compensazione dovrebbe ritenersi comunque intervenuto, dal momento che esso, come visto, si produce automaticamente.
Il punto è che, quindi, la conoscenza di controparte del debito potrebbe venire in rilievo nella misura in cui il debito, ai fini della compensazione legale, deve esse certo, liquido ed esigibile. Con la conseguenza che un accertamento in tal senso si
sarebbe imposto a fronte dei rilievi difensivi che, ora per allora, sono, in buon sostanza, tesi a far emergere la insussistenza dei presupposti della compensazione.
Ciò posto, sì deve rilevare che, invece, la sentenza impugnata perviene, in buona sostanza, a confermare il concorso del Potenza nei pagamenti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della – RAGIONE_SOCIALE, reputati distrattivi in quanto operati nonostan la ricorrenza della compensazione legale coi debiti che, a sua volta, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe avuto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, sulla sola base del fatto che lo stesso risulta coinvolto in entrambe le società. Tale suo coinvolgimento è, indubbiamente, emerso (risultando che egli entrò a far parte, in data 8 ottobre 2013, del consiglio d amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, costituito dalla RAGIONE_SOCIALE, Potenza e COGNOME, durato fino al 21.11.2014, allorquando tornò ad essere amministratore unico la RAGIONE_SOCIALE, che poco dopo procedeva ad avanzare istanza di fallimento della RAGIONE_SOCIALE; e che, in data 17,12.2013, fu deliberato un aumento del capitale della RAGIONE_SOCIALE da euro 10.400 ad euro 500.000; ed, ancora, che tra ottobre e dicembre 2013 le quote sociali furono acquistate per il 95 % dalla RAGIONE_SOCIALE, società pacificamente riconducibile al Potenza, e per il 5% dal Potenza personalmente; operazioni delle quali, tuttavia, non si conosce la effettiva copertura o meno. E, quanto alla RAGIONE_SOCIALE, si è evidenziato come essa, costituita nel 1988, per la prestazione di servizi di marketing, ossia con oggetto sostanzialmente sovrapponibile a quello di RAGIONE_SOCIALE, fosse società pacificamente riconducibile al Potenza, che ne fu amministratore unico dal 1990 al 18 settembre 2012, poi presidente del CDA fino al 30 giugno 2014, poi amministratore unico fino al 16 dicembre 2014, quando la società fu posta in liquidazione – allorché il Potenza era anche proprietario del 51% delle azioni mentre il restante 49% era intestato ad NOMECOGNOME persona con lui coabitante).
Ed è stato, parimenti, acclarato, sulla base dei plurimi elementi richiamati nell pronunce di merito (dichiarazioni rese dal curatore e dal coimputato COGNOME, che trovano, comunque, riscontro nelle stesse fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE, e ciò di là della loro conoscenza da parte del Potenza), che le prestazioni dì cui alle fatture i argomento non fossero inesistenti, come pure aveva inizialmente eccepito la difesa.
Evidenziano, altresì, i giudici di merito che dalla documentazione acquisita è, anche, emerso che a partire dall’anno 2010 la RAGIONE_SOCIALE aveva effettuato numerose prestazioni a favore della RAGIONE_SOCIALE: tale società, invero, avente sede in Roma, svolgeva nel Sud Italia a favore di RAGIONE_SOCIALE lo stesso servizio di volantinaggio pubblicitario “porta a porta”, che RAGIONE_SOCIALE, avente sede a Torino, svolgeva da sé nel Nord Italia.
A partire dall’anno 2012 – spiegano i giudici di merito – la COGNOME aveva iniziato ad emettere neì confronti dì Cosmo fatture per importi consistenti dettagliatamente descritte nella sentenza di primo grado che le ripartisce per periodi. In sostanza,
secondo quanto sintetizzato dal primo giudice, alla fine del quinquennio 2010-2014 la COGNOME, che nel corso degli anni aveva pagato a COGNOME ingentissime somme, divenne creditrice di complessivi euro 738.739,97, mentre COGNOME vantava solo un credito di euro 71.924,65, con uno sbilanciamento a favore di COGNOME di ben 666 815,32 euro.
Ciò posto, si osserva nella sentenza impugnata che negli anni 2012-2014 la COGNOME pagò a COGNOME pressoché tutte le fatture che da questa aveva ricevuto, mentre COGNOME, dal canto suo, non corrispose a COGNOME il pagamento delle fatture ricevute. Si conclude che, quindi, se fossero state fatte le dovute compensazioni la fallita non avrebbe versato la somma totale di euro 645.075,03 (come calcolata dal curatore).
Ebbene, indubbia tale ricostruzione, la Corte di appello conferma la sentenza di primo grado, ritenendo infondata l’obiezione difensiva relativa all’inesistenza dell operazioni di cui alle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE. Tuttavia, la difesa, come sopra esposto, con l’atto di appello aveva messo in discussione non solo l’esistenza delle prestazioni di cui alle fatture citate, ma anch la stessa valenza di tali fatture ai fini della rilevata compensazione ex lege, posta a base della condotta distrattiva, per non essere state esse conosciute, portate a conoscenza della Cosmo, nè del Potenza, nè del coimputato COGNOME (secondo quanto dal medesimo sarebbe stato affermato).
Tali argomentazioni, non avendo ricevuto compiuta disamina da parte del Giudice di appello, sono state, nella sostanza, ripetute nel ricorso in scrutinio, arricchite riferimenti normativi e giurisprudenziali espressamente citati a sostegno dell’assunto difensivo secondo cui, in assenza di conoscenza delle fatture da parte del destinatario, il credito da esse portato non può essere ritenuto esigibile e quin posto a compensazione legale con altro credito, difettando appunto uno dei requisiti, quale è appunto quello della esigibilità.
Ed allora, come in premessa precisato, trattandosi di verificare – ora per allora innanzitutto, la ricorrenza, a monte, dei presupposti – oggettivi – de compensazione, appare evidente come assuma rilievo, nel caso di specie, l’accertamento della esigibilità del contro-debito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell RAGIONE_SOCIALE. E tale esigibilità – pure a voler ritenere certo il rapporto contrattu instauratosi tra le due società che sta alla base dell’insorgenza delle rispetti situazioni giuridiche attive e passive alle medesima facenti capo – implica, comunque, che debba ritenersi acclarata la conoscenza, da parte della debitrice NOME, quanto meno, dell’ammontare delle somme pretese indicate nelle fatture emesse, ovvero in documenti unilaterali riconducibili allo stesso creditore, perché è evidente che, ove dovessero risultare noti alla controparte tali importi – ed in tal senso sì muovono gi
le sentenza di merito che valorizzano il coinvolgimento del Potenza in entrambe le due società – o addirittura iscritti nella contabilità della debitrice RAGIONE_SOCIALE – e dovessero, dì contro, risultare contestazioni in relazione ad essi, il requis dell’esigibilità ben potrebbe iniziare a prendere maggior corpo.
E’, invero, pacifico nella giurisprudenza civile di questa Corte che la fattu commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nel dichiarazione, indirizzata all’altra parte, di fatti concernenti un rapporto già costit sicché, quando tale rapporto sia contestato, non può costituire valido elemento di prova delle prestazioni eseguite ma, al più, un mero indizio (Sez. 3, Ordinanza n. 34831 del 29/12/2024, Rv. 673341 – 01). E che la fattura non è certamente la causa del credito, ma costituisce solo una prova dello stesso, ma solo quando sia stata portata a conoscenza del committente e questi l’abbia accettata senza riserve. In mancanza di ciò, la fattura costituisce solamente un documento fiscale proveniente dalla parte stessa, che non rappresenta idonea prova dell’ammontare del credito (Sez. 2, sentenza n. 14399 del 23/05/2024, Rv. 671363 – 02; Cass. Sez. 2, ordinanza n. 7536 del 21/03/2024; Sez. 2, ordinanza n. 2125 del 22/01/2024; Sez. 6-2, ordinanza n. 33575 del 11/11/2021; Sez. 2, sentenza n. 10860 del 11/05/2007), tanto è vero che la fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto (Sez. 3, ordinanza n. 19944 del 12/07/2023, Rv. 668145 – 01).
Allo stato, le sentenze di merito si limitano a fare generico riferimento a fattu ‘ricevute’, ma le censure difensive implicano ben più adeguato approfondimento sul punto, soprattutto con riferimento alla fase antecedente al 8.10.2013, in cui i Potenza non figurava nell’amministrazione della RAGIONE_SOCIALE (si rammenta che solo a partire da tale data egli fu inserito nel consiglio di amministrazione di tale societ che solo tra ottobre e dicembre 2013 le quote sociali della RAGIONE_SOCIALE furono acquistate dalla RAGIONE_SOCIALE e dal Potenza), rispetto alla quale, in appello, si sono mosse specifìche censure anche al fine di contestare, in ogni caso, l’elemento soggettivo del reato.
2.S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
Così è deciso, 11/02/2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente
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