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Commercializzazione cannabis light: è reato? Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per la detenzione di 20 kg di marijuana. Nonostante il basso THC, la commercializzazione di cannabis light (infiorescenze) resta reato se la sostanza ha effetti droganti, come stabilito dalle Sezioni Unite. La Legge 242/2016 riguarda solo la coltivazione per fini industriali.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Commercializzazione Cannabis Light: Vendere Infiorescenze è Reato? L’Analisi della Cassazione

La questione della legalità della commercializzazione cannabis light continua a essere al centro del dibattito giuridico. Con la sentenza n. 26516 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema, confermando un orientamento ormai consolidato: la vendita di infiorescenze di canapa è reato se la sostanza possiede un’efficacia drogante, anche se minima. Questo articolo analizza la decisione, che trae origine dal ricorso di un imputato condannato per la detenzione di oltre 20 kg di marijuana destinata alla vendita.

La Vicenda Processuale: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un giovane condannato in primo grado per il reato previsto dall’art. 73, comma 4, del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990). L’imputato era stato trovato in possesso di due pacchi, ricevuti tramite corriere, contenenti un totale di oltre 20 kg di marijuana, oltre a materiale per il confezionamento delle dosi.

La Corte di Appello, pur confermando la responsabilità penale, aveva riqualificato il fatto come reato di minore gravità (comma 5 dello stesso articolo), rideterminando la pena. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che si trattasse di ‘cannabis light’ lecitamente acquistata e che, pertanto, il fatto non costituisse reato.

I Motivi del Ricorso: Legge 242/2016 e Principio di Offensività

La difesa ha basato il ricorso su tre argomenti principali:

1. Errata applicazione della legge: Si sosteneva che la sostanza sequestrata fosse ‘cannabis light’, con un livello di THC inferiore alla soglia dello 0,6%, e quindi legale ai sensi della Legge n. 242 del 2016. Secondo la tesi difensiva, questa legge consentirebbe la commercializzazione di foglie e infiorescenze.
2. Particolare tenuità del fatto: In subordine, si chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, facendo leva sulla giovane età, l’incensuratezza e il presunto affidamento nella liceità dell’acquisto.
3. Contrasto con il diritto europeo: Con una memoria aggiunta, si chiedeva un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per valutare se il divieto assoluto di commercializzazione di infiorescenze fosse in contrasto con i principi di libera circolazione delle merci.

La Decisione della Cassazione sulla Commercializzazione Cannabis Light

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le argomentazioni difensive e confermando un principio chiave per gli operatori del settore.

La Corte ha ribadito che la Legge n. 242 del 2016 ha un ambito di applicazione strettamente agricolo. Essa è stata concepita per tutelare i coltivatori di canapa industriale, escludendo la loro responsabilità penale qualora, per cause naturali e imprevedibili, il livello di THC nella coltivazione superi leggermente le soglie consentite. Questa legge, tuttavia, non ha mai legalizzato la commercializzazione cannabis light al dettaglio, ovvero la vendita al pubblico di foglie, infiorescenze, olio e resina.

Le Motivazioni della Corte Suprema

La sentenza si fonda su un’argomentazione chiara e coerente con la storica pronuncia delle Sezioni Unite (n. 30475/2019). Il punto centrale non è il mero superamento di una soglia percentuale di THC, ma il principio di offensività. Qualsiasi prodotto derivato dalla cannabis che abbia una concreta efficacia drogante, per quanto minima, non può essere venduto al pubblico.

Nel caso specifico, la sostanza, pur avendo un THC inferiore allo 0,6%, era stata ritenuta drogante e il quantitativo era enorme (circa 2853 dosi ricavabili). Questo ha reso la vicenda estranea all’ambito agricolo e pienamente rientrante in quello commerciale e illecito.

La richiesta di applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’ è stata respinta perché l’ingente numero di dosi è stato considerato un elemento ostativo, indicativo di una lesività non trascurabile. Infine, la questione europea è stata giudicata inammissibile perché basata sull’errato presupposto che la sostanza fosse priva di effetti psicotropi.

Le Conclusioni: Un Punto Fermo sulla Vendita di Infiorescenze

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale: la detenzione e la cessione di derivati della cannabis con un effetto psicotropo, anche se commercializzati come ‘cannabis light’, integrano il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 309/1990. La normativa sulla canapa industriale non ha creato una zona franca per la vendita di infiorescenze al consumatore finale. Gli operatori del settore devono quindi prestare la massima attenzione, poiché la giurisprudenza ha tracciato una linea netta tra la coltivazione per usi industriali consentiti e la vendita di prodotti che, per loro natura, rientrano nella disciplina degli stupefacenti.

La vendita di infiorescenze di “cannabis light” con THC inferiore allo 0,6% è legale in Italia?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la vendita di derivati della cannabis come le infiorescenze è reato ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990 se la sostanza ha una concreta efficacia drogante, anche minima. La legge n. 242 del 2016 riguarda solo la coltivazione per fini industriali e non legalizza la commercializzazione al pubblico di tali prodotti.

Perché la Corte non ha applicato la causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” nonostante il basso THC?
La Corte ha ritenuto che il notevole quantitativo di sostanza detenuta (oltre 20 kg), da cui era possibile ricavare circa 2853 dosi, fosse un elemento ostativo all’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché indica un’offesa non minima al bene giuridico protetto.

La legge n. 242 del 2016 sulla canapa industriale a cosa si applica esattamente?
La sentenza chiarisce che l’ambito di applicabilità della legge n. 242 del 2016 è quello della coltivazione agricola. La legge serve a evitare di criminalizzare gli agricoltori se, per cause naturali, la loro coltivazione di canapa industriale presenta un livello di THC leggermente superiore alla soglia. Non si applica, invece, alla commercializzazione al pubblico di foglie e infiorescenze.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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