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Coltivazione lieve entità: Cassazione rigetta ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per la coltivazione di 150 piante di marijuana. Secondo la Corte, il numero di piante, l’organizzazione dell’attività e il potenziale quantitativo di principio attivo escludono la possibilità di qualificare il reato come ‘coltivazione di lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Coltivazione Lieve Entità: No se le Piante sono Troppe

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12604/2025, ha ribadito i confini applicativi della coltivazione di lieve entità, un concetto cruciale nel diritto penale degli stupefacenti. La pronuncia chiarisce che la coltivazione di un numero ingente di piante, come 150 in questo caso, non può rientrare in questa fattispecie attenuata, anche a prescindere dal principio attivo immediatamente ricavabile. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: Una Coltivazione su Larga Scala

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’imputato era stato ritenuto responsabile della coltivazione di ben 150 piante di marijuana. L’attività non era affatto rudimentale: si svolgeva con l’ausilio di un complice, in un’area impervia per eludere i controlli e con l’impiego di attrezzature specifiche. L’imputato, tramite il suo legale, ha tentato di sostenere che la condotta dovesse essere qualificata come fatto di lieve entità, previsto dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990), che comporta pene significativamente più basse.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla coltivazione di lieve entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la valutazione già espressa dai giudici di merito. Gli Ermellini hanno sottolineato che la qualificazione di una coltivazione di lieve entità dipende da una valutazione complessiva che non può limitarsi al solo principio attivo già presente nelle piante al momento del sequestro. È necessario considerare anche il potenziale produttivo dell’intera piantagione una volta giunta a maturazione.

Le Motivazioni: Perché Non Si Tratta di Fatto di Lieve Entità

La Corte ha basato la sua decisione su una serie di elementi oggettivi che, nel loro insieme, delineavano un’attività criminale di portata non trascurabile. I giudici hanno valorizzato i seguenti aspetti:

* Quantità: Il numero di 150 piante è stato ritenuto di per sé un indice di una produzione non destinata a un uso puramente personale.
* Organizzazione: La presenza di un’altra persona e l’uso di accorgimenti per nascondere la coltivazione (luogo impervio) indicano un livello di pianificazione che va oltre la condotta occasionale e modesta.
* Potenzialità Offensiva: La Corte ha considerato il dato ponderale e il numero di dosi potenzialmente ricavabili (stimate in 202,1), un valore che dimostra un pericolo concreto per la salute pubblica.

La Cassazione ha inoltre richiamato un precedente (sentenza n. 35963/2019) in cui era stata esclusa la lieve entità persino per la coltivazione di 19 piante, ma effettuata con attrezzature professionali come lampade alogene, sistemi di ventilazione e irrigazione. Questo precedente rafforza l’idea che non solo la quantità, ma anche la qualità e il livello di produzione sono determinanti per escludere la lieve entità del fatto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per sperare di ottenere il riconoscimento della coltivazione di lieve entità, non è sufficiente dimostrare un basso principio attivo al momento del controllo. È indispensabile che l’intera condotta – per mezzi, modalità e quantità – appaia contenuta e non orientata a una produzione su larga scala. La decisione serve da monito: la coltivazione di stupefacenti, anche se non finalizzata allo spaccio immediato, viene valutata per la sua offensività potenziale. La presenza di impianti sofisticati e un numero elevato di piante sono elementi che quasi automaticamente portano a escludere l’applicazione della norma più favorevole, con conseguente condanna a pene più severe e, come in questo caso, all’inammissibilità di un ricorso palesemente infondato.

Quando la coltivazione di piante da cui si ricavano stupefacenti può essere considerata di ‘lieve entità’?
La coltivazione può essere considerata di ‘lieve entità’ quando, sulla base di una valutazione complessiva, risulta modesta per tipo, qualità e quantità delle piante, per il livello di produzione e per la destinazione non esclusivamente personale. Si deve tener conto sia del principio attivo immediatamente ricavabile sia di quello ottenibile al termine del ciclo biologico delle piante.

Perché in questo caso la Corte di Cassazione ha escluso la lieve entità del fatto?
La Corte ha escluso la lieve entità a causa del numero elevato di piante (150), della collaborazione di un’altra persona, dell’utilizzo di accorgimenti per nascondere l’attività e del potenziale quantitativo di dosi ricavabili (oltre 202). Questi elementi, nel loro insieme, indicavano un’operazione non trascurabile e incompatibile con la nozione di ‘lieve entità’.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di 3000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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