Coltivazione Lieve Entità: No se le Piante sono Troppe
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12604/2025, ha ribadito i confini applicativi della coltivazione di lieve entità, un concetto cruciale nel diritto penale degli stupefacenti. La pronuncia chiarisce che la coltivazione di un numero ingente di piante, come 150 in questo caso, non può rientrare in questa fattispecie attenuata, anche a prescindere dal principio attivo immediatamente ricavabile. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso: Una Coltivazione su Larga Scala
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’imputato era stato ritenuto responsabile della coltivazione di ben 150 piante di marijuana. L’attività non era affatto rudimentale: si svolgeva con l’ausilio di un complice, in un’area impervia per eludere i controlli e con l’impiego di attrezzature specifiche. L’imputato, tramite il suo legale, ha tentato di sostenere che la condotta dovesse essere qualificata come fatto di lieve entità, previsto dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990), che comporta pene significativamente più basse.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla coltivazione di lieve entità
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la valutazione già espressa dai giudici di merito. Gli Ermellini hanno sottolineato che la qualificazione di una coltivazione di lieve entità dipende da una valutazione complessiva che non può limitarsi al solo principio attivo già presente nelle piante al momento del sequestro. È necessario considerare anche il potenziale produttivo dell’intera piantagione una volta giunta a maturazione.
Le Motivazioni: Perché Non Si Tratta di Fatto di Lieve Entità
La Corte ha basato la sua decisione su una serie di elementi oggettivi che, nel loro insieme, delineavano un’attività criminale di portata non trascurabile. I giudici hanno valorizzato i seguenti aspetti:
* Quantità: Il numero di 150 piante è stato ritenuto di per sé un indice di una produzione non destinata a un uso puramente personale.
* Organizzazione: La presenza di un’altra persona e l’uso di accorgimenti per nascondere la coltivazione (luogo impervio) indicano un livello di pianificazione che va oltre la condotta occasionale e modesta.
* Potenzialità Offensiva: La Corte ha considerato il dato ponderale e il numero di dosi potenzialmente ricavabili (stimate in 202,1), un valore che dimostra un pericolo concreto per la salute pubblica.
La Cassazione ha inoltre richiamato un precedente (sentenza n. 35963/2019) in cui era stata esclusa la lieve entità persino per la coltivazione di 19 piante, ma effettuata con attrezzature professionali come lampade alogene, sistemi di ventilazione e irrigazione. Questo precedente rafforza l’idea che non solo la quantità, ma anche la qualità e il livello di produzione sono determinanti per escludere la lieve entità del fatto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per sperare di ottenere il riconoscimento della coltivazione di lieve entità, non è sufficiente dimostrare un basso principio attivo al momento del controllo. È indispensabile che l’intera condotta – per mezzi, modalità e quantità – appaia contenuta e non orientata a una produzione su larga scala. La decisione serve da monito: la coltivazione di stupefacenti, anche se non finalizzata allo spaccio immediato, viene valutata per la sua offensività potenziale. La presenza di impianti sofisticati e un numero elevato di piante sono elementi che quasi automaticamente portano a escludere l’applicazione della norma più favorevole, con conseguente condanna a pene più severe e, come in questo caso, all’inammissibilità di un ricorso palesemente infondato.
Quando la coltivazione di piante da cui si ricavano stupefacenti può essere considerata di ‘lieve entità’?
La coltivazione può essere considerata di ‘lieve entità’ quando, sulla base di una valutazione complessiva, risulta modesta per tipo, qualità e quantità delle piante, per il livello di produzione e per la destinazione non esclusivamente personale. Si deve tener conto sia del principio attivo immediatamente ricavabile sia di quello ottenibile al termine del ciclo biologico delle piante.
Perché in questo caso la Corte di Cassazione ha escluso la lieve entità del fatto?
La Corte ha escluso la lieve entità a causa del numero elevato di piante (150), della collaborazione di un’altra persona, dell’utilizzo di accorgimenti per nascondere l’attività e del potenziale quantitativo di dosi ricavabili (oltre 202). Questi elementi, nel loro insieme, indicavano un’operazione non trascurabile e incompatibile con la nozione di ‘lieve entità’.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di 3000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12604 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12604 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VILLARICCA il 13/07/1993
avverso la sentenza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso per conto di COGNOME Sebastiano GLYPH è inammissibile: ai fini della configurabilità della fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 9 ottobre 1990, n. 309, nell’ipotesi di coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, deve aversi riguardo sia al principio attivo ricavato nell’immediato, sia a quello ricavabile all’esito del ciclo biologico delle piante, sia ad una apparente destinazione per uso non esclusivamente personale, per tipo, qualità, quantità e livello di produzione, tenuto conto del fabbisogno medio dell’agente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione del giudice di merito che aveva escluso l’ipotesi del fatto di lieve entità nella condotta di coltivazione, all’interno di un gazebo provvisto di lampada alogena e di impianti di ventilazione e di irrigazione, di 19 piante di marijuana, di circa 50 centimetri di altezza, con un principio attivo di circa 17 grammi, corrispondente a quasi 700 dosi) (Sez. 4 – n. 35963 del 07/05/2019 Ud. (dep. 13/08/2019 ) Rv. 276861 – 01). Lungo tale linea interpretativa si pone la sentenza impugnata che valorizza la coltivazione di ben 150 piante, con l’ausilio di altro soggetto, le accortezze utilizzate, con attività scolta su luogo impervio, il dato ponderale e le dosi ricavabili ( 202,1) tutti elementi che rientrano nel fuoco di analisi della fattispecie invocata e che legittimamente hanno supportato la decisione contestata.
Tenuto conto che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20.12.2024.