Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6345 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6345 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
PROCURATORE GENERALE presso la Corte di appello di Catanzaro
nel procedimento a carico di
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Filadelfia
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Catanzaro
Avverso la sentenza resa il 24 Marzo 2023 dalla Corte di appello di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Sentiti gli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che hanno chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro, decidendo su rinvio disposto dalla Corte di Cassazione, in riforma della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 13 luglio 2021, ha assolto COGNOME NOME e COGNOME NOME dal delitto di coltivazione di 5260 piante di canapa indiana e di detenzione di 600 chili di marijuana , loro in concorso ascritto al capo C della rubrica, perché il fatto non sussiste e ha conseguentemente rideterminato la pena inflitta al solo COGNOME NOME in relazione al reato definitivamente giudicato di cui al capo B.
2.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro deducendo:
2.1 Violazione dell’articolo 73 comma quarto DPR 309/90 e vizio di motivazione poiché la Corte ha affermato in relazione al capo C della rubrica che gli accertamenti chimici e tossicologici effettuati dal RAGIONE_SOCIALE riportano una percentuale di THC sempre diversa su più di 45 campioni, sia superiore che inferiore alla soglia consentita.
Tale affermazione non può essere condivisa poiché dagli atti allegati si evince che soltanto su 3 dei 45 campioni esaminati è stata riscontrata una bassa concentrazione di THC, mentre sui rimanenti reperti è stato accertato il superamento del valore soglia di principio attivo. Il giudice di secondo grado non ha verificato la concreta offensività della condotta riferita all’idoneità della sostanza a produrre un effetto drogante.
Inoltre la destinazione alla commercializzazione dello stupefacente si desume dal consistente quantitativo sequestrato, dalle modalità di detenzione e dalla cessione contestata al capo B della rubrica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo di ricorso è generico poiché non si confronta con la complessiva motivazione resa dalla Corte di appello, la quale, decidendo su rinvio della Corte di legittimità doveva, nel rispetto dello specifico mandato conferitole / v rificare se la condotta degli imputati potesse rientrare nell’ambito della causa di esclusione prevista dall’art. 4 comma 7 della 1.262/2016, in presenza di evoluzioni del ciclo vegetale idonee a comportare un valore di THC nelle piante superiore al limite soglia dell’0,6°/0
La sentenza rescindente in ordine alla condotta di coltivazione aveva infatti rilevato che è legislativamente previsto ed è pertanto fenomeno possibile che nella coltivazione autorizzata di cannabis, il superamento del limite di THC che i prodotti derivati devono rispettare per essere consentiti, avvenga non per una volontà dolosa dell’agricoltore, ma per una forma di ibridazione autonoma delle stesse piante. In questo caso in forza dell’art. 4 comma 7 della 1.242 del 2016 è esclusa la responsabilità dell’agricoltore.
La Corte di rinvio, nell’ambito del compito attribuitole, non si è limitata a valorizzare i dati del quantitativo di principio attivo presente nei singoli reperti, ma ha ritenuto che tale elemento potesse risultare sintomatico di un’ibridazione spontanea delle piante oggetto della contestazione e non frutto di una condotta dolosa dell’agricoltore titolare della coltivazione autorizzata.
Ha infatti osservato, a pagina 7 della sentenza, che l’esito delle analisi tossicologiche mostra un quadro complesso e non univoco in quanto emergono sia reperti con percentuale di THC molto bassa, sia altri e più numerosi campioni con una percentuale media di principio attivo superiore alla soglia del 6%; che l’azienda aveva dichiarato di avere utilizzato una varietà di sementi che presentava un valore di THC elevato; che
mancavano i dati tecnici sulla attività di coltivazione e non era stato possibile effettuare un confronto con i campioni di prodotto prelevato da altre zone dell’azienda; ne ha pertanto dedotto che, in assenza di dati certi che possano consentire un confronto con il livello di THC presente in altra parte della azienda, non è possibile pervenire con certezza alla prova della volontà dolosa dei due imputati in ordine alla coltivazione illecita e ha ritenuto, nel rispetto del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, di assolverli. Il ricorrente non si confronta con questa articolata motivazione, che si muove nell’ambito delle coordinate imposte dalla sentenza rescindente, e si limita a valorizzare il superamento della soglia del valore di THC facendone discendere automaticamente la illiceità della coltivazione; così facendo, incorre nel vizio di genericità, sicchè il ricor non supera il vaglio di ammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Roma 11 gennaio 2024