Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35202 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35202 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 28/10/2024 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Catanzaro Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME con cui ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato la richiesta di riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen., presentata nell’interesse di NOME COGNOME, con riferimento alla detenzione da costei subita in un procedimento penale, nel quale le erano stati contestati il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. (capo 1), il reato di cui agli artt. 110 e 629, 416 bis 1 cod. pen (capo 4), il reato di cui agli artt. 81, 110, 513 bis cod. pen. e 7 l. n. 203/1991 (capo 5), il reato di cui agli artt. 110 e 644 cod. pen. (capo 10) e il reato di cui agli artt. 110, 56, 629 e 416 bis 1 cod. pen. (capo 12).
In particolare COGNOME, in data 29 maggio 2019, era stata sottoposta a fermo con decreto RAGIONE_SOCIALEa Procura Distrettuale antimafia di Catanzaro in ordine alle suddette imputazioni. In data 19 giugno 2019 il Gip presso il Tribunale di Catanzaro, quale giudice funzionalmente competente, aveva disposto la misura RAGIONE_SOCIALEa custodia in carcere in ordine ai reati di cui ai capi 1), 10) e 12).
Secondo l’impostazione accusatoria ella, moglie del capo clan NOME COGNOME, avrebbe fatto parte RAGIONE_SOCIALE‘associazione mafiosa RAGIONE_SOCIALE (operante nel territorio di San Leonardo di Cutro e diretta da NOME COGNOME e dal padre NOME) e avrebbe concorso in alcune fattispecie di estorsione, concorrenza sleale e usura. In qualità di titolare RAGIONE_SOCIALEa ditta individuale operante nel settore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE , nonché RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, gestite di fatto dal marito e dal suocero, avrebbe garantito una copertura contabile alle operazioni illecite RAGIONE_SOCIALEa cosca: con atti di intimidazione, integranti gli estremi del delitto di estorsione e di concorrenza illecita, la ditta RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE si sarebbe imposta nel mercato e avrebbe conquistato un vero e proprio monopolio nella fornitura del caffe ai principali villaggi turistici RAGIONE_SOCIALEa zona.
Con sentenza del Gup del Tribunale di Catanzaro del 24 maggio 2021, divenuta irrevocabile il 15 gennaio 2022, COGNOME era stata assolta dai reati di cui ai capi 1), 4) e 5) per non aver commesso il fatto e in ordine ai reati di cui ai capi 10) e 12) perché il fatto non costituisce reato.
La Corte RAGIONE_SOCIALEa riparazione ha rigettato la domanda ravvisando nella condotta RAGIONE_SOCIALEa richiedente la condizione ostativa RAGIONE_SOCIALEa colpa grave.
La difesa RAGIONE_SOCIALE‘interessata ha proposto ricorso, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa. Secondo il difensore la Corte di appello non avrebbe fondato la valutazione in ordine alla sussistenza RAGIONE_SOCIALEa colpa grave su fatti concreti risultanti dagli atti; inoltre non avrebbe tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa condotta RAGIONE_SOCIALEa ricorrente prima RAGIONE_SOCIALEa carcerazione (ovvero il suo essere
incensurata) e dopo la carcerazione (ovvero la collaborazione fornita agli inquirenti in appoggio alla scelta del marito NOME COGNOME e la conseguente sottoposizione al programma di protezione).
I giudici hanno ravvisato la colpa grave, in sostanza, nell’essere la ricorrente moglie di NOME COGNOME e nuora di NOME COGNOME, tanto che nella ordinanza impugnata hanno indicato solo le condotte poste in essere da tali soggetti: le indagini, e in particolare le intercettazioni telefoniche, le denunce RAGIONE_SOCIALEe persone offese e le dichiarazioni dei numerosi collaboratori, non avevano riguardato NOME, ma solo il marito e il suocero.
Con riferimento al reato associativo di cui al capo 1), la sentenza assolutoria ha ritenuto non provato che COGNOME avesse agito con la consapevolezza di fornire un contributo alla compagine associativa e che la conoscenza da parte RAGIONE_SOCIALE‘imputata di alcune dinamiche associative si fosse tradotta in una sua volontaria e consapevole disponibilità a eseguire le direttive dei famigliari; la stessa sentenza ha, al contrario, chiarito che COGNOME non aveva mai curato in prima persona gli interessi RAGIONE_SOCIALEa ditta di cui era titolare e che erano stati i suoi famigliari a imporre detta ditta sul mercato attraverso condotte intimidatorie.
Con riferimento al reato di usura di cui al capo 10), la sentenza assolutoria ha dato atto che COGNOME non aveva mai elargito somme di denaro alla persona offesa, né l’aveva mai incontrata; l’inoltro da parte RAGIONE_SOCIALEa persona offesa sull’indirizzo di posta aziendale RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE di alcune mail apparentemente riferite a proposte commerciali per l’acquisto di bevande, ma in realtà relative ai prestiti usurari, e la emissione di fatture proforma nulla potevano provare in merito al coinvolgimento RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, né potevano rilevare come indici di colpa grave, giacché la società a lei intestata commercializzava effettivamente bevande; anche la intestazione a NOME RAGIONE_SOCIALE‘assegno di 5000 euro con cui la persona offesa aveva pagato la prima tranche di interessi non poteva essere ritenuta significativa di alcunché, non potendo escludersi che NOME avesse agito su mandato del marito, senza conoscere la natura degli affari.
Con riferimento al reato di tentata estorsione di cui al capo 12), la sentenza assolutoria ha chiarito che il coinvolgimento di COGNOME era stato tratto unicamente dalla titolarità formale RAGIONE_SOCIALEa ditta e dall ‘ invio di una mail alla persona offesa con cui si sollecitavano dei pagamenti.
Il difensore sottolinea, inoltre, che il giudizio nei confronti di COGNOME era stato definito allo stato degli atti e, dunque, sulla base degli stessi elementi a disposizione del giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela, sicchè avrebbe dovuto trovare applicazione il principio per cui nel caso in cui l’accertamento RAGIONE_SOCIALE‘insussistenza ab origine RAGIONE_SOCIALEe condizioni di applicabilità RAGIONE_SOCIALEa misura custodiale avvenga sulla base degli stessi
elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento RAGIONE_SOCIALEa cautela è preclusa la possibilità di valutare l’incidenza RAGIONE_SOCIALEa condotta RAGIONE_SOCIALE‘indagato/imputato.
Il AVV_NOTAIO generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso
Il RAGIONE_SOCIALE , per il tramite RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato, ha depositato una memoria con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile o in subordine rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente infondato il motivo in tutte le sue articolazioni.
La Corte RAGIONE_SOCIALEa riparazione, muovendo dalla disamina RAGIONE_SOCIALEa sentenza assolutoria e RAGIONE_SOCIALEe circostanze che tale sentenza ha ritenuto provate nel loro accadimento fattuale, ha ravvisato nella condotta RAGIONE_SOCIALEa ricorrente gli estremi RAGIONE_SOCIALEa colpa grave, ostativa all’indennizzo , in quanto tale da avere creato l’apparenza del reato e avere così indotto in errore il giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela. In particolare i giudici hanno evidenziato:
-che la cosca era riuscita a esercitare un penetrante controllo sui settori nevralgici del territorio e, con atti intimidatori integranti sia il reato di cui all’art. 629 cod. pen. , sia il reato di cui all’art. 513 bis cod. pen., aveva imposto sul mercato la ditta intestata a COGNOME, conquistando un monopolio nella fornitura del RAGIONE_SOCIALE con i principali villaggi turistici RAGIONE_SOCIALEa zona;
-che con riferimento al reato di usura di cui al capo 10), NOME COGNOME titolare RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE con sede in provincia di Padova, a causa di difficoltà economiche, aveva accettato da COGNOME un prestito di euro 60.000 a interessi usurari e tale operazione era stata resa possibile per il tramite RAGIONE_SOCIALEa contabilità RAGIONE_SOCIALEa ditta di RAGIONE_SOCIALE COGNOME; COGNOME aveva inviato tre proposte commerciali, che sottintendevano il prestito usurario, alla mail di COGNOME quale titolare RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE e aveva intestato alla COGNOME COGNOME‘assegno di euro 5.000 con cui aveva pagato la prima tranche di interessi a fronte di un’ulteriore fattura proforma.
La Corte ha, quindi, rilevato che le circostanze accertate nel processo di merito, benché ritenute insufficienti ad affermare la responsabilità penale RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, valevano comunque a integrare una condotta gravemente colposa:
COGNOME, moglie di un’esponente da ndrangheta, era titolare di una ditta che aveva avuto un ruolo strategico nella gestione RAGIONE_SOCIALEe attività fondamentali per la cosca e si era prestata al compimento di affari illeciti, consentendo al marito di agire indisturbato nel perseguimento RAGIONE_SOCIALE‘interesse del sodalizio. Quand’anche COGNOME, prosegue la Corte, avesse agito esclusivamente sul mandato del marito senza conoscere con esattezza il merito dei fatti, non può ragionevolmente ritenersi che non fosse conoscibile il carattere illecito dei traffici e del modus operandi del coniuge e del suocero, appartenenti alla criminalità organizzata.
3.Il percorso argomentativo così articolato appare esente dalle censure dedotte.
3.1.In primo luogo la Corte, nel rispetto del principio per cui il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione per l’ingiusta detenzione, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale ( Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, Rv.247663; Sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Rv. 259082), ha valorizzato elementi di fatto concreti accertati nella loro dimensione ontologica nel giudizio di merito. La ricorrente lamenta che sarebbero stati indicati comportamenti non accertati nel loro accadimento fattuale, quando invece i giudici hanno preso le mosse proprio dalle evidenze processuali accertate nel giudizio di merito, pur se ritenute insufficienti a fondare una pronuncia di condanna.
3.2.La Corte, inoltre, ha adeguatamente motivato in ordine alla natura gravemente colposa RAGIONE_SOCIALEa condotta extraprocessuale di NOME, spiegando che, quanto meno per grave incuria, ella non aveva vigilato sulla gestione RAGIONE_SOCIALEa società di cui era titolare. Il concetto di ostatività RAGIONE_SOCIALEa colpa deve essere inteso come una macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, che realizza una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria attraverso l’adozione di un provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale o la mancata revoca di uno già emesso (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, Rv. 203636-01). Nel caso in esame la Corte, lungi dal limitarsi a porre l’accento sulla circostanza per cui NOME era moglie del capo RAGIONE_SOCIALEa cosca che operava nel territorio, imponendo il monopolio in alcuni settori commerciali in modo illecito, ha
individuato la colpa grave, con percorso argomentativo non manifesatamente illogico, nell’avere ella consentito che la gestione RAGIONE_SOCIALEa società a lei intestata fosse piegata a scopi illeciti, talora addirittura essendo parte attiva in transazioni commerciali di schermo rispetto a tali scopi.
3.3.Infine il rilievo per cui il giudice del merito aveva assolto sulla base RAGIONE_SOCIALEe stesse evidenze poste a fondamento RAGIONE_SOCIALEa valutazione del giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela è inconferente, in quanto sovrappone la valutazione sulla sussistenza di una condotta colposa o dolosa extraprocessuale, causale rispetto alla instaurazione e al mantenimento RAGIONE_SOCIALEa detenzione, con la valutazione in ordine al compendio probatorio che aveva portato all’assoluzione. Versandosi nel caso di specie nell’ipotesi astratta RAGIONE_SOCIALEa c.d. ingiustizia sostanziale ex art. 314 comma 1 cod. proc. pen., non ha rilievo il fatto che l’assoluzione sia avvenuta sulla base RAGIONE_SOCIALEo stesso compendio valutato dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela. Questa Corte, in proposito, ha già avuto modo di precisare che nel caso in cui, rispetto ad un quadro indiziario confermato da decisioni irrevocabili (o non smentito nel corso RAGIONE_SOCIALEa fase cautelare) e riferito ad un titolo di reato che consente la privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale, l’imputato sia stato assolto perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, la valutazione RAGIONE_SOCIALE‘incidenza RAGIONE_SOCIALEa condotta dolosa o colposa RAGIONE_SOCIALE‘imputato sulla privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale è sempre doverosa ed è irrilevante che gli elementi addotti a sostegno del provvedimento cautelare fossero gli stessi sulla base dei quali l’assoluzione è stata pronunciata. In questi casi non si discute RAGIONE_SOCIALEa astratta applicabilità RAGIONE_SOCIALEa misura (che non è stata definitivamente esclusa), sicché il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione deve valutare se la persona privata RAGIONE_SOCIALEa libertà personale abbia tenuto condotte dolose o gravemente colpose ostative al riconoscimento del diritto all’indennizzo perché causali (o concausali) rispetto alla privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale. Di conseguenza, quando decide sull’esistenza del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave ostativi al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 314, comma 1, cod. proc. pen., il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione incontra il solo limite di non poter fondare il proprio giudizio su fatti esclusi dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione, restando libero di valutare autonomamente tutti i fatti che in quel giudizio sono stati accertati o non negati. Dunque, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘accertamento RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave, può darsi rilievo , nell’ipotesi di cui all’art. 314 comma 1 cod. pen., agli stessi fatti accertati nel giudizio penale di cognizione, e non rileva che ‘ quest’ultimo si sia definito con l’assoluzione RAGIONE_SOCIALE‘imputato sulla base degli stessi elementi posti a fondamento del provvedimento applicativo RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, trattandosi di un’evenienza fisiologicamente correlata alle diverse regole di giudizio applicabili nella fase cautelare e in quella di merito, valendo soltanto in quest’ultima il criterio RAGIONE_SOCIALE‘aldilà
di ogni ragionevole dubbio (Sez. 4, n. 2145 del 13/01/2021, Rv. 280246). Il giudizio per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione, infatti, impegna piani di indagine diversi rispetto al giudizio penale di cognizione e ciò può portare a conclusioni diverse sulla base RAGIONE_SOCIALEo stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti (Sez. 4, n. 12725 del 28/02/2025, Rv. 287950 – 01; Sez. 4, n. 39500 del 18/06/2013, Rv. 256764).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali. Tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, somma così determinata in considerazione RAGIONE_SOCIALEe ragioni di inammissibilità.
Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese sostenute dal RAGIONE_SOCIALE resistente. La memoria depositata, infatti, si limita a riportare principi giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione senza confrontarsi con i motivi di ricorso, sicché non può dirsi che l’Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa del ricorrente (sull’argomento, con riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, da ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, Rv. 283886; Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, Rv. 281713).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALEa cassa RAGIONE_SOCIALEe ammende. Nulla per le spese al RAGIONE_SOCIALE resistente.
Deciso il 2 ottobre 2025. Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME Dovere