Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8314 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8314 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 16/05/1963
avverso l’ordinanza del 18/09/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Palermo ha rigettato la richiesta di riparazione ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen. presentata nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento alla detenzione da costui subita (dal 15 gennaio 2019 al 2 aprile 2020) in un procedimento penale nel quale gli erano stati contestati il reato di cui agli artt. 416 bis e 61 bis cod. pen. (capo A) e il reato di cui all’art. 291 quater commi 1, 2 e 3 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (capo C) commessi in Tunisia e Lampedusa.
1.1.Secondo l’accusa, COGNOME aveva fatto parte di un’associazione finalizzata a commettere una pluralità di delitti di favoreggiamento della immigrazione clandestina e di delitti contro il patrimonio: egli aveva svolto il ruolo intermediario mantenendo i rapporti tra il promotore dell’associazione Moncer Fadhel e l’equipaggio del motopeschereccio italiano “Serena”, incaricato di consegnare in mare aperto all’equipaggio del motopeschereccio tunisino “Mohmaed Marwan” natanti e motori da utilizzare per successive traversate di migranti. Inoltre egli aveva fatto parte di un’associazione dedita alla commissione di più reati di contrabbando di tabacchi lavorati esteri da introdurre illegalmente in Italia e da commerciare nel territorio palermitano.
A seguito del fermo effettuato il 15 gennaio 2019, COGNOME era stato sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere in ordine ai delitti su indicati. Con riferimento al delitto di cui al capo A), il Tribunale del riesame aveva annullato la misura cautelare per assenza dei gravi indizi di colpevolezza. In ordine al reato di cui al capo C), la Corte di Assise di Trapani, con ordinanza del 30 marzo 2020 eseguita il 2 aprile 2020, aveva dichiarato la perdita di efficacia della misura della custodia in carcere e l’aveva sostituita con la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
1.2.La Corte di Assise di Trapani, con sentenza del 29 luglio 2020 divenuta irrevocabile il 22 gennaio 2021, aveva assolto COGNOME dal delitto di cui al capo A) perché il fatto non sussiste e dal delitto di cui al capo C) per non aver commesso il fatto; contestualmente aveva revocato la residua misura. I giudici avevano rilevato che non erano state rinvenute altre tracce che potessero comprovare l’utilizzo di tale imbarcazione per il trasporto di migranti (fatta eccezione per un motore compendio di furto rinvenuto a bordo del motopeschereccio Serena) ovvero di altra merce, quale tabacchi lavorati esteri; che non era stata dimostrata una correlazione tra la fornitura di motori e natanti ed eventuali sbarchi di soggetti extracomunitari sulle coste siciliane; che l’unico episodio oggetto di specifica contestazione, ossia il procurato sbarco di 25 migranti sull’isola
di Pantelleria il 21 maggio 2018, si era svolto con modalità incompatibili con quella ipotizzata nel capo di imputazione; che in ordine alla partecipazione del ricorrente nell’associazione finalizzata a commettere reati di contrabbando (delitto per il quale il correo COGNOME era stato condannato dalla Corte di Assise), non era stata dimostrata la presenza di tabacchi lavorati esteri né sull’isola di Lampedusa, né a bordo delle navi: la versione dell’imputato, secondo il quale egli metteva in vendita le sigarette in modo lecito, in quanto era consentito a ciascun cittadino tunisino, di rientro dal proprio paese di origine, trasportare una stecca di sigarette di produzione locale, aveva trovato riscontro nelle risultanze dibattimentali, in quanto le intercettazioni davano conto di quantitativi di sigarette e di caffè compatibili con un’attività di piccolo smercio.
1.3. La Corte della riparazione ha ravvisato la condizione ostativa della colpa grave, consistita nell’ essere COGNOME risultato coinvolto in una illecita attivi di trasporto di motori, uno dei quali provento di furto, consegnati dall’equipaggio del motopeschereccio italiano di proprietà di Solina all’equipaggio del motopeschereccio tunisino, con contropartita di carichi di tabacchi.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso COGNOME, per mezzo del difensore, formulando un unico, articolato motivo con cui ha dedotto il vizio di motivazione e la contraddittorietà tra giudicati in relazione alla ritenuta sussistenza dell condizione ostativa della colpa grave. Il difensore osserva che il ruolo che la Corte della riparazione avrebbe ravvisato in capo a COGNOME, ovvero quello di tramite tra COGNOME e COGNOME, era stato sconfessato e smentito dalla sentenza che aveva assolto tutti tali soggetti, sicché i giudici avrebbero valorizzato circostanze che l’accertamento nel merito aveva escluso, in violazione del principio per cui nel giudizio di riparazione non si può tenere conto di comportamenti che siano stati esclusi dal giudice della cognizione. In particolare, sotto il profilo della condott extraprocessuale, la Corte avrebbe valorizzato intercettazioni che la Corte del merito aveva ritenuto prive di qualsiasi valore indiziante; sotto il profilo del condotta processuale, la Corte avrebbe censurato il fatto che in sede di interrogatorio di garanzia COGNOME si fosse dichiarato estraneo rispetto ai fatti e non avesse fornito giustificazione in ordine al contenuto di una conversazione intercettata nel corso delle indagini, in violazione del principio per cui il silenz la reticenza e addirittura la menzogna costituiscono modalità e contenuti dell’esercizio del diritto di difesa e non ostano al riconoscimento dell’indennizzo.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
La Corte di Appello, nell’ordinanza impugnata, ha riepilogato le risultanze delle indagini GLYPH e in particolare le conversazioni intercettate e i servizi di osservazione che avevano documentato i contatti fra COGNOME e COGNOME collegati allo scambio di merce fra un motopeschereccio italiano e un motopeschereccio tunisino; lo sbarco da parte dei due e da parte di NOME, proprietario del motopeschereccio italiano “NOME“, a Lamepdusa di motori, natanti e taniche; il riferimento in alcune conversazioni alla necessità di precostituire giustificazioni in ordine al possesso e al trasporto di tale merce, in ragione della consapevolezza della illiceità di tali operazioni; il rinvenimento, in occasione di un controllo parte della Guardia di Finanza, a bordo del motopeschereccio “Serena” di un motore di provenienza delittuosa; il riferimento in alcune conversazioni a stecche di sigarette provenienti dalla Tunisia e da smerciare in Italia, ricevute quale contropartita.
La Corte ha anche dato atto che. in sede di interrogatorio di garanzia, COGNOME si era dichiarato estraneo ai fatti contestati e nello specifico aveva riferito di avere acquistato insieme a COGNOME dei motori che NOME doveva portare a Tunisi per aggirare i divieti doganali, senza spiegare come mai nel corso di una delle conversazioni intercettate (e in particolare nella conversazione del 26 giugno 2018) NOME si fosse lamentato con lui della mancata consegna delle sigarette, quale contropartita del trasporto dei motori.
Sulla base di tali elementi, ha, indi, ritenuto che il ricorrente, con il propr comportamento gravemente colposo, consistito nell’operare quale tramite fra COGNOME con cui aveva rapporti di fiducia, e il proprietario del motopeschereccio “Serena” in relazione alla consegna da parte del secondo al primo di motori e natanti dietro contropartita di sigarette tunisine, avesse ingenerato il ragionevole convincimento della sua partecipazione ad una organizzazione criminale capeggiata da COGNOME e alle attività illecite del gruppo.
3.11 percorso argornentativo così delineato appare esente dalle censure evidenziate dal ricorrente, in quanto coerente con i dati riportati e conforme ai principi giurisprudenziali elaborati in tema di riparazione per ingiusta detenzione.
E’ noto che il giudice della riparazione per l’ingiusta detenzione, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Maltese Rv. 259082). In sede di verifica della sussistenza di un comportamento ostativo al riconoscimento del diritto alla riparazione non viene in rilievo l valutazione del compendio probatorio ai fini della responsabilità penale, ma solo la verifica dell’esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare un grave quadro indiziario nei suoi confronti. Si tratta dì una valutazione che ricalca quella eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo ed è volta a verificare: in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (cfr. Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv.247663). Il giudice della riparazione, dunque, deve esaminare tutti gli elementi probatori utilizzabili nella fase delle indagini, purch la loro utilizzabilità non sia stata espressamente esclusa in dibattimento (Sez. 4 n. 19180 del 18/2/2016, COGNOME, Rv. 266808) e apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento all sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, non è censurabile in sede di legittimità (Sez. 4 n. 27458 del 5/2/2019, NOME COGNOME NOME COGNOME, Rv. 276458). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorrente si duole, in primo luogo, GLYPH del fatto che la Corte abbia valorizzato circostanze fattuali ritenute dal giudice del merito prive di valore indiziante. In tal modo, tuttavia, confonde piani che devono rimanere distinti, ovvero quello della affermazione della responsabilità e quello della individuazione di condotte dolose o colpose che abbiano contribuito a configurare un grave quadro indiziario nei suoi confronti. Stante l’autonomia del giudizio riparatorio rispetto a quello del merito, nessun rilievo può essere attribuito alla neutralizzazione da parte del giudice dell’assoluzione della portata dimostrativa del compendio probatorio: vero è, piuttosto, che le condotte che il giudice di
merito abbia ritenuto non rilevanti sul piano della GLYPH affermazione della responsabilità, possono essere valutate, ai fini del diritto alla riparazione, come dimostrative di colpa grave, rimanendo preclusa soltanto la valorizzazione di prove affette da inutilizzabilità patologica, ovvero di circostanze di fatto il accadimento sia stato escluso.
4.1.Generica e assertiva deve ritenersi la doglianza in merito alla valutazione da parte della Corte in ordine al carattere gravemente colposo della condotta descritta. La condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo può, invero, essere integrata anche da comportamenti, quali le frequentazioni ambigue con i soggetti condannati nel medesimo procedimento o in procedimento diverso, purché il giudice della riparazione fornisca adeguata motivazione della loro oggettiva idoneità ad essere interpretate come indizi di complicità, così da essere poste quanto meno in una relazione di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021, COGNOME, Rv. 282565; Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, COGNOME, Rv. 274498). La Corte, in coerenza con tale principio e in maniera logica, ha valorizzato i legami intessuti dal ricorrente con il coimputato COGNOME COGNOME, condannato in ordine al delitto contestato al capo C), nella gestione di affari ambigui collegati allo scambio di merce, fra cui sigarette provenienti dalla Tunisia, tali da aver ingenerato nel giudice della cautela la erronea convinzione della sussistenza della fattispecie di reato oggetto di contestazione.
4.2. Infondata è, infine, la censura in merito al riferimento operato dalla Corte alla linea di difesa adottata dal ricorrente nel corso dell’interrogatorio d garanzia.
Vero è che l’art. 314, comma 1, cod. proc. pen, così come modificato dal d.lgs. n. 188 del 8/11/2021, prevede che l’esercizio da parte dell’imputato della facoltà di cui all’articolo 64, comma 3, lettera b), non incide sul diritto a riparazione di cui al primo periodo (cfr. art. 4, c. 1, lett. b, d. Igs. n. 188 del 202 sicché il silenzio serbato dall’indagato o dall’imputato nel corso dell’interrogatorio o esame non può di per se solo integrare il fattore ostativo al riconoscimento del diritto alla riparazione (Sez. 4, n. 8615 del 08/02/2022, Z. Rv. 283017; Sez. 4 n. 19621 del 12/04/2022, L. Rv. 283241; Sez. 4 n. 8616 dell’8/2/2022, Radu, non massimata). In virtù di tale modifica, si è sostenuto che non può darsi rilievo, al fine della configurazione della condizione ostativa, alla affermazione da parte dell’indagato/imputato della propria innocenza, o di estraneità alle accuse mosse, in quanto tale affermazione, da un lato, a fronte del proscioglimento nel merito, non potrà essere ritenuta ontologicamente “falsa” e, dall’altro, è anch’essa estrinsecazione del diritto di difendersi (Sez. 4, n. 6321 del 17/01/2024, F, Rv. 285806); si è, invece, affermato che il mendacio dell’indagato in sede di
interrogatorio, ove causalmente rilevante sulla determinazione cautelare, incide sull’accertamento dell’eventuale colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione anche a seguito della modifica dell’art. 314 cod. proc. pen., posto che la falsa prospettazione di situazioni, fatti o comportamenti non è condotta assimilabile al silenzio serbato nell’esercizio della facoltà difensiva prevista dall’ar 64, comma 3, lett. b) cod. proc. pen. In tal senso si è sostenuto che altro è serbare il silenzio, altro è fornire una versione oggettivamente e deliberatamente mendace atta a prospettare falsamente situazioni, fatti o comportamenti (Sez. 4, n. 3755 del 20/01/2022, Pacifico, Rv. 282581).
Così perimetrata la possibile rilevanza, al fine di individuare la condizione ostativa alla riparazione, del contenuto delle dichiarazioni rese dall’indagato (o imputato), il riferimento da parte della Corte alla linea di difesa esplicitata d ricorrente appare rispettoso dei principi su indicati.
Nel provvedimento impugnato i giudici hanno richiamato le dichiarazioni di COGNOME non già per sostenerne la rilevanza, in quanto reticenti o menzognere, ma solo per ribadire che era stato lo stesso COGNOME a “confessare”, nella sostanza, il carattere illecito delle operazioni di acquisto dei motori in cui era coinvolto, quanto attuate per aggirare i divieti doganali tunisini, e ad ammettere di avere posto in vendita sigarette, provenienti dalla Tunisia, sia pure, a suo dire, in modo lecito. Il richiamo al contenuto dell’interrogatorio è valso, dunque, nella prospettiva dei giudici della riparazione a confermare il carattere ambiguo dei rapporti intrattenuti dal ricorrente e la loro rilevanza sul piano della apparenza del reato.
5.AI rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente che appare congruo liquidare in euro mille.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente, che liquida in complessivi euro mille.
I Funzionar’ GLYPH
tudiziario