Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23177 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23177 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME nato ad Asti il 6 maggio 1971; COGNOME NOME nato ad Asti il 16 luglio 1971;
avverso la sentenza del 30 gennaio 2025 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udito l’avv. NOME NOME COGNOME difensore dei ricorrenti, che ha insistito per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto del ricorso è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Torino, confermando la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME nelle loro qualità di liquidatori, succedutisi nel tempo, della RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 1° febbraio 2018), responsabili del reato di cui all’art.
comma 1 n. 4 I. fall., per essersi astenuti dal richiedere il fallimento e, conseguentemente, aggravato il dissesto della società da loro gestita.
2. Il ricorso è proposto nell’interesse di entrambi gli imputati e si compone di unico motivo d’impugnazione, formulato sotto i profili della violazione di legge (in relazione agli artt. 43 cod. pen. e 217 I. fall.), a mezzo del quale si deduce l’insussistenza della colpa grave richiesta dalla norma incriminatrice, illogicamente desunta, dai giudici di merito, dalla sola mera omissione di una tempestiva richiesta di fallimento, senza in alcun modo valutare quanto offerto in valutazione dal consulente della difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. L’assunto dal quale muove la difesa è corretto: l’omissione della tempestiva richiesta di dichiarazione del proprio fallimento, quale condotta tipizzata di aggravamento del dissesto, deve essere sorretta dal coefficiente psicologico della colpa grave, in sé non desumibile dalla sola omissione degli amministratori, in quanto condotta, quest’ultima, astrattamente riconducibile ad una pluralità di scelte gestionali (Sez. 5, n. 38077 del 15/07/2015, Preatoni, Rv. 264743; Sez. 5, n. 43414 del 25/09/2013, Pg in proc. COGNOME e altri, Rv. 257533; Sez. 5, n. 18108 del 12/03/2018, COGNOME, Rv. 272823).
Ma la Corte territoriale, lungi dal far discendere la sussistenza di colpa grave a carico dell’imputato dalla mera circostanza del ritardato deposito della domanda di fallimento, ha offerto compiuta indicazione degli elementi dai quali ha desunto la consistenza del profilo psicologico della condotta contestata.
Segnatamente: a) la risalente e duratura carenza di liquidità, manifestatasi sin dal 2013 con le gravi e prolungate difficoltà nel pagare creditori e fornitori; b) la sistematica perdita di attivo, rivelatasi a partire dall’anno 2014 e incrementatasi negli anni; c) l’impossibilità di proseguire l’attività a fronte delle azioni esecutiv attivate già nel 2016 da alcuni istituti di credito; d) la distanza temporale (di oltr tre anni) tra il manifestarsi della crisi e il sopravvenuto fallimento (periodo in cu l’esposizione debitoria si era aggravata sensibilmente); e) l’ammontare del passivo, di rilevante entità (complessivamente oltre tre milioni di euro). Elementi, chiaramente evidenziati nella sentenza impugnata, dai quali è logicamente desumibile la consapevole rappresentazione delle conseguenze di un eventuale ed ulteriore ritardo nella presentazione dell’istanza di fallimento.
E tanto dà conto, da un canto, dell’infondatezza dell’assunto difensivo, nella parte in cui si deduce l’omessa indicazione dei criteri di valutazione della
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consistenza della colpa (per come detto, esplicitamente indicati) e, dall’altro, la sua indeducibilità, nella parte in cui, genericamente invocando l’omessa
valutazione degli esiti della consulenza difensiva (della quale, peraltro, in violazione del principio di autosufficienza, viene riportato un solo stralcio: Sez. 1,
n. 47499, del 29/11/2007, COGNOME, Rv. 238333; Sez. 6, n. 21858 del 19/12/2006,
COGNOME, Rv. 236689), non si confronta con tutti in singoli profili argomentativi offerti dalla Corte territoriale.
4. I ricorsi, pertanto, complessivamente infondati, devono essere rigettati e i ricorrenti condannati, in solido, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 maggio 2025
COGNOME Il Presidente