Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11627 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11627 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata a Formia il 07/10/1991, avverso l’ordinanza in data 24/09/2024 della Corte di appello di Roma; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la memoria con cui l’Avvocatura Generale dello Stato, nell’interesse del Ministero dell’economia e delle finanze, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, sia rigettato;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 24/09/2024, la Corte di appello di Roma ha rigettato la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione presentata nell’interesse di Parente NOMECOGNOME sottoposta alla misura cautelre della custodia in carcere dall’01/07/2020 al 16/07/2020 e a quella degli arresti domiciliari dal 17/07/2020 al 27/04/2021, in relazione a due delitti di illecita detenzione e porto in luogo pubblico di ordigni esplosivi, aggravati dall’utilizzo di metodologia
mafiosa e dagli stessi assolta con sentenza del Tribunale di Cassino del 22/12/2022, in seguito divenuta irrevocabile.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della COGNOME, avv.to NOME COGNOME che ha articolato un unico motivo di ricorso, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con tale motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’erronea applicazione della norma processuale di cui all’art. 314 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di ritenuta insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della riparazione e di mancata confutazione delle deduzioni difensive.
Sostiene, innanzitutto, che, nella pronunzia oggetto d’impugnativa, si sarebbe ritenuta l’impossibilità di valutare la richiesta di riparazione per l’incompletezza della documentazione allegata, disponendo purtuttavia, in maniera palesemente contraddittoria, il suo rigetto in ragione della sussistenza di elementi ostativi; aggiunge, inoltre, che il denegato riconoscimento era stato motivato, con riguardo a ciascuno dei delitti oggetto di contestazione, col rilievo che, nella decisione assolutoria, si sarebbe, comunque, ritenuta la condivisione, da parte della richiedente, degli affari illeciti altrui, ancorché ciò contrastasse con il dictum della menzionata pronunzia e, prinn’ancora, con quanto emerso all’esito all’espletata attività captativa, come peraltro evidenziato nel corpo dell’istanza riparatoria.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 5-duodecies del d.l. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 199 del 2022 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. n. 75 del 2023, convertito, con modificazioni, nella legge n. 112 del 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME NOME risulta infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
Destituito di fondamento è l’unico motivo di ricorso, con cui si lamenta l’erronea applicazione della norma processuale di cui all’art. 314 cod. proc. pen.
e il vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e manifésta illogicità, in punto di ritenuta insussistenza dei presupposti per l’accoglimento della richiesta riparatoria e di mancata confutazione delle deduzioni difensive, sostenendo che nella pronunzia impugnata, per un verso, si sarebbe ritenuta l’impossibilità di valutare la citata istanza per l’incompletezza della documentazione allegata, salvo, poi, disporne contraddittoriamente il rigetto e, per altro verso, si sarebbe motivato il denegato riconoscimento col rilievo che, nella decisione assolutoria, si era ritenuta la condivisione, da parte della richiedente, degli affari illeciti altr pur se ciò contrastava con il dictum della menzionata pronunzia.
Rileva, al riguardo, il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non è riscontrabile nell’ordito motivazionale a corredo dell’ordinanza in disamina la dedotta contraddittorietà, posto che il giudice della riparazione non ha affermato che la richiesta avanzata dalla parte privata non potesse essere delibata in ragione dell’incompletezza della documentazione allegata, ma si è limitato a censurare l’effettuata allegazione documentale, evidenziando la sua incompletezza.
Né è riscontrabile nella motivazione del provvedimento de quo la denunziata manifesta illogicità, ove si consideri che si è ragionevolmente ritenuta ostativa all’accoglimento della richiesta riparatoria la colpa grave della richiedente, in concreto individuata nella sua contiguità al compagno NOME NOME e al gruppetto di individui che, con questi, concorrevano alla gestione degli affari illeciti nel comune di Minturno.
Contiguità che, peraltro, il giudice della riparazione ha ritenuto essersi verificata nella piena consapevolezza, da parte dell’istante, dell’illiceità delle attività d’ordinario svolte dai giovani abitualmente frequentati, come attestano le precauzioni che ella stessa adottava con riguardo al luogo di occultamento delle sostanze stupefacenti spacciate dal compagno, che pretendeva non coincidesse con la propria abitazione.
Appare, quindi, evidente l’insussistenza dei denunziati vizi motivazionali, conformandosi il provvedimento impugnato al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui «In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto la condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, consapevole dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità» (così: Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, dep. 01/03/2021, COGNOME, Rv. 280547-01).
Quanto testé posto in rilievo induce a ritenere insussistente anche la dedotta inosservanza della norma processuale di cui all’art. 314 cod. proc. pen., che risulta applicata in conformità all’ermeneusi offertane da questa Suprema Corte.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultami° insussistenti i vizi denunziati, il ricorso dev’essere rigettato, con conseguente onere per la ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. per, le spese del procedimento.
Deve essere disposta, inoltre, la rifusione delle spese sostenute, nel presente grado di giudizio, dall’Amministrazione resistente, che si liquidano in complessivi euro mille.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dall’Amministrazione resistente, che liquida in euro mille.
Così deciso il 12/02/2025