Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27159 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27159 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PULFERO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/03/2024 del GIP TRIBUNALE di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze con ordinanza del 18 marzo 2024 rigettava la richiesta del detenuto NOME di effettuare colloqui visivi e telefonici con il padre NOME.
Il rigetto si fondava sul pericolo di inquinamento probatorio sotteso a tali colloqui, posto che il padre del detenuto avrebbe potuto essere sentito nel corso delle indagini, oltre che essere il veicolo anche involontario di condizionamento dei fratelli dell’indagato, testimoni chiave, già sentiti nel corso delle indagini.
Avverso tale provvedimento proponeva ricorso RAGIONE_SOCIALE lamentando con il primo motivo la violazione degli artt. 18 e 28 d.P.R. 354/1975 (ord. pen.), 37 e 39 d.P.R. 230/2000, art. 29 e 13 Cost., art. 8 Conv. europea dei diritti dell’uomo.
La mancata autorizzazione ai colloqui con il padre avrebbe leso, secondo il ricorrente, il diritto dei detenuti ed internati ad avere colloqui e incontri con congiunti, che è disciplinato dagli art. 37 e 39 d.P.R. 230/2000.
Il diritto al rispetto delle relazioni familiari è sancito dall’art. 29 Cost. ed anc dall’art. 8 Conv. europea dei diritti dell’uomo che ne tollera la compressione solo a fronte della necessità contrapposta di salvaguardare esigenze di ordine pubblico, benessere economico del paese, prevenzione dei reati, protezione della salute e della morale o protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
Sebbene, poi, l’art. 13 Cost. preveda che, nell’ambito della condizione carceraria, l’adozione di restrizioni che possano aggravare la condizione degli internati possa essere disposta solo dall’autorità giudiziaria, nel rispetto delle garanzie previste, nel provvedimento impugnato non sarebbero stati palesati i fondamenti normativi di tale diniego, né indicato in ragione della tutela di quel diritto di pari rango il diritto di cui all’art. 29 Cost debba cedere il passo.
Con il secondo motivo lamentava la manifesta illogicità della motivazione le cui argomentazioni sarebbero inconferenti rispetto alla compressione del diritto vantato.
Invero, le vaghe indicazioni circa un pericolo di inquinamento probatorio sarebbero del tutto generiche e prive di concretezza ed attualità.
Analogamente, il riferimento all’imminente interrogatorio dell’indagato, quale elemento che avrebbe potuto influire sulla possibilità di effettuare tali colloqui, parrebbe correlare il diritto fondamentale del detenuto alla natura e al contenuto delle sue dichiarazioni.
Conclusivamente riteneva che il provvedimento di rigetto violasse il diritto dell’internato e ne chiedeva pertanto l’annullamento.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale concludeva per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Deve preliminarmente rilevarsi l’ammissibilità dell’impugnazione avverso i provvedimenti che decidono sulle istanze di colloquio dei detenuti che, potendosi risolvere in un inasprimento del grado di afflittività delle misure cautelari, sono ricorribili in Cassazione, ex art. 111, settimo comma, Cost. (Sez. 6, n. 3729 del 24/11/2015, Avola, Rv. 265927 – 01).
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, i colloqui visivi sono qualificati come un fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare e al mantenimento di relazioni con i più stretti congiunti, riconosciuto da numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario, quali gli artt. 28 ord. pen., 18, comma 3, 1, comma 6, e 15 ord. pen.; 61, comma 1, lett. a), e 73, comma 3, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, (cfr. Sez. 1, n. 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, Trigila, in motivazione; Sez. 1, n. 47326 del 29/11/2011, Panaro, Rv. 251419; Sez. 1, n. 33032 del 18/4/2011, COGNOME, Rv. 250819; Sez. 1, n. 27344 del 28/5/2003, COGNOME, Rv. 225011; Sez. 1, n. 22573 del 15/5/2002, COGNOME, Rv. 221623; Sez. 1, n. 21291 del 3/5/2002, COGNOME, Rv. 221688):
Tale diritto presenta anche un saldo radicamento sul piano costituzionale (cfr. gli artt. 29, 30 e 31 Cost.) e convenzionale (v. l’art. 8, Convenzione europea dei diritti dell’uomo), il quale stabilisce che le limitazioni all’esercizio di tale di devono essere previste dalla legge e devono essere giustificate da esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, di protezione della salute, dei diritti e delle libertà altrui.( Sez. 1, n. 23819 del 22/06/2020, Min. giustizia, Rv. 279577 – 01)
Secondo altra pronuncia, il provvedimento di diniego o di differimento del colloquio deve essere rigorosamente motivato e fondato su ragioni attinenti allo svolgimento delle indagini (Sez. 1, n. 48957 del 28/10/2022, NOME, Rv. 283860 – 01).
Il Giudice per le indagini preliminari nel provvedimento impugnato ha motivatamente limitato l’esercizio del suddetto diritto in ragione di esigenze di natura investigativa, partitamente indicate e certamente attuali, stante lo stato delle indagini e la imminenza dell’interrogatorio dell’indagato.
Nessuna violazione di legge si è verificata, poichè la limitazione del diritto è dipesa da un provvedimento dell’autorità giudiziaria procedente, come stabilito dall’art. 18 ord. pen., che, acquisito il parere del P.M., ha rigettato l’istanza d colloquio per ragioni di tutela delle indagini e dunque di prevenzione dei reati, dando esplicita motivazione della contingenza, attualità e concretezza di tale
limitazione, NOME collegata NOME temporalmente NOME all’imminenza NOME dell’interrogatorio dell’indagato.
Per tali ragioni anche la motivazione del provvedimento si appalesa del tutto logica, poiché è evidente la correlazione fra detta limitazione e la superiore esigenza di evitare l’inquinamento probatorio, soprattutto in ragione della assoluta contingenza e temporaneità dell’esigenza stessa.
È, infatti, altrettanto evidente che, nel momento in cui le esigenze investigative cesseranno, il diritto del ricorrente potrà essere nuovamente esercitato nella sua pienezza.
Il ricorso deve essere dunque rigettato e il ricorrente deve essere condannato ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il P esidente