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Cessione di stupefacenti: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un imputato per il reato di cessione di stupefacenti, come previsto dall’art. 73 d.P.R. 309/1990. I giudici hanno ritenuto provata una pluralità di migliaia di cessioni di eroina, cocaina e crack, avvenute con cadenza quotidiana per oltre sette mesi e organizzate tramite contatti telefonici su utenze dedicate.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Cessione di Stupefacenti: Condanna Confermata per Spaccio Sistematico

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30424/2025, ha messo un punto fermo su un caso significativo di cessione di stupefacenti, confermando la condanna emessa nei confronti di un imputato dalla Corte di Appello di Torino. La pronuncia ribadisce la gravità delle condotte di spaccio organizzato e continuativo, anche quando si concretizzano in singole dosi.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una complessa attività di indagine che ha permesso di ricostruire un’articolata rete di spaccio. I giudici di merito, sia in primo grado presso il Tribunale di Torino sia in secondo grado, hanno accertato che l’imputato si era reso responsabile di innumerevoli episodi di vendita di sostanze stupefacenti di vario tipo, tra cui eroina, cocaina e crack.

L’elemento che caratterizza la vicenda non è tanto la singola cessione, quanto la sua sistematica reiterazione. Le indagini hanno dimostrato che l’attività illecita si è protratta per oltre sette mesi, con una cadenza quotidiana. Le vendite erano precedute da contatti telefonici su utenze dedicate, un modus operandi che testimonia un’organizzazione stabile e non occasionale. Si parla, infatti, di “migliaia di cessioni”, un dato che evidenzia la portata e la pericolosità sociale della condotta.

La Decisione della Corte e la cessione di stupefacenti

La Corte di Appello di Torino, con una sentenza dell’11 settembre 2024, aveva già confermato la decisione di primo grado del 6 luglio 2022, che riteneva l’imputato colpevole del reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990. L’imputato, attraverso i suoi legali, ha proposto ricorso in Cassazione, che tuttavia è stato respinto.

La Suprema Corte, nel confermare la decisione dei giudici di merito, ha implicitamente validato la correttezza della ricostruzione fattuale e della qualificazione giuridica operata nei precedenti gradi di giudizio. La condanna per la sistematica cessione di stupefacenti è stata quindi resa definitiva.

Le Motivazioni

La sentenza in esame, pur essendo concisa, si fonda sulla solidità delle prove raccolte e sulla logicità delle argomentazioni dei giudici di merito. La Cassazione, in qualità di giudice di legittimità, non riesamina i fatti, ma valuta se la legge sia stata applicata correttamente e se la motivazione della sentenza impugnata sia priva di vizi logici.

In questo caso, la conferma della condanna si basa sul fatto che l’impianto accusatorio è stato ritenuto pienamente provato. La pluralità delle cessioni, la durata prolungata dell’attività criminale (oltre sette mesi), la frequenza quotidiana e l’uso di utenze telefoniche dedicate sono tutti elementi che, uniti, dipingono un quadro chiaro di un’attività di spaccio professionale e continuativa, integrando pienamente la fattispecie delittuosa contestata.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio consolidato nella giurisprudenza penale: la gravità del reato di spaccio non si misura solo sulla quantità di droga ceduta in una singola occasione, ma anche e soprattutto sulla continuità e l’organizzazione dell’attività. Migliaia di piccole cessioni possono costituire un reato più grave di un singolo episodio di vendita di un quantitativo maggiore, poiché dimostrano una maggiore capacità criminale e un pericolo sociale più persistente.

Per gli operatori del diritto, la sentenza sottolinea l’importanza delle prove tecnologiche, come i tabulati telefonici, per dimostrare la sistematicità di un’attività di spaccio. Per i cittadini, essa rappresenta un monito sulla severità con cui l’ordinamento giuridico persegue il traffico di sostanze stupefacenti, considerato una delle principali minacce alla salute e alla sicurezza pubblica.

Quale reato è stato contestato all’imputato?
All’imputato è stato contestato il reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, consistente in plurime cessioni di sostanze stupefacenti (eroina, cocaina, crack).

Come è stata provata l’attività illecita?
L’attività è stata provata attraverso l’accertamento di migliaia di cessioni, precedute da contatti telefonici su utenze dedicate, che si sono verificate con cadenza quotidiana per un periodo superiore a sette mesi.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Torino, rendendo definitiva la condanna dell’imputato per il reato di cessione di stupefacenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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