Ricorso in Cassazione e Cassa delle Ammende: Cosa Succede?
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non sempre porta al risultato sperato. Un’impugnazione presentata senza i dovuti presupposti di legge può essere dichiarata inammissibile, con conseguenze non solo processuali ma anche economiche. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre lo spunto per analizzare cosa comporta la condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, una sanzione che colpisce i ricorsi temerari o infondati.
Il Percorso Giudiziario
Il caso in esame origina da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano. L’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di contestare la decisione di secondo grado, portando la questione all’attenzione dei giudici di legittimità. La Suprema Corte, riunitasi in camera di consiglio, ha analizzato la vicenda dal punto di vista prettamente procedurale.
La Decisione della Corte e la Cassa delle Ammende
La Corte di Cassazione, con una sintetica ordinanza, ha concluso il procedimento senza entrare nel merito dei fatti. La decisione finale è stata quella di condannare il ricorrente al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo tipo di pronuncia è tipico dei casi in cui il ricorso viene giudicato inammissibile. In pratica, la Corte non ha valutato se l’imputato fosse colpevole o innocente, ma ha stabilito che il ricorso stesso non poteva essere esaminato perché privo dei requisiti formali o sostanziali richiesti dalla legge.
Le Motivazioni
Il provvedimento analizzato è estremamente conciso e non esplicita le ragioni specifiche dell’inammissibilità. Tuttavia, possiamo dedurre la natura della decisione dalla condanna alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è prevista dal codice di procedura penale proprio per i casi di inammissibilità del ricorso. Le ragioni possono essere molteplici: il ricorso potrebbe essere stato presentato fuori termine, basato su motivi non consentiti dalla legge (ad esempio, una rivalutazione dei fatti, che è preclusa in Cassazione), oppure manifestamente infondato. Lo scopo di questa sanzione è duplice: da un lato, scoraggiare la presentazione di impugnazioni dilatorie o palesemente infondate che appesantiscono il lavoro della Corte; dall’altro, finanziare la Cassa delle ammende, un ente che promuove il recupero dei detenuti e il miglioramento delle infrastrutture carcerarie.
Le Conclusioni
La decisione evidenzia un principio fondamentale del processo penale: l’accesso alla giustizia deve essere esercitato con responsabilità. Un ricorso in Cassazione non è un tentativo da fare a cuor leggero. È un rimedio straordinario che richiede motivi seri e giuridicamente validi. In assenza di tali presupposti, il ricorrente non solo non otterrà la riforma della sentenza impugnata, ma si esporrà anche a conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione a favore della collettività, rappresentata dalla Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e professionale prima di intraprendere l’ultimo grado di giudizio.
Cosa significa essere condannati a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
Significa che il ricorso presentato è stato giudicato inammissibile dalla Corte di Cassazione e, di conseguenza, la legge prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente, il cui importo viene versato a questo specifico fondo statale.
Perché in questo caso la Corte ha emesso un’ordinanza e non una sentenza?
La Corte ha emesso un’ordinanza perché ha deciso su una questione procedurale, ovvero l’ammissibilità del ricorso, senza esaminare il merito della vicenda. Le ordinanze sono tipicamente usate per risolvere questioni di questo tipo.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La decisione finale è stata la condanna del ricorrente al pagamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo implica che il suo ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano è stato dichiarato inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19147 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19147 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 01/01/1990
avverso la sentenza del 04/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché deduce un motivo afferente alla determinazione del trattamento punitivo, benché la sentenza impugnata sia sorretta da
sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive sul punto
(si vedano le pagine 2 e 3);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della
cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000)
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 aprile 2025
Il Consigl GLYPH estensore
GLYPH
nte