Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4811 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4811 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a I.ARINO il 21/09/1960
inoltre:
COGNOME
Fratamico NOME
Fratamico NOME
Fratamico NOME
Fratamico NOME
NOME COGNOME
avverso la sentenza del 04/04/2024 della Corte d’appello di Campobasso
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto dott.ssa COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso udito il difensore Avv. NOME COGNOME per le parti civili COGNOME NOMECOGNOME
NOMECOGNOME NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso udito il difensore Avv. NOME COGNOME per la parte civile NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso
udito il difensore Avv. NOME COGNOME per le parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso udito il difensore Avv. NOME COGNOME per COGNOME NOMECOGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Campobasso, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il 15 maggio 2023 il Tribunale di Larino aveva dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 589 cod. pen. L’imputato era accusato di aver ucciso per colpa COGNOME NOME NOME in quanto, durante una battuta di caccia al cinghiale svolta in compagnia di altri otto cacciatori, avendo in uso un fucile Beretta calibro 2 matricola 391731 con munizione “Palla Brenneke” marca Winchester, per imprudenza, negligenza e imperizia aveva esploso un colpo, diretto a un animale selvatico, non accorgendosi che nelle immediate vicinanze era posizionato il Fratamico, partecipante alla battuta di caccia, dotato di apposito copricapo segnalatore, e lo aveva attinto con un colpo di rimbalzo all’emitorace destro. In Guardialfiera il 28 dicembre 2019.
NOME COGNOME ricorre per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per vizio di motivazione e travisamento di una prova decisiva. La Corte ha individuato il ricorrente come colui che nella battuta di caccia aveva il ruolo di evitare l’allontanamento dei cani verso la riserva ivi insistente e che, nell’esercizio di tale compito, si era autonomamente spostato dal posto assegnatogli dal capo squadra COGNOME Tale ricostruzione è frutto di un travisamento dei fatti in quanto il ruolo di «canettiere» era proprio di COGNOME NOME COGNOME tanto che il capo caccia COGNOME aveva presunto che quest’ultimo fosse di spalle alla battuta proprio in quanto rivolto verso la riserva per sentire i cani. Tale travisamento ha determinato l’erroneo convincimento della Corte secondo cui sarebbe stato il COGNOME a spostarsi dalla postazione assegnatagli, qualificando la condotta dell’imputato come imprudente ‘proprio su tale erroneo presupposto.
Con il secondo motivo deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Con l’appello erano state evidenziate le gravi criticità circa le irrituali modalità d acquisizione delle prove o comunque degli elementi indiziari che avevano condotto all’incriminazione del COGNOME. In particolare: la circostanza che i cacciatori avessero consegnato i fucili ai Carabinieri a decorrere dalle 20:15 del 28 dicembre 2019, mentre la morte del COGNOME si era verificata intorno alle 16:30; la mancata verifica che
ciascuno dei partecipanti avesse consegnato proprio il fucile utilizzato durante la battuta di caccia e non altra arma in suo possesso; la consegna delle munizioni 13 giorni dopo la data dell’incidente. Tali criticità si erano riversate nella perizia balistica, peral incentrata esclusivamente sulla compatibilità dei proiettili con i fucili sequestrati. Non è stata disposta perizia balistica per ricostruire le modalità dell’incidente o per verificare quale delle armi sequestrate avesse fatto fuoco e per accertare se dalla posizione in cui si trovava l’imputato fosse effettivamente possibile attingere il COGNOME. Non è stata espletata alcuna valutazione balistica per accertare la possibile traiettoria del colpo e le eventuali deviazioni conseguite al doppio rimbalzo a cui lo stesso consulente ha fatto riferimento. Vicino al COGNOME vi era anche il COGNOME, che aveva dichiarato di aver esploso tre colpi quasi contestualmente a quello di COGNOME NOME, oltre ad ammettere che dalla sua postazione non vedeva alcun cacciatore. La Corte territoriale, si assume, non ha valorizzato le argomentazioni difensive limitandosi a constatare che nessuna concreta evidenza di indagine accreditasse il fatto che i fucili e i proiettili in, uso all’at dell’incidente fossero ulteriori. Si tratta di un ragionamento inadeguato a superare il ragionevole dubbio. La consulenza del pubblico ministero è stata ritenuta esaustiva senza esaminare i rilievi mossi dall’appellante, pervenendo a conclusioni apodittiche circa la responsabilità per colpa dell’imputato. Non è stato considerato che non vi è alcuna prova o elemento indiziario da cui desumere che il COGNOME abbia abbandonato la posizione assegnatagli dal capo caccia COGNOME anche perché la Corte ha trascurato il fatto che l’unico colpo esploso dal COGNOME durante la battuta è stato indirizzato verso la montagna, ossia in direzione diametralmente opposta a quella del COGNOME. La difesa ritiene illogica la motivazione anche in ordine all’esclusione del caso fortuito, considerato che dalla relazione del consulente tecnico emerge che il proiettile che ha attinto il COGNOME ha subito un “doppio rimbalzo” deviando così la sua traiettoria. Tale circostanza costituisce accadimento imprevedibile e imponderabile inseritosi nell’azione dell’agente. La Corte ha sbrigativamente risolto la questione ritenendolo accadimento non imprevedibile con una mera clausola di stile, senza considerare che il COGNOME aveva esploso un colpo in direzione ovest mentre il Fratamico si trovava a 100 metri di distanza in direzione nord; il COGNOME non poteva prevedere che il proiettile avrebbe subito due diversi rimbalzi cambiando due volte direzione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 Maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
2. Il giudice di merito, procedendo con rito abbreviato, ha fondato la decisione sull’informativa della stazione dei Carabinieri di Guardialfiera, sulla consulenza tecnica necroscopica e sulla consulenza tecnica balistica. I Carabinieri, rinvenuto in località INDIRIZZO il corpo senza vita di COGNOME NOME Nicola, hanno acquisito il registro di caccia al cinghiale, sottoposto a sequestro le armi dei partecipanti alla battuta di caccia, compresa quella della vittima, ed effettuato rilievi fotografici, identificando i componenti della battuta. Dalle sommarie informazioni testimoniali di tutti i partecipanti alla battuta di caccia è stato desunto che il gruppo, dopo il sopralluogo di rito, era stato destinato dal capo caccia in INDIRIZZO con assegnazione a ciascun cacciatore della sua postazione. La battuta di caccia era iniziata alle ore 14:00; alle 16:30 si erano sentiti sparare tre colpi e, dopo qualche minuto, un ulteriore colpo; subito dopo l’ultimo sparo COGNOME NOME, tramite ricetrasmittente, aveva comunicato al guardiacaccia che era accaduto qualcosa al COGNOME; il capo caccia si era recato sul posto constatando che i cacciatori COGNOME e COGNOME tentavano di rianimare il COGNOME mentre il COGNOME chiamava i, soccorsi; risultava che il COGNOME si fosse spostato per sparare a un cinghiale nonostante il capo caccia avesse ordinato ai cacciatori di non abbandonare mai la postazione loro assegnata. Quella assegnata al COGNOME distava 300 metri dal luogo in cui era stato rinvenuto il cadavere. Il ruolo di canettiere, ossia dell’addetto a controllare che i cani non oltrepassassero il limite della riserva, era stato attribuito al COGNOME e il guardiacaccia riteneva che fosse possibile che quest’ultimo volgesse le spalle alla battuta di caccia perché un cane aveva oltrepassato il limite della riserva. Dalle sommarie informazioni era possibile desumere che il COGNOME fosse caduto a terra ferito dopo il colpo sparato da COGNOME. Quest’ultimo aveva ammesso di aver sentito le urla del COGNOME dopo il colpo sparato dal suo fucile, dichiarando di aver mirato verso la montagna in direzione ovest mentre la vittima si trovava in direzione nord, lungo la strada. La consulenza tecnica necroscopica aveva consentito di accertare che la morte era stata causata da un colpo d’arma da fuoco sparato a una distanza superiore ai 40-50 centimetri, mentre la consulenza tecnica balistica aveva consentito di accertare che il proiettile rinvenuto nel cadavere era una palla «Brenneke» riconducibile a una cartuccia calibro 12, usata con fucile a canna liscia per la caccia di selvaggina grossa prodotto dalla Winchester, compatibile per calibro e merceologia unicamente con le cartucce sequestrate a Vizzarri Alberto; inoltre, era emerso chiaramente che il colpo mortale fosse un colpo di rimbalzo, in quanto la cartuccia presentava due deformazioni prodotte dall’impatto contro strutture solide presenti nell’ambiente prima di attingere il corpo della vittima. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si esamina, in quanto logicamente prioritario, il motivo di ricorso che attiene al giudizio di attribuibilità dell’evento all’imputato. Si tratta di motivo infondato.
La prova delle ragioni dello spostamento del COGNOME dalla postazione assegnatagli, se relativa al ruolo di canettiere piuttosto che all’inseguimento del cinghiale, non ha assunto rilievo decisivo nel giudizio di attribuzione del fatto all’imputato. Con argomentazione rispondente ai criteri della logica, la responsabilità di altri cacciatori è stata, infatti, esclusa sia perché i soli proiettili sequestrati al COGNOME erano compatibil con quello rinvenuto nel corpo della vittima, sia per l’immediata ‘successione cronologica, riconosciuta dallo stesso imputato, tra il colpo sparato dal COGNOME e le urla del COGNOME. E’ stato, comunque, accertato che l’imputato, al momento dello sparo, non si trovasse nella postazione assegnatagli ma se ne fosse allontanato.
Il motivo di ricorso in esame ripropone il tema delle lacune istruttorie relative alle modalità di sequestro delle armi e delle munizioni in uso ai cacciatori durante la battuta di caccia, trascurando che l’attribuzione del fatto all’imputato si fonda su plurimi elementi indiziari, ben evidenziati dai giudici di merito; senza considerare, dunque, quanto replicato dalla Corte circa l’immediata acquisizione da parte degli inquirenti dei fucili utilizzati dai partecipanti alla battuta di caccia e l’assenza di evidenze tali d accreditare l’uso di fucili e proiettili ulteriori rispetto a quelli sequestrati. Il motiv ricorso, a ben vedere, tende a introdurre nel giudizio una diversa ricostruzione del fatto, più favorevole all’imputato, senza tuttavia allegare alcuna circostanza utile a inficiare la validità delle prove valorizzate dal giudice di merito, tale non potendo considerarsi in sé il tempo trascorso tra il fatto e l’acquisizione delle prove.
La difesa contesta il ragionamento indiziario in quanto non fondato su elementi certi tentando di ottenere, in realtà, una diversa valutazione del fatto, invero fondato su dati indiziari certi, segnatamente sulla certa compatibilità tra il colpo mortale e il fucile e le cartucce utilizzati dall’imputato, sulla certa immediatezza tra l’esplosione del colpo da parte del COGNOME e l’urlo della vittima, sulla posizione dell’imputato rispetto al luogo in cui è stato trovato il Fratamico, oltreché sul dato certo che, al momento dello sparo, la visibilità fosse fortemente ridotta in relazione all’ora e alla stagione.
4. Le censure inerenti all’elemento soggettivo sono in parte fondate.
Il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione anche qualora le sentenze dei due gradi di merito siano conformi, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, . in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le
sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez.4, n.35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 28015501; Sez. 5, n.48050 del 2/07/2019, S., Rv. 27775801). E’, tuttavia, anche necessario che il ricorrente prospetti la decisività del travisamento nell’economia della motivazione (Sez.6, n.36512 del 16/10/2020, COGNOME, Rv.28011701). Ed è tale decisività che difetta nel caso di specie.
La circostanza che tanto il COGNOME quanto il COGNOME si fossero spostati dalle rispettive postazioni, indipendentemente dalla ragione di tale spostamento, è stata ritenuta dal giudice di primo grado circostanza non imprevedibile e, anzi, caratteristica dell’attività venatoria di gruppo nonché fonte di evidenti situazioni di pericolo per l’incolumità dei cacciatori. L’elemento travisato nella sentenza della Corte di appello, ossia la circostanza che il ruolo di canettiere fosse attribuito al COGNOME e non al COGNOME, ha certamente una sua rilevanza nella descrizione dei comportamenti dei protagonisti della vicenda ma, contrariamente a quanto indicato dalla difesa, non risulta dirimente nella individuazione della condotta colposa dell’imputato. Sin dalla pronuncia di primo grado (p. 9), infatti, l’imprudenza che si rimprovera al COGNOME è quella di avere esploso il colpo d’arma da fuoco senza accertarsi in modo scrupoloso che sulla traiettoria percorsa dal proiettile esploso non vi fosse alcuna persona potenzialmente raggiungibile. In ogni caso, la circostanza che il COGNOME si fosse spostato dalla postazione assegnatagli per sparare a un cinghiale non è congetturale ma è stata riferita dal COGNOME e logicamente desunta dal fatto che il posto assegnato al COGNOME distava 300 metri dal luogo di rinvenimento del cadavere, mentre il colpo mortale risultava esploso a distanza superiore ai 40-50 centimetri e lo stesso COGNOME aveva riferito di trovarsi in una postazione ubicata a circa 100 metri dal luogo dell’incidente. Non è, dunque, allegata valida ragione di dubbio in merito all’accertamento che il COGNOME si sia spostato dalla postazione, sia pure per ragioni diverse da quelle indicate dal giudice di appello. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Occorre, dunque, evidenziare che l’addebito di colpa mosso all’imputato è la violazione dell’obbligo di mantenere la postazione assegnatagli ma, soprattutto, la violazione dell’obbligo di controllare gli spostamenti dei compagni prima di sparare all’indirizzo di animali, considerando che il rispetto di tale obbligo deve essere rigoroso e improntato alla massima attenzione. Secondo il giudice di merito, sparare “alla cieca” contro un bersaglio non determinato, coperto da vegetazione e in orario in cui la visibilità è ridotta, costituisce violazione di una norma prudenziale, non rilevando se la vittima si sia spostata dall’originaria posizione assegnatale in quanto si tratta di fatto non imprevedibile.
La Corte ha sottolineato come la richiesta di rito abbreviato non fosse condizionata all’espletamento della perizia balistica, ritenendo la consulenza acquisita esaustiva sia con riguardo all’identificazione del fucile dal quale era partito il colpo letale, sia
proposito del più attendibile andamento del proiettile esploso. Tale argomentazione, censurata dalla difesa con allegazione del caso fortuito, risulta carente.
Infatti, con riguardo al tema della incompletezza della consulenza balistica, quando si procede con rito abbreviato l’omessa integrazione istruttoria non è sindacabile a meno che non sussistano, nell’apparato motivazionale posto a base della conclusiva decisione impugnata, lacune, manifeste illogicità o contraddizioni concernenti punti di decisiva rilevanza.
Con riguardo alla prospettazione difensiva del caso fortuito, occorre ricordare che il caso fortuito si verifica quando sussiste il nesso di causalità materiale tra la condotta e l’evento, ma fa difetto la colpa, in quanto l’agente non ha causato l’evento per sua negligenza o imprudenza. Qualora sia attribuibile all’agente un comportamento colposo causalmente correlato all’evento, è esclusa l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 45 cod. pen. (Sez. 4, n. 19373 del 15/03/2007, COGNOME, Rv. 236613 – 01).
La Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione di tale principio. L’esclusione del caso fortuito è stata motivata sul presupposto che il cosiddetto doppio rimbalzo non sia accadimento imprevedibile in occasione di una battuta di caccia in zona agreste, caratterizzata da superfici dure, pietrame e sentieri o strade. L’argomentazione, data la premessa per cui il COGNOME ha sparato “alla cieca” o comunque senza mantenere un’adeguata e continuativa visuale dell’animale da colpire e della zona di tiro e senza assicurarsi che nelle immediate vicinanze non fossero presenti persone che avrebbero potuto essere attinte, presuppone un dato mancante costituito dal raccordo tra il rischio attivato dallo sparo alla cieca e l’evento concretizzatosi, connotato dalla particolarità che il proiettile ha subito una doppia deviazione andando ad attingere un compagno di caccia che si trovava alle spalle dell’agente. La regola che vieta di sparare “alla cieca” o, comunque, in assenza di visuale diretta del bersaglio animale, ha lo scopo evidente di prevenire che si colpisca l’uomo; non è stato, però spiegato, tanto meno mediante supporto tecnico-scientifico, sulla base di quale dato la medesima regola sia dettata anche al fine di evitare che il proiettile colpisca una o più volte una superficie che gli imprima una deviazione tale da portarlo ad attingere una persona che non si trova sulla traiettoria originaria; ed, eventualmente, entro quale raggio di azione rispetto al punto di sparo la deviazione del proiettile sia da considerare conseguenza prevedibile della violazione della predetta regola cautelare. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Costituisce, altrimenti, caso fortuito quello al quale l’agente non abbia’ dato causa con la sua condotta imprudente (Sez. 4, n. 36883 del 14/07/2015, COGNOME, Rv. 264416 – 01; Sez. 4, n. 6982 del 19/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254479 – 01).
Conclusivamente, il ricorso è fondato e la sentenza deve essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Salerno. Al giudice del rinvio è,
inoltre, demandata la regolamentazione tra le parti delle spese del presente giudizio legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno, cui demanda anche la regolamentazione tra le parti delle spese di quest giudizio di legittimità.
Così è deciso, 11/12/2024
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