Carenza d’interesse: quando un ricorso perde il suo scopo
Nel mondo del diritto, non sempre una battaglia legale iniziata arriva fino alla sua conclusione naturale. A volte, gli eventi superano la necessità stessa del giudizio. È il caso della carenza d’interesse sopravvenuta, un principio fondamentale della procedura penale che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9408/2024, ha recentemente ribadito. Questo concetto stabilisce che un’impugnazione non può proseguire se la parte che l’ha proposta ha già ottenuto, per altre vie, il risultato che sperava di conseguire.
I fatti del caso: il sequestro e l’impugnazione
La vicenda ha origine dal sequestro di tre navi appartenenti a una nota compagnia di navigazione. L’amministratore delegato della società, ritenendo illegittimo il provvedimento, aveva presentato un’istanza di dissequestro al Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.), la quale era stata rigettata. Non dandosi per vinto, aveva proposto appello al Tribunale, ma anche in questo caso la sua richiesta era stata respinta.
Di fronte a questo doppio diniego, l’amministratore ha deciso di portare la questione fino all’ultimo grado di giudizio, presentando ricorso per Cassazione. Le sue argomentazioni si basavano su presunte violazioni di diverse norme penali e civili.
La svolta: l’autorizzazione e la rinuncia
Mentre il ricorso era pendente dinanzi alla Suprema Corte, si è verificato un evento decisivo. L’amministratore è riuscito a ottenere un provvedimento di autorizzazione all’uso delle navi sequestrate. In pratica, ha raggiunto l’obiettivo principale per cui aveva avviato l’intera trafila giudiziaria: rimettere in funzione le imbarcazioni.
Avendo conseguito questo risultato, ha prontamente comunicato alla Corte di Cassazione la sua intenzione di rinunciare al ricorso, dichiarando una “sopravvenuta carenza d’interesse”.
La decisione della Corte e la carenza d’interesse
La Corte di Cassazione ha preso atto della situazione e ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non è una mera formalità, ma si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale, sancito dall’articolo 568 del codice di procedura penale.
Il principio dell’interesse concreto
I giudici hanno spiegato che l’interesse a impugnare un provvedimento non può essere una mera aspirazione teorica a una decisione giuridicamente perfetta. Deve, invece, essere concreto e attuale. In altre parole, l’annullamento o la riforma del provvedimento impugnato deve poter portare un vantaggio pratico e tangibile a chi ricorre. Se questo vantaggio viene meno, come nel caso di specie, l’impugnazione perde la sua ragione d’essere.
Una volta che la società ha ottenuto l’autorizzazione a utilizzare le navi, la prosecuzione del ricorso non avrebbe potuto portare a una situazione più favorevole di quella già raggiunta. Continuare il giudizio sarebbe stato un esercizio puramente accademico.
L’esenzione dalle spese processuali
Un altro aspetto interessante della decisione riguarda le spese processuali. Di norma, chi presenta un ricorso inammissibile viene condannato al pagamento delle spese. In questo caso, però, la Corte ha esentato il ricorrente. La motivazione è logica: l’inammissibilità non è derivata da un errore iniziale del ricorrente, ma da un evento successivo e a lui favorevole (l’autorizzazione) che ha reso l’impugnazione superflua. Poiché il ricorrente non ha insistito inutilmente nell’azione legale dopo aver ottenuto ciò che voleva, non è stato ritenuto giusto addebitargli i costi del procedimento.
Le motivazioni
La Corte Suprema fonda la sua decisione sul principio consolidato, anche a Sezioni Unite, secondo cui l’interesse ad impugnare è una condizione essenziale di ammissibilità di qualsiasi gravame. Tale interesse non può essere astratto, ma deve tradursi nella possibilità di conseguire, attraverso l’impugnazione, un risultato pratico più vantaggioso rispetto a quello derivante dal provvedimento contestato. Nel momento in cui il ricorrente ha ottenuto l’autorizzazione all’uso delle navi, ha soddisfatto il suo interesse concreto. La sentenza impugnata, pur rimanendo formalmente in essere, non produceva più per lui alcun effetto pregiudizievole che potesse essere rimosso tramite il ricorso. Pertanto, la prosecuzione del giudizio di legittimità sarebbe stata priva di scopo, giustificando la dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza d’interesse.
Le conclusioni
Questa sentenza offre una lezione pratica sull’economia processuale e sul pragmatismo che deve guidare le azioni legali. Insegna che l’obiettivo di un’impugnazione non è la perfezione giuridica, ma il raggiungimento di un beneficio concreto. Se tale beneficio viene ottenuto durante il processo, è dovere della parte prenderne atto, evitando di gravare ulteriormente il sistema giudiziario. La decisione di non condannare alle spese, inoltre, rappresenta un equo bilanciamento, riconoscendo che l’inutilità del ricorso è dipesa da un evento favorevole e non da una negligenza o da un errore iniziale del ricorrente.
Quando un ricorso in Cassazione diventa inammissibile per “sopravvenuta carenza d’interesse”?
Un ricorso diventa inammissibile per questa ragione quando, durante il procedimento, il ricorrente ottiene il risultato pratico che si prefiggeva con l’impugnazione attraverso un’altra via, rendendo di fatto inutile una decisione della Corte.
L’interesse ad impugnare un provvedimento deve essere solo teorico o anche pratico?
Secondo la Corte, l’interesse deve essere concreto e attuale. Non è sufficiente aspirare a una correzione formale della motivazione giuridica; l’impugnazione deve essere idonea a creare una situazione pratica più vantaggiosa per l’appellante.
Se un ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza d’interesse, la parte ricorrente viene sempre condannata a pagare le spese processuali?
Non necessariamente. Come dimostra questo caso, se l’inammissibilità deriva da un evento favorevole sopravvenuto (come l’ottenimento dell’autorizzazione richiesta) e non da un errore originario, la Corte può esentare il ricorrente dalla condanna alle spese del giudizio.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9408 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9408 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nNOME. nato il DATA_NASCITA a MESSINA
avverso l’ordinanza in data 09/10/2023 del TRIBUNALE DI MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che -prima del deposito dell’atto di rinuncia al ricorso- ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME, nella qualità di Presidente del consiglio di amministrazione e di attuale amministratore delegato della RAGIONE_SOCIALE, per il tramite del proprio difensore, impugna l’ordinanza in data 09/10/2023 del Tribunale di Messina, che ha rigettato l’appello presentato avverso l’ordinanza in data 29/07/2023 del G.i.p. del Tribunale di Messina, che aveva rigettato l’istanza di dissequestro delle navi Helga, Bridge e Ulisse.
Deduce:
Violazione di legge in relazione all’art. 640-bis cod. pen’ dell’art. 76 d.P.R. n. 445/2000, in relazione all’art. 483 cod. pen., nonché degli artt. 1256 e 1462 cod. civ., in quanto norme delle quali si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale.
In data successiva alla presentazione del ricorso è pervenuta nota sottoscritta dal ricorrente, con la quale dichiara di rinunciare al ricorso pe sopravvenuta carenza d’interesse, atteso che nelle more era sopravvenuto
provvedimento di autorizzazione all’uso delle navi in sequestro per cui era stata proposta impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione.
Per come anticipato in premessa, infatti, il ricorrente ha comunicato di avere ottenuto l’autorizzazione a quell’uso delle navi per il cui conseguimento era stato presentato l’odierno ricorso per cassazione.
A tale riguardo, va osservato che, una volta conseguito il risultato per cui era stata proposto il ricorso, non vi è più alcun interesse ad impugnare che, così come richiamato dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se l’impugnazione sia idonea a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente; id est sussiste un interesse concreto solo ove dalla denunciata violazione sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (cfr. Sez. U, Sentenza n. 42 del 13/12/1995, COGNOME, Rv. 203093 – 01 seguita da moltissime conformi, fino alla più recente Sez. 3 -, Sentenza n. 30547 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276274 – 01).
In altre parole, l’interesse ad impugnare non è costituito dalla mera aspirazione della parte all’esattezza tecnico-giuridica della motivazione del provvedimento, ma dall’interesse a conseguire -dalla riforma o dall’annullamento del provvedimento impugnato- un vantaggio concreto.
Nel caso di specie il ricorrente (nella sua qualità) ha già ottenuto il soddisfacimento dell’interesse concreto per cui aveva proposto impugnazione.
Da qui l’inammissibilità dei ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse.
C:3 C·4 ik22. Il ricorrente va esentato dalla condanna alle spese del giudizio, in quanto l’inammissibilità è stata provocata dalla sopravvenuta autorizzazione all’uso delle navi in sequestro, con conseguente decadimento dell’interesse a coltivare un’impugnazione al fine di sortire un risultato che già si è realizzato altrimenti e considerato che -per come già evidenziato- il ricorrente non ha ulteriormente coltivato l’impugnazione a fronte dell’evenienza a sé favorevole.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 01 febbraio 2024 Il Consigliere estensore