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Carenza d’interesse: appello PM inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero per sopravvenuta carenza d’interesse. Il ricorso era stato presentato contro un’ordinanza che sospendeva un ordine di carcerazione. Tuttavia, nelle more del giudizio, il condannato ha ottenuto l’affidamento in prova ai servizi sociali, rendendo di fatto inutile una decisione sul ricorso originario, poiché l’ordine di carcerazione non avrebbe potuto essere ripristinato in ogni caso.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Carenza d’interesse: quando il ricorso del Pubblico Ministero perde efficacia

L’ordinamento processuale penale si fonda su principi di economia e concretezza. Un’impugnazione non è un mero esercizio teorico, ma uno strumento per ottenere un risultato pratico. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46323/2024, ribadisce un concetto fondamentale: la carenza d’interesse sopravvenuta rende il ricorso inammissibile. Questo principio si applica anche quando a impugnare è il Pubblico Ministero, che non può perseguire una mera pretesa di astratta correttezza giuridica se questa non si traduce in un effetto concreto.

I Fatti del Caso: Un Ordine di Carcerazione Sospeso

Il caso nasce dalla decisione di un Giudice dell’esecuzione di Pavia, che aveva dichiarato non esecutivo un ordine di carcerazione emesso dalla Procura, disponendo l’immediata scarcerazione del condannato. Secondo il Giudice, la porzione di pena relativa all’unico ‘reato ostativo’ (un reato che impedisce l’accesso a benefici penitenziari) era già stata scontata. Per arrivare a questa conclusione, il Giudice aveva suddiviso in parti uguali l’aumento di pena applicato per la continuazione tra più reati, un calcolo contestato dalla Procura.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e la carenza d’interesse

Il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo un principio importante: la presenza di un reato ostativo nel titolo esecutivo impedisce al Pubblico Ministero di sospendere l’ordine di carcerazione. Qualsiasi valutazione sull’espiazione della pena relativa a tale reato spetterebbe esclusivamente alla Magistratura di Sorveglianza. Il ricorso, quindi, mirava a riaffermare questa competenza e a ottenere l’annullamento dell’ordinanza del Giudice dell’esecuzione.

La Svolta: L’Affidamento in Prova Cambia le Carte in Tavola

Durante la pendenza del ricorso in Cassazione, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha ammesso il condannato alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, proprio in relazione allo stesso titolo esecutivo oggetto del contendere. Questo provvedimento ha di fatto ‘assorbito’ la questione, rendendo l’ordine di carcerazione originario definitivamente ineseguibile.

Le Motivazioni della Cassazione: L’Interesse Deve Essere Concreto e Attuale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse. Gli Ermellini hanno richiamato la loro giurisprudenza consolidata, secondo cui l’interesse a impugnare non si basa sul concetto di ‘soccombenza’ come nel processo civile, ma su una prospettiva ‘utilitaristica’. L’impugnante deve poter ottenere un vantaggio concreto, attuale e immediato da una eventuale riforma della decisione impugnata.

Nel caso specifico, l’ammissione del condannato all’affidamento in prova ha fatto venir meno qualsiasi utilità pratica del ricorso del PM. Anche se la Cassazione avesse accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione, l’ordine di carcerazione non avrebbe potuto ‘rivivere’ o essere eseguito, poiché superato dalla misura alternativa disposta dal Tribunale di Sorveglianza.

Il Pubblico Ministero, quindi, non aveva più un interesse concreto a coltivare l’impugnazione, la quale si era ridotta a una mera questione di principio, priva di effetti pratici sulla condizione del condannato. L’interesse a impugnare deve sussistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma fino al momento della decisione.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia conferma che il processo di esecuzione penale è dinamico. Un fatto nuovo, come la concessione di una misura alternativa, può neutralizzare completamente le ragioni di un’impugnazione in corso. Per le parti processuali, ciò significa che l’interesse a proseguire un ricorso deve essere costantemente valutato alla luce degli sviluppi fattuali e giuridici. Per il Pubblico Ministero, in particolare, la sentenza ribadisce che il suo ruolo non è quello di perseguire un’astratta osservanza della legge, ma di ottenere risultati giuridicamente rilevanti e concretamente applicabili.

Quando un ricorso può essere dichiarato inammissibile per carenza d’interesse?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza d’interesse quando, a causa di un evento sopravvenuto (di fatto o di diritto), l’eventuale accoglimento dell’impugnazione non porterebbe alcun vantaggio pratico, concreto e attuale alla parte che ha proposto il ricorso.

Cosa significa che l’interesse a impugnare deve essere ‘attuale’?
Significa che l’utilità pratica derivante da una decisione favorevole deve esistere non solo al momento in cui si presenta l’impugnazione, ma deve persistere fino al momento in cui il giudice è chiamato a decidere su di essa.

In questo caso, quale evento specifico ha determinato la carenza d’interesse del Pubblico Ministero?
L’evento decisivo è stato il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza che ha ammesso il condannato alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale. Questa decisione ha reso definitivamente ineseguibile l’ordine di carcerazione, annullando così qualsiasi effetto pratico di un eventuale accoglimento del ricorso del PM.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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