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Carenza di interesse: ricorso inammissibile senza spese

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. L’imputato, avendo ottenuto la correzione della sentenza d’appello, ha rinunciato all’impugnazione. La Corte ha stabilito che, in questo caso, non vi è condanna alle spese.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordinanza 580/2024: La Carenza di Interesse e le Conseguenze sulle Spese

L’ordinanza in commento affronta un’importante questione procedurale: le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso per Cassazione dovuta a una sopravvenuta carenza di interesse. La Corte Suprema chiarisce che, in tali circostanze, non consegue automaticamente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprenderne la logica e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Dalla Sentenza d’Appello alla Rinuncia

La vicenda trae origine dal ricorso per Cassazione presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Il motivo del ricorso era legato a una discrasia, ossia una non corrispondenza, tra il dispositivo (la decisione finale) e la motivazione della sentenza di secondo grado.

Tuttavia, in un momento successivo alla proposizione del ricorso, l’imputato ha ottenuto ciò che desiderava: la stessa Corte d’Appello ha provveduto alla correzione della propria sentenza, eliminando la discrepanza lamentata. A seguito di questo evento, il difensore dell’imputato, munito di procura speciale, ha formalmente rinunciato al ricorso pendente in Cassazione, essendo venuto meno il motivo del contendere.

La Decisione della Corte di Cassazione

Preso atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione giuridica di tale declaratoria non è un vizio originario dell’atto di impugnazione, bensì la sopravvenuta carenza di interesse a ottenere una decisione. L’interesse ad agire, infatti, deve sussistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma per tutta la durata del processo.

L’aspetto più significativo della decisione, però, riguarda le statuizioni accessorie. La Corte ha stabilito che alla dichiarazione di inammissibilità per le ragioni esposte non doveva seguire né la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, né il versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Perché la carenza di interesse esclude la condanna alle spese?

La Corte di Cassazione fonda la propria decisione su un principio giuridico consolidato, richiamando un precedente specifico (Sez. 6, n. 19209 del 2013). La logica è la seguente: il venir meno dell’interesse alla decisione, quando si verifica dopo che il ricorso è stato validamente proposto, non costituisce un’ipotesi di soccombenza.

In altre parole, il ricorrente non viene considerato come la parte che ha ‘perso’ la causa. Il suo ricorso non è stato rigettato nel merito né dichiarato inammissibile per un errore commesso nella sua redazione. Semplicemente, l’azione giudiziaria è diventata inutile a causa di un evento esterno e successivo. Poiché non c’è soccombenza, non possono essere applicate le sanzioni processuali, come la condanna alle spese, che presuppongono proprio la sconfitta in giudizio. Questa interpretazione garantisce equità e coerenza, evitando di penalizzare una parte per aver agito correttamente nel rinunciare a un ricorso ormai privo di scopo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza offre un’importante indicazione pratica per la difesa tecnica. Conferma che, qualora l’obiettivo del ricorso venga raggiunto con altri mezzi mentre il processo è ancora pendente, la rinuncia all’impugnazione è una strategia processualmente ‘sicura’.

La pronuncia ribadisce che la rinuncia motivata da una sopravvenuta carenza di interesse non espone il ricorrente al rischio di sanzioni economiche. Questo principio incentiva la deflazione del contenzioso presso la Suprema Corte, evitando la prosecuzione di giudizi che hanno perso la loro utilità pratica, in un’ottica di economia processuale e di corretta amministrazione della giustizia.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse?
Quando la ragione o l’utilità pratica dell’impugnazione viene a mancare in un momento successivo alla sua proposizione. Nel caso di specie, ciò è avvenuto perché la Corte d’Appello ha corretto la propria sentenza, soddisfacendo la richiesta del ricorrente.

La dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse comporta sempre la condanna alle spese?
No. Secondo questa ordinanza, quando l’interesse viene meno dopo la proposizione del ricorso, non si configura un’ipotesi di soccombenza. Di conseguenza, non vi è condanna al pagamento delle spese processuali né della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Cosa significa che non si configura un’ipotesi di soccombenza?
Significa che il ricorrente non viene considerato come la parte che ha giuridicamente ‘perso’ la causa. La sua azione legale non è stata respinta nel merito, ma è semplicemente diventata priva di scopo. Pertanto, non si applicano le conseguenze negative, come il pagamento delle spese, tipiche di chi soccombe in un giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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