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Carenza di interesse: ricorso inammissibile senza spese

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una misura cautelare per sopravvenuta carenza di interesse, poiché la misura era stata nel frattempo revocata. La Corte ha stabilito che, non essendo la causa della carenza di interesse imputabile al ricorrente, non vi è condanna al pagamento delle spese processuali, in quanto non si configura un’ipotesi di soccombenza.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Carenza di Interesse: Quando un Ricorso Annullato non Costa Nulla

Nel complesso mondo della procedura penale, la carenza di interesse rappresenta un concetto fondamentale che può determinare la fine anticipata di un’impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto cruciale: cosa succede alle spese processuali quando un ricorso viene dichiarato inammissibile proprio per questo motivo? La risposta, come vedremo, dipende dalla causa che ha fatto venir meno l’interesse ad agire.

I Fatti del Caso

Un individuo, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, presentava ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva confermato tale misura. Il ricorrente lamentava un’erronea applicazione della legge processuale riguardo ai principi di adeguatezza e proporzionalità della misura stessa.

Tuttavia, durante il periodo di pendenza del ricorso, si verificava un evento decisivo: un altro tribunale, divenuto competente per il procedimento principale, revocava la misura cautelare e disponeva la rimessione in libertà dell’imputato. A seguito di questa decisione, il difensore presentava un atto di rinuncia al ricorso, evidenziando come l’obiettivo principale dell’impugnazione fosse stato di fatto raggiunto.

La Decisione della Corte sulla Carenza di Interesse

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione risiede nella cosiddetta “sopravvenuta carenza di interesse”. Poiché l’ordinanza cautelare originaria, oggetto del ricorso, non era più efficace, il ricorrente non aveva più alcun vantaggio concreto da ottenere da una pronuncia della Corte.

L’interesse a impugnare, infatti, deve esistere non solo al momento della presentazione del ricorso, ma deve persistere per tutta la durata del giudizio. Nel momento in cui la misura restrittiva viene meno, cessa anche l’interesse a contestarla, a meno che non si voglia ottenere una decisione favorevole per altri fini, come una futura richiesta di riparazione per ingiusta detenzione. In questo caso, con l’atto di rinuncia, il ricorrente ha manifestato di non avere tale ulteriore interesse.

Le Motivazioni: Perché Non C’è Condanna alle Spese?

L’aspetto più significativo della sentenza risiede nella decisione sulle spese processuali. Di norma, la parte il cui ricorso è dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese. Tuttavia, la Corte ha escluso tale condanna, basandosi su un principio consolidato della giurisprudenza.

Il ragionamento è il seguente: la declaratoria di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse non comporta automaticamente una condanna alle spese se la causa che ha generato tale carenza non è imputabile al ricorrente. Nel caso di specie, il venir meno dell’interesse non è derivato da una sua negligenza o da un errore, ma da un provvedimento favorevole emesso da un altro giudice (la revoca della misura cautelare). Questa circostanza esterna e non controllabile dal ricorrente fa sì che non si configuri una vera e propria “soccombenza”, ovvero la condizione di chi perde la causa. Mancando la soccombenza, manca anche il presupposto per la condanna alle spese e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia ribadisce un importante principio di equità processuale. Un imputato che ottiene la libertà per una decisione autonoma del giudice non deve essere penalizzato economicamente per aver in precedenza esercitato il suo diritto di impugnazione. La decisione sottolinea che l’esito di un ricorso deve essere valutato nel contesto degli eventi processuali. Quando un evento favorevole e indipendente rende inutile la prosecuzione di un’impugnazione, la sua conclusione con una declaratoria di inammissibilità non equivale a una sconfitta e, pertanto, non giustifica l’addebito delle spese processuali.

Quando un ricorso in Cassazione diventa inammissibile per carenza di interesse?
Un ricorso diventa inammissibile per carenza di interesse quando il provvedimento impugnato perde la sua efficacia (ad esempio, una misura cautelare viene revocata) e il ricorrente non ha più alcun vantaggio pratico da una decisione, manifestando, con la rinuncia, di non voler proseguire neanche per altri fini, come la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.

Se un ricorso è dichiarato inammissibile per carenza di interesse, il ricorrente deve sempre pagare le spese processuali?
No. Secondo la sentenza, se la carenza di interesse deriva da una causa non imputabile al ricorrente (come la revoca della misura da parte di un altro giudice), la declaratoria di inammissibilità non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali, perché non si configura un’ipotesi di soccombenza.

Cosa si intende per ‘causa non imputabile’ al ricorrente?
Si intende un evento, come un provvedimento giudiziario favorevole emesso da un’altra autorità, che si verifica indipendentemente dalla volontà o dalla condotta del ricorrente e che rende l’impugnazione priva di scopo. In questo caso, è stata la revoca della misura cautelare da parte del Tribunale di Ivrea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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