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Carenza di interesse: ricorso inammissibile senza costi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, poiché la misura interdittiva impugnata era stata revocata. La sentenza stabilisce un principio fondamentale: in questi casi, non configurandosi una soccombenza neppure virtuale, il ricorrente non è tenuto al pagamento delle spese processuali né della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per carenza di interesse: quando non si pagano le spese

Nel complesso mondo del diritto processuale, l’esito di un ricorso può dipendere da eventi che si verificano anche dopo la sua presentazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10126/2024, chiarisce un punto fondamentale riguardante la carenza di interesse sopravvenuta, stabilendo che in tali circostanze il ricorrente non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un soggetto avverso un’ordinanza del Tribunale di Roma. Quest’ultima aveva sostituito una misura cautelare degli arresti domiciliari con una misura interdittiva, specificamente la sospensione da un pubblico ufficio per un periodo di sei mesi. L’imputato, ritenendo ingiusto il provvedimento, aveva proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità.

Tuttavia, durante il periodo di pendenza del ricorso dinanzi alla Suprema Corte, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo: la misura interdittiva oggetto dell’impugnazione è stata revocata. A seguito di ciò, il difensore del ricorrente ha trasmesso una dichiarazione di rinuncia al ricorso, motivata proprio dalla venuta meno di qualsiasi interesse a ottenere una decisione nel merito.

La Decisione della Corte: la Carenza di Interesse Sopravvenuta

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, prendendo atto della situazione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione non risiede in un difetto originario dell’atto di impugnazione, ma nella cosiddetta carenza di interesse sopravvenuta. In altre parole, l’obiettivo che il ricorrente si prefiggeva – la rimozione della misura interdittiva – era già stato raggiunto per altre vie, rendendo di fatto inutile una pronuncia della Corte sul punto.

Le Motivazioni

Il cuore della sentenza risiede nella parte motiva relativa alle conseguenze di tale inammissibilità. Di norma, una dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria. Tuttavia, la Corte ha specificato che questa regola non si applica al caso di specie.

Il ragionamento, supportato da consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. Chiappetta, 1997), si basa su una distinzione cruciale: la carenza di interesse è sopraggiunta dopo la proposizione del ricorso. Questo significa che, al momento della sua presentazione, il ricorso poteva essere pienamente legittimo e fondato. Il venir meno dell’interesse non è quindi imputabile a una negligenza o a un errore del ricorrente, ma a un evento esterno e successivo.

In questa situazione, secondo la Corte, non si configura un’ipotesi di ‘soccombenza’, neppure ‘virtuale’. La soccombenza implica una ‘sconfitta’ nel merito del giudizio, ma qui il merito non è stato neppure esaminato, proprio perché divenuto irrilevante. Di conseguenza, far gravare le spese sul ricorrente sarebbe ingiusto e contrario ai principi del giusto processo.

Conclusioni

La sentenza n. 10126/2024 rafforza un principio di equità processuale di grande importanza pratica. Stabilisce che un cittadino non deve essere penalizzato economicamente se, per eventi non dipendenti dalla sua volontà, il suo legittimo ricorso perde di scopo durante il giudizio. Questa decisione offre una tutela fondamentale, evitando che il timore di una condanna alle spese possa scoraggiare la rinuncia a un ricorso ormai divenuto superfluo, contribuendo così all’efficienza del sistema giudiziario e alla tutela dei diritti delle parti.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione diventa inutile perché il provvedimento impugnato viene revocato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per ‘sopravvenuta carenza di interesse’, poiché il ricorrente non ha più alcun beneficio concreto da ottenere da una decisione della Corte.

Se un ricorso è dichiarato inammissibile per carenza di interesse sopravvenuta, il ricorrente deve pagare le spese processuali?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa specifica situazione non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali né di sanzioni pecuniarie, perché non si configura una soccombenza (una ‘sconfitta’ nel giudizio).

Perché in questo caso non si applica la condanna alle spese?
Perché il venir meno dell’interesse a ricorrere si è verificato dopo la presentazione del ricorso e per cause non imputabili al ricorrente. Mancando una soccombenza, anche solo ‘virtuale’, non c’è il presupposto legale per la condanna alle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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