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Carenza di interesse: ricorso inammissibile senza costi

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un importante principio processuale. Un imputato aveva presentato ricorso avverso una sentenza di patteggiamento. Successivamente, lo stesso giudice che aveva emesso la sentenza ne correggeva d’ufficio alcuni errori materiali, rendendo di fatto inutile il ricorso. Di fronte alla rinuncia dell’imputato, la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. La Corte ha però specificato che, poiché la causa della carenza di interesse non è imputabile al ricorrente, quest’ultimo non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali né di ammende.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per carenza di interesse: quando non si pagano le spese?

L’ordinanza in esame affronta un’interessante questione di procedura penale: cosa succede quando un ricorso in Cassazione perde la sua ragione d’essere a causa di un evento successivo? La Corte Suprema, con una decisione chiara, stabilisce che la conseguente dichiarazione di inammissibilità per carenza di interesse non comporta automaticamente la condanna alle spese per il ricorrente, specialmente se l’evento non è a lui imputabile.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un ricorso per Cassazione presentato da un imputato avverso una sentenza emessa a seguito di patteggiamento dal Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) di Catania. I motivi del ricorso miravano a contestare alcuni aspetti della pena applicata. Tuttavia, dopo la presentazione del ricorso, lo stesso GUP, accortosi di alcuni errori, interveniva con un’ordinanza di correzione di errore materiale. Nello specifico, il giudice:

1. Eliminava la condanna alle pene accessorie previste dalla legge fallimentare.
2. Rideterminava la pena detentiva, riducendola da due anni a un anno e quattro mesi di reclusione.

Queste correzioni, di fatto, risolvevano le questioni sollevate con l’impugnazione, rendendola superflua. Di conseguenza, il difensore dell’imputato comunicava la rinuncia al ricorso.

La Decisione della Cassazione e la Carenza di Interesse

La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha qualificato tale atto come una legittima manifestazione di una sopravvenuta carenza di interesse a coltivare l’impugnazione. L’interesse ad agire, requisito fondamentale di qualsiasi azione giudiziaria, deve sussistere non solo al momento della proposizione della domanda, ma per tutta la durata del processo. Nel caso specifico, le correzioni apportate dal GUP hanno fatto venir meno l’utilità pratica che il ricorrente avrebbe potuto ottenere da una decisione favorevole della Cassazione.

Pertanto, in applicazione dell’art. 591, comma 1, lett. a) del codice di procedura penale, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni: la carenza di interesse non imputabile esclude la condanna alle spese

Il punto cruciale e più interessante della decisione risiede nelle motivazioni relative alle spese processuali. Di norma, la parte il cui ricorso viene dichiarato inammissibile è considerata soccombente e, come tale, condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Tuttavia, la Corte si è discostata da questa regola generale, richiamando un suo precedente orientamento (Sez. 4, n. 45618 del 11/11/2021). Il principio affermato è che l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse derivante da una causa non imputabile al ricorrente non configura un’ipotesi di soccombenza. In questo caso, il venir meno dell’interesse non è dipeso da una negligenza o da un errore del ricorrente, ma da un’azione correttiva dello stesso organo giudiziario che aveva emesso il provvedimento impugnato. L’imputato, quindi, non ha ‘perso’ la causa, ma semplicemente non ha più avuto motivo di continuarla.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio di equità processuale di notevole importanza. Stabilisce che un cittadino non deve essere penalizzato economicamente per aver ritirato un’impugnazione divenuta inutile a causa di un intervento correttivo del sistema giudiziario stesso. Ciò tutela il diritto di difesa, evitando che il timore di una condanna alle spese possa dissuadere dal presentare ricorsi legittimi, anche quando questi vengano poi ‘assorbiti’ da successive decisioni dello stesso giudice. La decisione distingue nettamente tra un’inammissibilità dovuta a vizi originari dell’atto di impugnazione e quella causata da eventi esterni e non controllabili dal ricorrente, garantendo che solo nel primo caso si applichi il principio della soccombenza.

Cosa significa ‘sopravvenuta carenza di interesse’ in un processo?
Significa che, durante lo svolgimento del processo, viene a mancare il motivo concreto per cui era stata avviata l’azione legale. L’eventuale decisione del giudice non porterebbe più alcun vantaggio pratico alla parte che ha agito.

Se un ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse, si devono sempre pagare le spese processuali?
No. Come chiarito da questa ordinanza, se la carenza di interesse è causata da un evento non imputabile al ricorrente (come la correzione di un errore da parte dello stesso giudice), non vi è condanna al pagamento delle spese processuali o di ammende, perché non si configura una vera e propria sconfitta legale (soccombenza).

Cosa ha causato la carenza di interesse in questo caso specifico?
La carenza di interesse è sorta perché il giudice che aveva emesso la sentenza impugnata ha successivamente corretto d’ufficio gli errori su cui si basava il ricorso, eliminando le pene accessorie e riducendo la pena detentiva. In questo modo, l’appello è diventato privo di scopo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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