Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5542 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5542 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a COGNOME il 25/05/1955
avverso l’ordinanza del 08/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’8 ottobre 2024 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 26 settembre 2024 del medesimo Tribunale, con la quale era stata applicato allo stesso COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari, in relazione in relazione al reato di cui all’art. 73, primo comma, d.P.R. 309/90.
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che lo hanno affidato a due motivi.
2.1. In primo luogo, hanno denunciato, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 171, primo comma, lett. a) cod. proc. pen., nonché dell’art. 6 CEDU e degli artt. 25 e 111 Cost.
Hanno esposto che con la richiesta di riesame era stata eccepita la nullità dell’ordinanza applicativa della misura, in quanto notificata all’indagato in modo incompleto, perché mancante di diverse pagine, con la conseguente lesione del diritto di difesa dell’indagato medesimo, al quale non era stato possibile avere piena contezza delle contestazioni e degli elementi su cui si fonda la misura cautelare applicatagli.
Il Tribunale, però, aveva rigettato tale eccezione, ritenendola infondata alla luce del principio giurisprudenziale secondo cui l’omissione di alcune pagine dell’ordinanza cautelare notificata in copia all’interessato non comporta alcuna nullità in quanto l’originale è posto a disposizione dell’interessato medesimo mediante il deposito in cancelleria.
Tale orientamento, però, non sarebbe univoco nella giurisprudenza di legittimità (si richiama la sentenza n. 28552 del 2009), anche perché le copie mancanti dell’ordinanza impugnata sono quelle che attengono agli elementi indiziari e alle esigenze cautelari, con la conseguenza che su tali punti l’indagato non aveva potuto svolgere le proprie difese, né in sede di interrogatorio di garanzia né con la richiesta di riesame. Il richiamo da parte del Tribunale al deposito in cancelleria dell’ordinanza sarebbe, dunque, illogico, non essendo di ciò stato avvisato l’indagato, che non poteva comunque recarsi in cancelleria essendo stato sottoposto agli arresti domiciliari, con la conseguente lesione dell’art. 6, terzo comma, lett. a), CEDU, e degli artt. 24 e 111 Cost.
2.2. In secondo luogo, hanno lamentato la violazione dell’art. 73 d.P.R. 309/90 e un vizio della motivazione, con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di responsabilità e delle esigenze cautelari, non essendo stato considerato che il coindagato NOME COGNOME si era attribuito la paternità esclusiva della detenzione della sostanza stupefacente rinvenuta, con la conseguente
erroneità della affermazione della sussistenza di indizi della codetenzione di detta sostanza a carico del ricorrente, in quanto detenuta sulla persona del COGNOME e non all’interno dell’abitacolo dell’automobile del ricorrente, come erroneamente affermato nell’ordinanza impugnata. Hanno contestato anche la ritenuta valenza dimostrativa del denaro contante di cui il ricorrente aveva la disponibilità al momento del suo arresto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo, come dichiarato dal difensore del ricorrente, stata pronunziata sentenza di assoluzione del ricorrente medesimo ai sensi dell’art. 530, primo comma, cod. proc. pen., cosicché non vi è più alcun interesse attuale del ricorrente a una pronuncia nel merito del ricorso, essendo lo stesso stato prosciolto dagli addebiti e, di conseguenza, rimesso in libertà, a seguito della sopravvenuta inefficacia della misura, ai sensi dell’art. 300, primo comma, cod. proc. pen.
Non vi è luogo a condanna al pagamento delle spese del procedimento, non essendo l’inammissibilità del ricorso imputabile al ricorrente, né ravvisabile l’infondatezza delle sue doglianze.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 21/1/2025