Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26579 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26579 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME (CUI CODICE_FISCALE), nato a Beni Smir (Marocco) il 22/06/1976
avverso la ordinanza del 11/06/2025 della Corte di appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Milano disponeva la liberazione in data 8 luglio 2025 di NOME COGNOME rigettando nel resto l’istanza de liberate presentata dal predetto.
Con la suddetta istanza, NOME COGNOME sottoposto dal 30 dicembre 2024 alla misura cautelare della custodia in carcere, dopo l’emissione del decreto del Ministro della giustizia che disponeva la sua estradizione al Marocco, faceva presente che era decorso il termine di tre mesi previsto dall’art. 714, comma 4bis cod. proc. pen. e chiedeva pertanto di essere rimesso in libertà.
I
Secondo la Corte di appello, il termine non era ancora decorso, dovendosi considerare il periodo di sospensione previsto dalla citata norma per il giudizio amministrativo instaurato dall’estradando avverso la decisione del Ministro della giustizia.
La Corte territoriale stabiliva che il termine sarebbe decorso solo 1’8 luglio 2025, ordinando la liberazione dell’COGNOME in quella data, se non detenuto per altra causa, e confermando sino ad allora la misura intramuraria in quanto necessaria per prevenire il pericolo di fuga.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’interessato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 714, comma 4-bis cpp.
Il termine di tre mesi previsto dalla suddetta norma è già spirato.
Il conteggio operato dalla Corte di appello è errato, in quanto il periodo di sospensione decorreva dalla data del deposito del ricorso (13 marzo 2025) e non dalla precedente sua notifica all’Avvocatura dello Stato, giungendo quindi il termine di tre mesi, previsto dall’art. 714, comma 4-bis cod. proc. pen., a maturazione in data 6 giugno 2025.
2.2. Assenza di motivazione sul pericolo di fuga.
Sul punto l’ordinanza è immotivata, avendo tra l’altro il ricorrente dimostrato il rispetto di misure non custodiali applicate in precedenza.
La procedura ha tra l’altro subito un arresto, in quanto non è chiaro quando si procederà alla consegna del ricorrente, avendo il Ministero comunicato alle autorità del Marocco il 13 febbraio 2025 di non disporre la consegna in attesa della definizione di procedura nazionali. Su tale questione la Corte non si è espressa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Il provvedimento impugnato ha infatti indicato nella data odierna la liberazione del ricorrente e quindi è venuto meno l’interesse del medesimo alla trattazione del ricorso.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di impugnazione, anche in ambito cautelare trova applicazione la regola generale di cui all’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., secondo cui per proporre ricorso il soggetto legittimato deve essere portatore di un interesse concreto ed attuale, c deve persistere fino al momento della decisione e che va apprezzato con
—“
riferimento all’idoneità dell’esito finale del giudizio ad eliminare la situazione giuridica denunciata come illegittima o pregiudizievole per la parte (Sez. U, n. 20
del 09/10/1996, COGNOME, Rv. 206169; Sez. 2, n. 4974 del 17/01/2017, Rv. 268990).
Tale interesse, anche in materia di estradizione per l’estero, può essere ravvisato, nel caso in cui la misura cautelare, nelle more, della trattazione del
ricorso sia stata revocata, solo se il ricorrente abbia personalmente manifestato, e debitamente motivato, che intende servirsi dell’eventuale pronuncia favorevole
ai fini della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione (Sez. 6, n. 8928 del
28/01/2025, Rv. 287699 – 01), secondo un orientamento che trova fondamento nella sentenza delle Sezioni unite Testini, che ha affermato che «l’interesse a
coltivare il ricorso in materia de libertate
in riferimento a una futura utilizzazione della pronuncia in sede di riparazione per ingiusta detenzione dovrà essere oggetto
di una specifica e motivata deduzione, idonea ad evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dalla omissione della pronuncia medesima.
Considerato poi che la domanda di riparazione – come si evince dal coordinato disposto dell’art. 315, comma 3, cod. proc. pen. e dell’art. 645, comma 1, cod.
proc. pen. – è atto riservato personalmente alla parte, occorre che l’intenzione della sua futura presentazione sia con certezza riconducibile alla sua volontà» (Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, COGNOME, Rv. 249002).
Nel caso in esame, in mancanza di una specifica e personale deduzione di un simile interesse alla decisione e in presenza di una misura cautelare non più attuale, il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.