Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30687 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30687 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del Tribunale di Trieste del 2.1.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2.1.2024 il Tribunale di Trieste ha accolto l’appello che era stato proposto dal PM contro il provvedimento con il quale il GIP con cui
NOME COGNOME, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, era stato autorizzato a svolgere attività lavorativa e, pertanto, ad allontanarsi quotidianamente dalla propria abitazione comunicando all’autorità preposta al controllo l’orario di lavoro ed il cantiere nel quale si recherà; di conseguenza ha annullato il provvedimento appellato;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia che lamenta:
2.1 violazione di legge per mancanza assoluta di motivazione su un punto decisivo: rileva che, contrariamente a quanto scritto nell’ordinanza impugnata, la difesa non si era affatto limitata ad insistere sul rigetto dell’appello avendone anche eccepito l’inammissibilità del gravame che, pur formalmente investendo il provvedimento del 13.12.2023, in realtà aveva piuttosto riguardato l’ordinanza del 29.11.2023, mai tempestivamente impugnata e su cui, pertanto, si era formato il c.d. giudicato cautelare;
2.2 violazione dell’art. 310 cod. proc. pen. con riguardo all’effetto devolutivo dell’appello cautelare: ribadisce che con la memoria difensiva, la difesa aveva messo in guardia il Tribunale dal pericolo di esorbitare dai termini in cui la questione era stata devoluta e che, riguardando la adeguatezza della misura ovvero dei suoi termini applicativi, non consentiva di rivalutare la gravità indiziaria e la intensità delle esigenze cautelari;
2.3 omessa valutazione di prove; omessa valutazione della documentazione già acquisita: rileva che il provvedimento impugnato non ha fatto alcun cenno alla documentazione prodotta in allegato alla memoria difensiva tempestivamente prodotta;
2.4 inosservanza ovvero erronea applicazione della legge penale o di altre con riguardo all’art. 284, comma terzo, cod. proc. pen.: richiama la documentazione già in atti tra cui, in particolare, lo stato di famiglia del COGNOME lavoratore autonomo e, perciò, sprovvisto delle tutele proprie del lavoro subordinato – che rafforza la diagnosi di assoluta indigenza conseguente al fatto che egli vive da solo non potendo perciò contare su familiari o altri conviventi con autonome fonti di reddito;
2.5 vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari: ribadisce che l’appello del PM contro il provvedimento che autorizza l’indagato ad allontanarsi dal luogo degli AA.DD. per svolgere attività lavorativa rimette al giudice del gravame cautelare il solo apprezzamento sul punto e non già sulle esigenze cautelari già apprezzate e stimate suscettibili di essere salvaguardate e perseguite con il ricorso alla misura extramuraria;
2.6 contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla prescrizione del braccialetto elettronico: segnala l’inadeguatezza della motivazione laddove il giudice dell’appello cautelare ha sottolineato la presunta contraddittorietà tra l’autorizzazione all’allontanamento dal domicilio e la imposizione dell’utilizzo del “braccialetto elettronico” che, invero, depone nel senso del rafforzamento del controllo sul prevenuto e della tutela delle esigenze cautelari;
La Procura Generale aveva trasmesso la propria requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso;
la difesa, in data 30.5.2024, ha trasmesso dichiarazione di rinuncia al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
In data 30.5.2024 il difensore del COGNOME ha trasmesso una dichiarazione di rinuncia al ricorso motivata dalla circostanza secondo cui, nelle more, la misura degli arresti domiciliari era stata revocata.
Vero che la rinuncia è stata sottoscritta dal solo difensore e che non risulta allegata la pur richiamata procura speciale, presupposto indispensabile di efficacia dell’atto abdicativo riferibile all’imputato (cfr., per tutte Sez. U, Sentenza n. 12603 del 24/11/2015, Celso, Rv. 266244).
E, tuttavia, è la stessa difesa che deduce l’intervenuta revoca della misura custodiale applicata al ricorrente, invero effettivamente intervenuta, come segnalato nella nota dei CC della Stazione di Lambiate e risultante dall’allegato provvedimento, pervenuti in data 16.5.2024.
Ne deriva il sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente all’ottenimento di una pronuncia da parte di questa Corte.
L’inammissibilità del ricorso dovuta al sopravvenuto difetto di interesse alla pronuncia esclude, peraltro, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre che, in ogni caso, dell’ammenda di cui all’art. 616 cod. proc. pen. (cfr., da ultimo, Sez. U, n. 11803 del 27.2.2020, COGNOME che ha richiamato, a tal proposito, Sez. U, n. 7 del 25.6.1997, COGNOME, massimata nel senso che “qualora il venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla sua GLYPH proposizione, alla dichiarazione di
inammissibilità non consegue la condanna del ricorrente né alle spese del procedimento, né al pagamento della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende” e che, a sua volta, aveva fatto riferimento, sul punto, a Cass. SS.UU., 24.3.1995 n. 10, Meli).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Così deciso in Roma, il 12.6.2024