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Carenza di interesse: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un sequestro preventivo a causa della sopravvenuta carenza di interesse, poiché i beni erano stati restituiti. La Corte ha chiarito che, in tali circostanze, il ricorrente non è tenuto al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Carenza di Interesse: Quando un Ricorso Diventa Inutile e Chi Paga le Spese?

L’esito di un procedimento giudiziario può essere influenzato da eventi che si verificano dopo la sua instaurazione. Uno di questi è la sopravvenuta carenza di interesse, una situazione in cui la parte che ha promosso l’azione non ha più alcun vantaggio pratico da ottenere da una decisione del giudice. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30366/2024, offre un chiaro esempio di questo principio, stabilendo importanti conseguenze anche in materia di spese processuali.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Modena. L’indagato, ritenendo il provvedimento illegittimo, presenta una richiesta di riesame, che viene però rigettata dal Tribunale. A questo punto, l’indagato decide di giocare l’ultima carta, proponendo ricorso per cassazione e lamentando la violazione di diverse norme di legge.

Tuttavia, mentre il ricorso è pendente, si verifica un fatto nuovo e decisivo: i beni sequestrati vengono restituiti all’avente diritto e il decreto penale di condanna passa in giudicato. Di conseguenza, l’indagato, tramite il suo difensore, deposita una memoria con cui rinuncia formalmente al ricorso, non avendo più interesse a una pronuncia sul sequestro.

La Decisione della Corte sulla Carenza di Interesse

La Suprema Corte, presa in esame la rinuncia e le circostanze del caso, dichiara il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’interesse ad agire, e quindi a impugnare, deve sussistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma per tutta la durata del processo.

Nel caso specifico, l’obiettivo principale del ricorso era ottenere il dissequestro dei beni. Una volta che tale risultato è stato raggiunto attraverso la restituzione, è venuto meno lo scopo stesso dell’impugnazione. Proseguire il giudizio sarebbe stato un esercizio puramente teorico, privo di qualsiasi utilità concreta per il ricorrente. La Corte, quindi, non entra nel merito dei motivi di ricorso, ma si ferma a una valutazione preliminare, dichiarando l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

Le Motivazioni

Il cuore della sentenza risiede nella motivazione con cui la Corte affronta due aspetti fondamentali.

In primo luogo, si ribadisce che la richiesta di riesame o il ricorso per cassazione contro un sequestro diventano inammissibili se, nel frattempo, la cosa sequestrata è stata restituita. Il risultato tipico dell’impugnazione (il dissequestro) è già stato conseguito, rendendo superflua una pronuncia del giudice.

In secondo luogo, e con importanti implicazioni pratiche, la Corte stabilisce che alla dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse non consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma alla cassa delle ammende. Questo si basa su un principio affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione: in questi casi, non si configura una vera e propria soccombenza, neppure virtuale. Il processo si estingue per una causa esterna, non perché una delle parti ha avuto torto. Pertanto, sarebbe ingiusto addebitare le spese a chi, semplicemente, ha visto esaurirsi il motivo del contendere.

Conclusioni

La sentenza n. 30366/2024 della Corte di Cassazione offre due importanti insegnamenti. Da un lato, conferma che l’interesse a proseguire un’azione legale deve essere concreto e attuale in ogni fase del procedimento. Se l’obiettivo viene raggiunto per altre vie, l’impugnazione perde la sua ragion d’essere. Dall’altro, delinea un’importante eccezione alla regola generale secondo cui chi perde paga le spese: quando l’epilogo del processo è determinato da una carenza di interesse sopravvenuta, non c’è né un vincitore né un vinto, e di conseguenza nessuna condanna alle spese può essere emessa a carico del ricorrente.

Quando un ricorso per cassazione diventa inammissibile per carenza di interesse?
Un ricorso diventa inammissibile per carenza di interesse quando il risultato pratico che il ricorrente voleva ottenere con l’impugnazione è già stato raggiunto per altre vie, rendendo la decisione della Corte priva di qualsiasi utilità concreta. Ad esempio, nel caso di un ricorso contro un sequestro, la restituzione dei beni fa venire meno l’interesse.

Se un ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse, il ricorrente deve pagare le spese processuali?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, la dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né di sanzioni pecuniarie. Questo perché non si configura un’ipotesi di soccombenza (sconfitta) della parte ricorrente.

Cosa succede se i beni sequestrati vengono restituiti mentre è in corso un ricorso contro il sequestro?
La restituzione dei beni sequestrati fa venire meno lo scopo del ricorso, che era quello di ottenerne il dissequestro. Di conseguenza, il ricorso viene dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché il suo obiettivo è già stato conseguito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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