Carenza di Interesse: Quando un Ricorso Perde la Sua Ragione d’Essere?
Il principio dell’interesse ad agire è un cardine del nostro sistema processuale: non si può attivare la macchina della giustizia senza un motivo valido e un vantaggio pratico da ottenere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come questo principio si applichi anche in materia di misure cautelari, introducendo il concetto di carenza di interesse sopravvenuta. Quando un evento modifica la situazione a favore dell’imputato, il suo ricorso, sebbene inizialmente fondato, può diventare inammissibile. Analizziamo insieme questo caso emblematico.
I Fatti del Caso
Un giovane uomo veniva arrestato in flagranza per un reato legato agli stupefacenti, specificamente per un’ipotesi di lieve entità. A seguito della convalida dell’arresto, il Tribunale di Livorno gli applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari. L’indagato, ritenendo la misura eccessiva e la motivazione carente, proponeva ricorso per cassazione, lamentando due violazioni principali:
1. Errata valutazione delle esigenze cautelari: La difesa sosteneva che il giudice non avesse considerato adeguatamente la personalità dell’indagato, il suo ruolo marginale nella vicenda (non era alla guida del veicolo), il suo status di persona incensurata e il suo inserimento sociale (sposato con una cittadina italiana, con una stabile residenza e un reddito familiare).
2. Mancata considerazione di misure alternative: Si contestava l’omessa valutazione sulla possibilità di ottenere, in futuro, la sospensione condizionale della pena, un fattore che, secondo la legge, deve orientare il giudice verso misure meno afflittive degli arresti domiciliari.
La Svolta Processuale e la Carenza di Interesse Sopravvenuta
Il punto di svolta del procedimento non è avvenuto in Cassazione, ma davanti al Tribunale di merito. Mentre il ricorso era pendente, con un provvedimento del 6 marzo 2024, il Tribunale di Livorno ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con una molto più blanda: l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Questo cambiamento si è rivelato decisivo. Sia il Procuratore generale che lo stesso difensore del ricorrente, in una memoria successiva, hanno concluso per la carenza di interesse a proseguire il giudizio. La situazione che aveva originato il ricorso – lo stato di detenzione domiciliare – non esisteva più. L’obiettivo primario dell’impugnazione, ovvero la rimozione di una misura detentiva, era stato di fatto già raggiunto per altra via.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha accolto questa prospettiva e ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno richiamato un principio consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite: la facoltà di impugnare è subordinata all’esistenza di una situazione giuridica lesiva e alla possibilità di ottenere un ‘risultato vantaggioso’ dalla riforma o dall’annullamento della decisione contestata.
Nel caso specifico, al momento della presentazione del ricorso, l’interesse dell’indagato era evidente: ottenere la libertà dagli arresti domiciliari. Tuttavia, alla data della decisione della Cassazione, la misura detentiva era già stata sostituita con una non detentiva. Di conseguenza, una eventuale sentenza di accoglimento del ricorso non avrebbe prodotto alcun vantaggio pratico per il ricorrente, poiché il ‘male’ che si voleva curare era già stato rimosso.
È interessante notare che la Corte non ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Questo perché, al momento iniziale del deposito del ricorso, l’interesse era pienamente sussistente. La carenza di interesse è ‘sopravvenuta’ solo in un secondo momento, per un fatto esterno al giudizio di legittimità.
Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale di economia processuale: i giudizi devono servire a risolvere controversie reali e attuali. Se, nel corso del tempo, la situazione di fatto si evolve in modo da soddisfare le pretese dell’impugnante, il processo perde la sua funzione. Per gli avvocati e i loro assistiti, questo significa che è cruciale monitorare costantemente l’evoluzione del procedimento di merito, poiché un provvedimento favorevole può rendere superfluo e quindi inammissibile un ricorso pendente in Cassazione. La decisione evidenzia come il diritto non sia un esercizio astratto, ma uno strumento per ottenere risultati concreti e vantaggiosi.
Cosa significa ‘sopravvenuta carenza di interesse’ in un ricorso?
Significa che, dopo la presentazione del ricorso, si è verificato un evento che ha eliminato il pregiudizio che l’impugnazione mirava a rimuovere. Di conseguenza, il ricorrente non ha più un vantaggio pratico e concreto da ottenere da una decisione a suo favore.
Perché la sostituzione degli arresti domiciliari ha reso il ricorso inammissibile?
Perché l’obiettivo del ricorso era eliminare lo stato di detenzione domiciliare. Una volta che tale misura è stata sostituita con una non detentiva (l’obbligo di firma), l’interesse a contestare l’ordinanza originaria è venuto meno, poiché il risultato pratico desiderato era già stato conseguito.
In caso di inammissibilità per carenza di interesse, si viene condannati a pagare le spese?
Non necessariamente. Come in questo caso, se l’interesse a ricorrere esisteva al momento della presentazione dell’impugnazione ed è venuto meno solo successivamente, la Corte può decidere di non condannare il ricorrente al pagamento delle spese e delle sanzioni.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25799 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25799 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso per sopravvenuta carenza di interesse;
letta la memoria del difensore, che ha concluso per la sopravvenuta carenza di interesse.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice del riesame in materia di misure cautelari personali, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha confermato il provvedimento con il quale il 19/01/2024 il Tribunale di Livorno aveva applicato nei confronti di NOME, all’esito della convalida dell’arresto in flagranza, la misura cautelare degli arresti domiciliari avendo ravvisato gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 commesso in Livorno il 17 gennaio 2024.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando l’ordinanza, con il primo motivo, per inosservanza ed erronea applicazione di legge penale nonché difetto di motivazione o contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla valutazione circa la sussistenza di esigenze cautelari, in violazione della norma di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., nonché in relazione alla mancata valutazione degli elementi forniti dalla difesa in violazione della norma di cui all’art. 292, comma 2 lett. c -bis), cod. proc. pen. Secondo la difesa, il Tribunale ha trascurato di valutare la personalità dell’indagato alla luce del fatto che non fosse alla guida del veicolo sul quale era trasportata la sostanza stupefacente e che è stato tratto in arresto per l’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, T.U. RAGIONE_SOCIALE Il Tribunale ha trascurato di prendere in esame gli ulteriori elementi forniti dalla difesa, ossia che NOME COGNOME è sposato con cittadina italiana, che entrambi vivono in un immobile sito in Collesalvetti e che la moglie dello COGNOME svolge attività lavorativa da cui percepisce redditi destinati al nucleo familiare.
Con il secondo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione alla scelta della misura cautelare, in violazione della norma di cui all’art. 275, comma 2 -bis, cod. proc. pen. Nell’ordinanza è omessa ogni valutazione in ordine all’effettiva possibilità che con la sentenza di merito l’indagato possa ottenere la sospensione condizionale della pena sia perché è stato tratto in arresto per la violazione dell’ipotesi attenuata di cui al comma 5 dell’art. 73 RAGIONE_SOCIALE sia perché si tratta di persona incensurata, per cui sarebbe stato necessario verificare la futura concedibilità della sospensione condizionale della pena.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria e documenti attestanti l’intervenuta sostituzione della TARGA_VEICOLO misura cautelare concludendo per la sopravvenuta carenza di interesse.
Risulta dagli atti che con provvedimento in data 6 marzo 2024 il Tribunale monocratico di Livorno ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
È, dunque, sopravvenuta la carenza di interesse del ricorrente. Giova ricordare, in proposito, che la facoltà di attivare i procedimenti di impugnazione è «subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulti idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante e l’eliminazione o la riforma della decisione gravata renda possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso» (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, Massaria, Rv. 275953; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, COGNOME, Rv.202269). Situazione che, pur sussistente alla data di deposito del ricorso, è venuta meno alla data di sostituzione della misura detentiva con misura cautelare non detentiva.
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, senza alcuna condanna al pagamento di spese e sanzioni in ragione della sussistenza dell’interesse al momento della presentazione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Così deciso il 29 maggio 2024
Il Consigliere estensore