Carenza di Interesse: Quando un Ricorso in Cassazione Perde di Significato
La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 6 Penale, n. 37740/2025, offre un chiaro esempio di come le vicende procedurali possano incidere sull’esito di un giudizio. Il caso in esame illustra perfettamente il concetto di carenza di interesse, una circostanza che può portare alla dichiarazione di inammissibilità di un ricorso, con importanti conseguenze anche sulle spese processuali.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Lecce che confermava una misura cautelare di arresti domiciliari nei confronti di un individuo, gravemente indiziato per il reato di corruzione propria. L’indagato, ritenendo ingiusto il provvedimento, decideva di presentare ricorso per cassazione al fine di ottenerne l’annullamento.
Tuttavia, durante il periodo di pendenza del ricorso, la situazione processuale dell’indagato subiva una significativa evoluzione. La misura degli arresti domiciliari veniva prima sostituita con una meno afflittiva, ovvero l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, e successivamente revocata del tutto.
La Rinuncia al Ricorso e la Carenza di Interesse
A fronte di questo mutamento, l’indagato, tramite un atto sottoscritto personalmente, presentava formale rinuncia al ricorso. La ragione di tale scelta era evidente: venuta meno la misura cautelare che aveva dato origine all’impugnazione, non sussisteva più alcun interesse concreto e attuale ad ottenere una pronuncia dalla Corte di Cassazione. È proprio in questo contesto che emerge il principio della carenza di interesse sopravvenuta.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte, prendendo atto della rinuncia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione della decisione si fonda su una logica processuale stringente. Il processo, infatti, non può essere una mera disquisizione teorica su principi di diritto, ma deve rispondere a un’esigenza concreta di tutela di un interesse giuridicamente rilevante.
Nel momento in cui l’esigenza di tutela viene meno – in questo caso, la revoca della misura restrittiva – il ricorso perde la sua ragion d’essere. La Corte ha stabilito che, per effetto della rinuncia e delle ragioni ad essa sottostanti, si è verificata una carenza di interesse sopravvenuta che impedisce di esaminare il merito della questione. Un aspetto di notevole importanza pratica della pronuncia riguarda le spese processuali. Generalmente, la parte che presenta un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese. In questo specifico caso, però, la Corte ha deciso di non procedere a tale condanna, proprio in considerazione del fatto che l’inammissibilità derivava da una rinuncia motivata dalla cessazione della materia del contendere.
Conclusioni
La sentenza analizzata ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: l’interesse ad agire e a impugnare deve sussistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma per tutta la durata del giudizio. Se, come nel caso di specie, gli sviluppi procedurali fanno venir meno il motivo stesso del contendere, la prosecuzione del giudizio diventa superflua. La decisione di rinunciare all’impugnazione si rivela quindi una scelta strategicamente corretta, che porta a una declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse e può evitare all’imputato anche la condanna al pagamento delle spese del procedimento.
Cosa succede quando viene revocata la misura cautelare mentre è pendente un ricorso in Cassazione contro di essa?
Se la misura cautelare viene revocata, l’indagato perde l’interesse concreto a ottenere una decisione sul ricorso, poiché il pregiudizio che voleva rimuovere non esiste più. Questo può portare alla rinuncia e alla conseguente dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile per carenza di interesse?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’indagato ha rinunciato all’impugnazione dopo che la misura cautelare a suo carico era stata revocata. Di conseguenza, non aveva più alcun vantaggio pratico da ottenere da una sentenza della Corte.
In caso di inammissibilità per rinuncia dovuta a carenza di interesse, il ricorrente deve pagare le spese processuali?
No. In questo specifico caso, la Corte di Cassazione ha stabilito che, data la rinuncia motivata dalla sopravvenuta carenza di interesse, il ricorrente non doveva essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37740 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37740 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Maglie il DATA_NASCITA: avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Lecce il visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME; sentito il Sostituto Procuratore generale, dottAVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
1.11 Tribunale di Lecce ha confermato l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliar nei confronti di NOME, ritenuto gravemente indiziato del reato di corruzione propria.
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato articolando plurimi motivi.
In data 18/09/2025 è pervenuta rinuncia al ricorso, sottoscritta personalmente dall’indagato, per essere stata revocata la misura dell’obbligo di presentazione che, nel frattempo, aveva sostituito quella degli arresti domiciliari (cfr. ordinanza prodotta);
Per effetto della rinuncia e delle ragioni ad essa sottostanti il ricorso deve esse dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse senza condanna del ricorrente alle spese del procedimento;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravenuta carenza di interesse. Così deciso in Roma, il 18 settembre 2025.