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Carenza di interesse: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. La decisione si basa sulla sopravvenuta carenza di interesse, poiché nel frattempo la misura era stata sostituita con gli arresti domiciliari. La Corte ha inoltre stabilito che, in questi casi, il ricorrente non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Carenza di Interesse: Quando un Ricorso in Cassazione Diventa Inammissibile

Nel complesso mondo della procedura penale, l’impugnazione di una misura cautelare rappresenta un momento cruciale per la difesa. Tuttavia, cosa accade se, mentre il ricorso è pendente, la misura stessa viene modificata? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3040/2024, affronta proprio questo scenario, chiarendo il concetto di carenza di interesse e le sue importanti conseguenze sulle spese processuali.

I Fatti del Caso

Un individuo, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990), presentava ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli che aveva confermato tale misura. Il ricorso era basato sulla presunta violazione dell’art. 274 del codice di procedura penale, contestando la sussistenza del pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio.

Il colpo di scena avveniva durante la pendenza del giudizio di legittimità: con un provvedimento successivo, la misura della custodia in carcere veniva sostituita con quella, meno afflittiva, degli arresti domiciliari. A seguito di questa modifica, la stessa difesa dell’indagato evidenziava come fosse venuto meno l’interesse a proseguire con il ricorso, il cui scopo originario era proprio quello di ottenere la revoca o la sostituzione della detenzione in carcere.

La Decisione della Cassazione sulla Carenza di Interesse

La Suprema Corte ha accolto l’argomentazione della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: l’impugnazione di un provvedimento cautelare presuppone la sua perdurante efficacia. Se l’ordinanza originaria viene annullata o, come in questo caso, sostituita, viene meno l’oggetto stesso del contendere.

Il ricorso, pertanto, perde la sua funzione pratica. L’unico caso in cui l’interesse potrebbe sopravvivere è qualora l’indagato manifesti espressamente la volontà di ottenere una pronuncia favorevole per poter poi richiedere una riparazione per ingiusta detenzione. In assenza di tale specifica e motivata richiesta, il venir meno della misura originaria determina automaticamente l’inammissibilità dell’impugnazione.

Le Motivazioni: Nessuna Condanna alle Spese Processuali

L’aspetto più significativo della sentenza risiede nelle motivazioni relative alle spese processuali. Di norma, una declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese. Tuttavia, la Corte ha applicato un importante principio elaborato dalle Sezioni Unite.

Quando la carenza di interesse si manifesta dopo la proposizione del ricorso, non si può parlare di soccombenza, neppure “virtuale”. L’inammissibilità non deriva da un vizio originario dell’atto di impugnazione, che al momento della sua presentazione era pienamente legittimo, ma da un evento successivo e indipendente dalla volontà del ricorrente. Di conseguenza, sarebbe ingiusto addebitare a quest’ultimo i costi di un procedimento divenuto inutile per cause sopravvenute. Per questo motivo, la Corte non ha disposto alcuna condanna al pagamento delle spese del procedimento né di una somma a favore della cassa delle ammende.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre due importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che un’attenuazione della misura cautelare durante la pendenza di un ricorso in Cassazione può neutralizzare l’impugnazione, rendendola inammissibile. In secondo luogo, e in modo ancora più rilevante, stabilisce una tutela per il ricorrente: l’inammissibilità per cause sopravvenute non comporta sanzioni economiche. Questo principio garantisce che l’indagato non sia penalizzato per aver esercitato un suo diritto, quando sono eventi successivi a rendere superfluo il giudizio.

Perché un ricorso contro una misura cautelare può diventare inammissibile?
Un ricorso può diventare inammissibile per “sopravvenuta carenza di interesse”. Ciò accade quando la misura cautelare originaria (es. custodia in carcere) viene revocata o sostituita con una meno grave (es. arresti domiciliari) mentre il ricorso è ancora pendente, facendo venir meno lo scopo pratico dell’impugnazione.

Se il ricorso è dichiarato inammissibile per carenza di interesse, il ricorrente deve pagare le spese processuali?
No. Secondo la sentenza, se la carenza di interesse si verifica dopo la presentazione del ricorso, non consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento né di sanzioni pecuniarie. Questo perché l’inammissibilità non deriva da un errore iniziale del ricorrente, ma da un evento successivo.

Esiste un caso in cui si può mantenere l’interesse a una decisione anche se la misura cautelare è cambiata?
Sì, l’interesse a una decisione potrebbe persistere se il ricorrente lo manifesta espressamente e lo motiva, dichiarando di volersi avvalere di un’eventuale pronuncia favorevole per una futura richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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