Ricorso in Cassazione: quando la carenza di interesse lo rende inammissibile
Nel diritto processuale, l’interesse ad agire è un presupposto fondamentale. Ma cosa succede se questo interesse svanisce dopo che il ricorso è già stato presentato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di carenza di interesse sopravvenuta, spiegando perché in questi casi il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e quali siano le conseguenze per il ricorrente in termini di spese.
I Fatti del Caso
Un soggetto, detenuto presso un istituto penitenziario, presentava ricorso alla Corte di Cassazione avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza. L’oggetto del contendere riguardava le modalità di esecuzione della sua pena. Tuttavia, mentre il ricorso era in attesa di essere discusso, si verificava un evento decisivo: il ricorrente veniva scarcerato e ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
Questo cambiamento radicale della sua condizione ha posto le basi per la decisione della Suprema Corte.
La Decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione non risiede in un errore formale dell’atto o in un’infondatezza delle richieste, ma nel fatto che, con l’ammissione all’affidamento in prova, il ricorrente non aveva più alcun interesse concreto e attuale a ottenere una pronuncia sull’ordinanza impugnata. La sua situazione di fatto era mutata in meglio, rendendo superflua la decisione della Corte sul punto originario della controversia.
Le Motivazioni: la sopravvenuta carenza di interesse
Il cuore della decisione si fonda sul principio della sopravvenuta carenza di interesse. La Corte ha rilevato che la scarcerazione del ricorrente, avvenuta il 24 giugno 2025, e la sua contestuale ammissione a una misura alternativa hanno di fatto esaurito la sua pretesa. In altre parole, l’obiettivo che egli si prefiggeva con il ricorso è stato raggiunto per altra via, rendendo inutile una pronuncia nel merito da parte dei giudici.
Un aspetto di particolare rilievo, sottolineato dalla Corte, riguarda le conseguenze di questa specifica forma di inammissibilità. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, i giudici hanno chiarito che, quando l’inammissibilità deriva da una carenza di interesse manifestatasi dopo la proposizione del ricorso e non per cause imputabili a una negligenza del ricorrente (come quelle previste dagli articoli 591 e 606 del codice di procedura penale), non si deve procedere alla condanna al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non deve essere applicata nemmeno la sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: implicazioni pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale di economia processuale e di giustizia sostanziale. Un processo non può continuare se il suo esito è diventato irrilevante per la parte che lo ha promosso. La decisione ha importanti implicazioni pratiche:
1. Economia Processuale: Si evita di impegnare le risorse della giustizia per questioni che non hanno più una reale utilità per le parti.
2. Tutela del Ricorrente: Si riconosce che il venir meno dell’interesse non è dovuto a una sua colpa. Di conseguenza, egli non subisce le conseguenze economiche (spese e sanzioni) che normalmente sono associate a una declaratoria di inammissibilità per altre cause.
In sintesi, la pronuncia conferma che il sistema giudiziario deve sempre valutare l’esistenza di un interesse concreto e attuale alla decisione, non solo al momento dell’avvio dell’azione, but per tutta la sua durata.
Cosa significa ‘sopravvenuta carenza di interesse’ in un processo penale?
Significa che, dopo aver presentato un ricorso, si verifica un evento che soddisfa la richiesta del ricorrente o rende la decisione del giudice non più necessaria o utile. Nel caso specifico, la scarcerazione e l’ammissione a una misura alternativa hanno fatto venir meno l’interesse a una decisione sull’ordinanza impugnata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, a seguito della sua scarcerazione e ammissione all’affidamento in prova, il ricorrente non aveva più un interesse giuridicamente rilevante a che la Corte di Cassazione si pronunciasse sulla questione originaria, che era ormai superata dai fatti.
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per carenza di interesse, il ricorrente deve pagare le spese processuali?
No. Secondo la giurisprudenza costante citata nell’ordinanza, se la carenza di interesse si manifesta dopo la presentazione del ricorso e per cause non imputabili al ricorrente, non consegue la condanna al pagamento delle spese del procedimento né al versamento di una sanzione alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33449 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33449 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 05/10/1995
avverso l’ordinanza del 06/05/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso di NOME COGNOME e l’ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse dato che il ricorrente, il giorno 24 giugno 2025 (quindi dopo l proposizione del ricorso), è stato scarcerato dall’istituto penitenziario di Vibo Valenti quanto ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova (vedi certificazione DAP, in atti);
Considerato poi che non devono essere emanati provvedimenti accessori di condanna, in adesione alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, qualora il venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla sua proposizione, alla dichiarazione di inammissibilità indipendente dalle cause previste dagli artt. 591, comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen, non consegue la condanna del ricorrente né alle spese del procedimento, né al pagamento della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende (Sez. U, n. 20 del 09/10/1996, COGNOME, Rv. 206168; Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME, Rv. 208166; Sez. 6, n. 22747 del 06/03/2003, Rv. 226009; Sez. 2, n. 30669 del 17/05/2006, Rv. 234859);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Così deciso in Roma, il 25 settembre 2025.