Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46011 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46011 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 27/11/2024
R.G.N. 32505/2024
EVA TOSCANI
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME NOME nato a Vibo Valentia il 03/03/1980
avverso l’ordinanza del 14/08/2024 del Tribunale del Riesame di Milano udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza n. 765/2024 R.G., emessa in data 14 agosto 2024, il Tribunale del riesame di Milano ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME contro l’ordinanza n. 385/24 R.G., emessa in data 25 luglio 2024, con cui la Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile la sua richiesta di dichiarare la cessazione della misura della custodia cautelare per decorso del termine di fase.
L’istante era sottoposto alla custodia cautelare in carcere dal 07/12/2021 per i delitti di cui agli artt. 416bis cod. pen., 74, commi 1 e 2, e 73 d.P.R. n. 309/1990, ed era stato condannato, con sentenza emessa dal Tribunale di Como in data 27 aprile 2023, alla pena di sette anni e sei mesi di reclusione, con motivazione riservata a 90 giorni e contestuale sospensione dei termini di custodia cautelare. Il termine per il deposito della motivazione della sentenza era stato poi prorogato di ulteriori 90 giorni e la Corte di appello di Milano, in data 23 luglio 2024, aveva rigettato la richiesta di dichiarare cessato il termine di fase alla data del 24/07/2024, indicata dall’istante, in virtø di tale proroga. Tale provvedimento Ł stato oggetto di separato appello, esaminato dalla Corte di appello di Milano nel procedimento n. 746/24 R.G.
Il COGNOME aveva presentato alla Corte di appello di Milano una nuova istanza, denominata
‘atto di rinnovazione dell’istanza di cessazione della misura ex art. 303 e 304 c.p.p.’, ed essa era stata dichiarata inammissibile, in data 25 luglio 2024, perchØ identica a quella già presentata e che era stata respinta, con l’ordinanza emessa il 23 luglio 2024, asseritamente perchØ il termine di scadenza della misura era stato prorogato, con tale provvedimento, di ulteriori 90 giorni.
Il Tribunale ha ritenuto infondato l’appello, relativo in realtà ad entrambe le istanze, con il quale l’istante ha sostenuto la mancanza di un valido provvedimento di proroga del termine, sia nell’ordinanza che prorogava di 90 giorni il termine di custodia, perchØ emessa il 25 luglio 2024 e perciò tardiva, sia nell’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Milano in data 23 luglio 2024, perchØ in essa non era menzionato l’art. 304 cod. proc. pen.. Secondo il Tribunale, infatti, il provvedimento emesso in data 23 luglio 2024, che dichiarava la scadenza del termine di custodia per il 24/10/2024, di fatto indicava la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 304, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., cioŁ la sospensione del decorso del termine di fase per la pendenza del termine per il deposito della motivazione della sentenza, sufficiente in quanto una simile ordinanza non soggiace ad alcuno specifico obbligo motivazionale.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., desumibile dal corpo delle due ordinanze, quella emessa il 23 luglio 2024 e quella emessa il 25 luglio 2024
Il Tribunale di Como, in data 24 aprile 2023, aveva disposto la sospensione del decorso del termine di carcerazione per 90 giorni, contestualmente alla fissazione di analogo termine per il deposito della motivazione. In seguito il presidente del Tribunale aveva prorogato quest’ultimo termine di altri 90 giorni, senza nulla disporre in merito ad una eventuale proroga del temine di fase della misura cautelare, per cui questo scadeva in data 24/07/2024, decorsi i 90 giorni di sospensione stabiliti dal Tribunale di Como. Secondo il ricorrente, infatti, sarebbe stato necessario emettere un ulteriore esplicito provvedimento per prolungare la sospensione del decorso dei termini di custodia. La Corte di appello di Milano, in data 23 luglio 2024, ha rigettato la richiesta di dichiarare cessato il termine di fase solo affermando che il termine per il deposito della motivazione era stato prorogato di ulteriori 90 giorni, e non ha menzionato l’art. 304, comma 1, cod. proc. pen., con la conseguenza che l’ulteriore sospensione del decorso del termine di custodia, già non disposta dal presidente del Tribunale di Como, non Ł stata adottata neppure dalla Corte di appello. Solo in data 25 luglio 2024, quando detto termine era ormai spirato, la Corte di appello ha inserito, nella nuova ordinanza di rigetto dell’istanza di scarcerazione, il richiamo all’art. 304, comma 1, cod. proc. pen., e quindi solo in tale data, ma ormai tardivamente, Ł stata disposta l’ulteriore sospensione, ai sensi di detta norma.
L’ordinanza n. 765/2024 R.G. emessa dal Tribunale del riesame, qui impugnata, Ł manifestamente illogica, perchØ ha attribuito al provvedimento emesso in data 23 luglio 2024 un significato inesistente, andando oltre al suo contenuto lessicale e fornendone una interpretazione fantasiosa, ed anzi il fatto che la Corte di appello abbia avvertito la necessità di affermare, con il provvedimento emesso il 25 luglio 2024, di avere proceduto alla ulteriore sospensione del decorso del termine di custodia dimostra che essa era consapevole di non averlo fatto con il provvedimento precedente, quello emesso il 23 luglio 2024.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso denuncia l’illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui, di fatto, sospende il decorso del termine di custodia.
Il Tribunale del riesame non motiva in alcun modo la dichiarata sospensione del termine, e la sua affermazione, secondo cui tale sospensione si collega alla proroga del termine per il deposito
della motivazione, Ł illegittima, perchØ tale collegamento non Ł indicato in alcuna delle due ordinanze impugnate.
Con atto depositato in data 18/11/2024 il ricorrente ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione, dal momento che il ricorso da lui proposto avverso la diversa ordinanza che aveva respinto il suo appello contro l’ordinanza emessa in data 23 luglio 2024 dalla Corte di appello Ł stato accolto dalla Corte di cassazione, che in data 15 novembre 2024, con sentenza la cui motivazione non Ł stata ancora depositata, ha disposto l’annullamento del provvedimento e la scarcerazione del ricorrente stesso, per l’intervenuto decorso del termine di fase della misura cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la sopravvenuta carenza di interesse alla sua trattazione.
Lo stesso ricorrente ha precisato, con l’atto depositato in data 18/11/2024, che nel frattempo la Corte di cassazione, in accoglimento di un altro suo ricorso, ha annullato l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Milano in data 23 luglio 2024, la cui richiesta di annullamento era stata dichiarata inammissibile con l’ordinanza emessa in data 25 luglio 2024. Il motivo prospettato anche nella presente impugnazione, pertanto, Ł stato di fatto accolto, valutando errata tale ordinanza, e quindi disattendendo la diversa conclusione espressa nell’ordinanza emessa il 25 luglio 2024, oggetto dell’atto di appello qui impugnato. Tale circostanza fa venire meno l’interesse del ricorrente ad una decisione nel presente procedimento, avendo egli già ottenuto una pronuncia definitiva, di accoglimento del proprio ricorso, sulla medesima questione qui di fatto proposta.
La declaratoria di inammissibilità per la causa indicata esclude la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione prevista dall’art. 616 cod.proc.pen., trattandosi di una carenza di interesse sopravvenuta, non imputabile a sua colpa. Questa Corte ha infatti stabilito che «In tema di impugnazioni, l’inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile al ricorrente comporta che quest’ultimo non possa essere condannato nØ al pagamento delle spese processuali, nØ al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un’ipotesi di soccombenza» (Sez. 4, n. 45618 del 11/11/2021, Rv. 282549).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse
Così Ł deciso, 27/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME