Inammissibilità del Ricorso per Sopravvenuta Carenza di Interesse
Il principio dell’interesse ad agire, o a impugnare, è un pilastro del nostro ordinamento processuale. Un ricorso, per essere esaminato nel merito, deve perseguire un’utilità concreta per chi lo propone. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina perfettamente questo concetto, chiarendo cosa accade quando tale utilità viene meno nel corso del giudizio, portando a una dichiarazione di inammissibilità per carenza di interesse. Il caso analizzato riguarda un detenuto che, dopo aver impugnato un provvedimento, ha terminato di scontare la sua pena, rendendo di fatto inutile una decisione sul suo ricorso.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Con tale provvedimento, era stata rigettata la sua richiesta di essere ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
Mentre il ricorso per cassazione era pendente, si è verificato un evento decisivo: il ricorrente ha completato l’espiazione della sua pena detentiva. Come certificato dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, l’uomo è stato scarcerato in una data antecedente a quella fissata per l’udienza in Cassazione. Questo fatto ha cambiato radicalmente le carte in tavola, spostando il focus della questione da un esame del merito a una valutazione puramente processuale.
La Decisione della Cassazione: la Carenza di Interesse
La Suprema Corte, investita della questione, non è entrata nel merito della legittimità o meno del diniego della misura alternativa. Ha invece concentrato la sua analisi su un presupposto fondamentale di ogni impugnazione: l’interesse del ricorrente, come richiesto dall’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale.
I giudici hanno sottolineato che l’interesse ad impugnare deve essere concreto e attuale. Esso si manifesta nella finalità, perseguita dal soggetto, di rimuovere una situazione di svantaggio derivante da una decisione giudiziale e, contestualmente, di ottenere un’utilità, ovvero una decisione più favorevole. Nel momento in cui il ricorrente è stato scarcerato per fine pena, l’obiettivo principale del suo ricorso – ottenere una misura alternativa alla detenzione in carcere – è venuto meno. Non esisteva più alcun vantaggio pratico che avrebbe potuto conseguire da un’eventuale sentenza di accoglimento.
Le Motivazioni Giuridiche
La Corte ha qualificato questa situazione come “sopravvenuta carenza di interesse“. Richiamando consolidati principi espressi dalle Sezioni Unite, ha spiegato che l’attualità dell’interesse deve persistere fino al momento della decisione. Se una mutata situazione di fatto o di diritto assorbe la finalità perseguita dall’impugnazione, o la rende irrilevante, il ricorso perde la sua ragion d’essere.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a), del codice di procedura penale. È interessante notare anche la decisione sulle spese: in conformità con altri importanti precedenti delle Sezioni Unite, la Corte ha stabilito che, in caso di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorrente non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali né di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: L’Importanza dell’Interesse Attuale
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale di economia processuale e di logica giuridica: un processo non può proseguire se il suo esito è diventato indifferente per la parte che lo ha iniziato. La carenza di interesse sopraggiunta agisce come un meccanismo che blocca sul nascere giudizi ormai privi di scopo. Per gli operatori del diritto, ciò significa dover valutare costantemente non solo la fondatezza nel merito di un’impugnazione, ma anche la persistenza dell’interesse concreto del proprio assistito per tutta la durata del procedimento, al fine di evitare una pronuncia di inammissibilità.
Quando un ricorso in Cassazione diventa inammissibile per carenza di interesse?
Un ricorso diventa inammissibile quando, per eventi accaduti dopo la sua presentazione, l’esito della decisione non porterebbe più alcun vantaggio pratico al ricorrente. Nel caso specifico, avendo il ricorrente già scontato la pena, l’eventuale accoglimento del ricorso per ottenere una misura alternativa era diventato inutile.
Cosa si intende per “interesse ad impugnare” nel processo penale?
L’interesse ad impugnare è la necessità che la parte che presenta un ricorso abbia un beneficio concreto e attuale dalla modifica della decisione contestata. Deve mirare a rimuovere uno svantaggio o a ottenere una situazione più favorevole rispetto a quella oggetto del gravame.
Se un ricorso è dichiarato inammissibile per carenza di interesse, il ricorrente deve pagare le spese processuali?
No. In questo caso specifico, la Corte di Cassazione, richiamando precedenti delle Sezioni Unite, ha stabilito che, dichiarando l’inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorrente non deve essere condannato né al pagamento delle spese processuali né al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 54 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 54 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 12/07/1983
avverso l’ordinanza del 06/12/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Premesso che NOME ha proposto ricorso per cassazione in data 1.3.2024 avverso il provvedimento in epigrafe, con cui era stata rigettata la sua domanda di ammissione alla misura alternativa di affidamento in prova ai servizi sociali;
Rilevato che nello stesso provvedimento impugnato era precisato che il fine pena fosse fissato in una data antecedente alla odierna udienza e che dalla certificazione del D.A.P., estratta oggi dalla cancelleria, risulta che il ricorrente sia sta effettivamente scarcerato in data 10.5.2024 per “espiazione”;
Tenuto conto che l’interesse ad impugnare, richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. quale condizione della impugnazione, deve essere individuato secondo una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e a quella, positiva, del conseguimento di una utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251693);
Considerato, pertanto, che nel caso di specie si sia determinata – per effetto della avvenuta espiazione della pena detentiva – una situazione di “carenza d’interesse sopraggiunta”, la quale va individuata nella valutazione negativa della persistenza, al momento della decisione, di un interesse all’impugnazione, la cui attualità è venuta meno a causa della mutata situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, assorbendo la finalità perseguita dall’impugnante, o perché la stessa abbia già trovato concreta attuazione, ovvero in quanto abbia perso ogni rilevanza per il superamento del punto controverso (Sez. U, COGNOME, sopra citata, Rv. 251694);
Ritenuto, quindi, che debba essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., senza condanna del ricorrente né al pagamento delle spese processuali, né al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende (Sez. U, n. 20 del 9/10/1996, COGNOME, Rv. 206168; Sez. U, n. 7 del 25/6/1997, COGNOME, Rv. 208166).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Così deciso il 26.9.2024