Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23114 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23114 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato in Tunisia il 23 nopvembre 2002;
Deposi4ura in Cancelleria
Oggi,
2 O 6 O. 2025
iL FUNZIO:
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NOME avverso la ordinanza n. 3937/24 nrmn del Tribunale di Brescia del 26 novembre 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inanimissibilità del ricorso stante la carenza di interesse del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 26 novembre 2024 il Trinunale di Brescia, operando in qualità di giudice dell’appello cautelare, ha, in accoglimento del gravame presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Mantova avverso il provvedimento con il quale, il precedente 4 novembre 2024, il Gip del Tribunale virgiliano aveva sostituito la misura cautelare della custodia in carcere (deve, infatti, ritenersi un mero errore materiale la indicazione, contenuta nella intestazione del provvedimento impugnato, laddove si allude agli arresti domiciliari) sino a quel momento in atto a carico di NOME COGNOME soggetto indagato in relazione a due condotte illecite integranti la violazione della normativa in materia di stupefacenti (una delle quali già in sede di provvisoria imputazione, ritenuta integrare un ipotesi di lieve entità), con quella meno afflittiva della presentazione periodica, con cadenza giornaliera, presso gli Uffici della Polizia giudiziaria, annullato la citata ordinanza, disponendo il ripristino della misura della custodia in carcere del predetto.
Avverso tale provvedimento ha interposto ricorso per cassazione la difesa dell’indagato osservando che, sebbene rispondesse alla realtà la circostanza, ritenuta decisiva da parte del Tribunale bresciano che la ordinanza con la quale la misura degli arresti domiciliari era stata emessa in assenza del preventivo parere del Pm, tuttavia la misura disposta in sede di appello cautelare, tenuto conto della non particolare gravità degli addebiti formulati a carico dell’indagato in sede cautelare, appariva sproporzionata.
Con atto in data 9 gennaio 2025 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia informava questa suprema Corte della circostanza che, con provvedimento del 7 gennaio 2025 il Gip del Tribunale di Mantova aveva disposto, previa acquisizione del parere del competente Pm, la sostituzione della misura cautelare in atto nei confronti del ricorrente, indicata in quella della custodia cautelare in carcere, con quella della presentazione tre volte alla settimana dello stesso presso gli Uffici della Questura di Mantova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, stanti le vicende sopravvenute alla presentazione della impugnazione ora in esame da parte dell’indagato, deve essere dichiarato inammissibile, stante la sopravvenuta carenza di interesse dello stesso.
Occorra ripercorrere, brevemente, i tratti salienti della vicenda processuale che ha interessato il COGNOME:
questi, in data 8 ottobre 2024, veniva sorpreso dalle forze dell’ordine nella detenzione di sostanza stupefacente di tipo hashish la cui destinazione non era quella dell’uso esclusivamente personale;
era, pertanto, arrestato nella flagranza del reato di cui all’art. 73 del dPR n. 309 del 1990;
essendo stata tempestivamente convalidata la misura precautelare, il Gip, ritenuta, data anche la personalità dell’indagato (oggetto di un recente precedente arresto, attinto da diversi precedenti di polizia e non dedito ad una attività lavorativa), la sussistenza di pressanti esigenze cautelari, ne disponeva, in data 11 ottobre 2024, la associazione, in istato di custodia cautelare, alle carceri;
adito dall’indagato, in data 22 ottobre 2024, il Tribunale del riesame di Brescia confermava la misura di massimo rigore;
il successivo 4 novembre 2024, tuttavia, il Gip del Tribunale di Mantova modificava la misura in atto, sostituendo quella intramuraria con l’obbligo a carico dell’indagato di presentazione di fronte alla Pg;
avendo il Pm presso il Tribunale di Mantova interposto appello avverso tale ordinanza, in data 26 novembre 2024 il Tribunale di Brescia, rilevato che il provvedimento di sostituzione di essa era stato disposto dal Gip vergiliano non solo mutu proprio ma, anche, in assenza della preventiva e necessaria interlocuzione con il Pnn procedente (in tale senso si segnala, infatti, il principio di diritto formulato da questa Corte, con sentenza di Corte di cassazione, Sezione IV penale, 21 luglio 2021, n. 28192, rv 282342, secondo il quale in tema di revoda o di sostituzione di musure cautelari corcitiva, l’omessa richiesta del parere obbligatorio del Pm comporta la nullità prevista dall’art. 178, lettera b), cod. proc. pen., per violazione della disciplina in materia di partecipazione del Pm al procedimento; essendo stato, peraltro, in altra occasione puntualizzato che la espressione del citato parere non è necessaria solamente nel caso in cui il Gip ritenga di dovere rimettere in libertà l’indagato, non per effetto di revoca o di sostituzione della misura privativa della libertà precedentemente in atto, per la maturata scadenza dei termini massimi di custodia cautelare, in tale, senso, infatti: Corte di cassazione, Sezione Il penale, 27 novembre 2024, n. 43178, rv 287192),
annullava la ordinanza gravata e ripristinava la misura cautelare preesistente, disponendo, tuttavia, la sospensione della esecutività della misura ripristinata sino all’esaurimento degli eventuali ordinari strumenti di impugnazione avverso di essa;
avendo l’indagato interposto ricorso per cassazione in ordine a siffatto provvedimento, in data 7 gennaio 2025 il Gip del Tribunale di Mantova questa volta previa acquisizione del parere del Pm (del quale, peraltro, si sconosce il contenuto) – provvedeva nel senso di sostituire la misura della custodia cautelare in carcere in danno del COGNOME con quella della presentazione, tre volte alla settimana, di fronte agli uffici della Pg, nella specie individuati in quelli della Questura di Mantova con modalità da concordare in base alle esigenze “lavorative e di abitazione” dell’indagato.
Questa essendo la attuale situazione non resta che dichiarare la inammissibilità del ricorso a suo tempo presentato dall’indagato, stante la intervenuta carenza di interesse del medesimo in relazione al suo esito.
E’, infatti, principio proprio di ogni ambito del diritto processuale che, laddove sia previsto uno strumento di impugnazione di provvedimenti emessi nel corso di in processo (ed invero la regola vale anche laddove ab Miti° il soggetto attivi un organo processuale a tutela di una sua pretesa posizione soggettiva) l’agente deve essere portatore di un interesse alla adozione del provvedimento richiesto.
Con ciò si vuole intendere che, affinché sia giustificato l’adito alla giustizia, è necessario che colui che la adisce non solo vanti una posizione soggettiva rilevante e tutelabile, ma è anche necessario che in relazione a detta posizione il soggetto agente possa trarre giovamento dell’eventuale adozione da parte dell’organo giurisdizionale del provvedimento da lui richiesto.
Una tale condizione non è, evidentemente, soddisfatta tutte le volte in cui, avendo l’agente già conseguito – per altra via ed a prescindere dalla adozione del provvedimento giurisdizionale sollecitato in occasione della instaurazione del procedimento giudiziario – la soddisfazione dell’interesse da lui vantato, egli nessun ulteriore vantaggio potrebbe ottenere dal rilascio da parte dell’organo giudiziario del provvedimento richiesto.
Ed è questo il caso che ora interessa, posto che, per effetto della ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Mantova in data 7 gennaio 2025, la
misura cautelare cui l’indagato viene attualmente sottoposto non è più quella, che lo stesso voleva evitare, cioè della custodia intramuraria, ma quella
dell’obbligo di presentazione presso la Pg, disposta, peraltro in misura ancor più blanda di quella che sarebbe risultata ove l’appello cautelare a suo tempo
presentato dal Pm avverso il precedente provvedimento del Gip del 4
novembre 2024 non fosse stato accolto dal Tribunale di Brescia, dato il vizio procedimentale che lo affliggeva.
Infatti, mentre con tale provvedimento era stato disposto l’obbligo di presentazione quotidiano del COGNOME di fronte alla Pg, con il provvedimento del
7 gennaio 2025, cioè quello ora materialmente in atto, l’obbligo è previsto solo per tre volte alla settimana.
Il ricorso dell’imputato deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, sebbene senza oneri di spese a suo carico, essendo, almeno formalmente, la
inammissibilità derivante non tanto dalla manifesta infondatezza delle ragioni poste a suo sostegno, quanto dalla preliminare osservazione della sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente a coltivare la impugnazione ora in esame.
La circostanza che, comunque, alla inammissibilità del ricorso non segue la eseguibilità della misura cautelare disposta con la ordinanza ora impugnata, essendo stata questa, in sostanza, posta nel nulla a seguito della successiva più volte ricordata ordinanza del 7 gennaio 2025, in un momento in cui, sebbene ne fosse sospesa le esecuzione, la misura stessa, ripristinata a seguito dell’accoglimento dell’appello cautelare presentato dal Pm, era tuttavia, legittimamente esistente sul piano della effettività giuridica, fa sì che non debba farsi luogo ad alcuna comunicazione ai sensi dell’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso,
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Pres ente