Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31234 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31234 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VIBO VALENTIA il 26/10/1971
avverso l’ordinanza del 03/02/2025 del TRIBUNALE di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga rigettato;
lette le conclusioni dei difensori del ricorrente, Avv. COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da COGNOME NOME avverso il provvedimento di rigetto del Tribunale di Roma del 15/04/2024 della istanza di dissequestro avanzata in data 05/04/2024. In particolare, il Tribunale ha rilevato la mancata correlazione dell’appello con le ragioni del provvedimento
impugnato, la reiterazione delle argomentazioni già introdotte in diversi sedi, tra le quali quella dibattimentale, valutate ripetutamente e oggetto delle definitive decisioni della Corte di cassazione n. 50042 e 50046 del 2023. In conclusione, il Tribunale ha osservato come l’appello proposto difettasse dei requisiti di specificità, non avendo evidenziato elementi di novità e mancando del tutto la correlazione con il provvedimento impugnato.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, COGNOME NOME, proponendo un unico articolato motivo di ricorso, che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
La difesa ha intitolato il motivo di ricorso: “impugnazione dichiarata inammissibile in quanto.. disallineata rispetto all’istanza e al provvedimento impugnato”; nel contestare la decisione del Tribunale ha ampiamente richiamato le vicende che avevano coinvolto il COGNOME e sua moglie e le ragioni che avevano portato al sequestro ed alla sua ripetuta contestazione da parte dei destinatari del vincolo. È stata, quindi, dedotta la violazione della previsione di cui all’art. 321 cod. proc. pen. non avendo il Tribunale considerato che le censure erano specifiche e concretamente volte a contestare l’eccessiva durata del vincolo, con evidente sacrificio dei diritti del ricorrente, che aveva anche presentato adeguate allegazioni per giungere eventualmente ad una sostituzione dei beni oggetto di sequestro preventivo. Alla critica ripetuta in ordine alla genericità delle allegazioni, se richiesta, la difesa avrebbe potuto certamente rispondere con puntuale individuazione dei beni sequestrabili in sostituzione. In altri termini, riteneva che: ricorresse la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. per irragionevole durata del vincolo; – la violazione dell’art. 507 cod. proc. pen. nei suoi presupposti essenziali, perché era assolutamente necessario risentire l’agente operante della Guardia di finanza che in dibattimento aveva escluso le responsabilità del ricorrente; – incostituzionalità dell’art. 321 per mancata previsione di adeguati limiti temporali circa la durata della misura cautelare.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato.
In data 12/06/2025 la difesa del ricorrente ha prodotto dispositivo di sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma in data 09/06/2025, nel procedimento principale a carico del ricorrente, con il quale è stata dichiarata ai sensi dell’art. 323 cod. proc. pen. la perdita di efficacia del sequestro preventivo disposto nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME con decreto del Gip del Tribunale di Roma del 16/11/2012, con restituzione dei beni agli aventi diritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La documentazione prodotta dal ricorrente evidenzia la sopravvenuta carenza di interesse quanto al ricorso introdotto in questa sede, attesa l’intervenuta caducazione in sede di giudizio dibattimentale del provvedimento di sequestro del 16/11/2012, con restituzione dei beni all’avente diritto. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso proposto dal ricorrente, in difetto di un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame, che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 271231-01).
Il mezzo d’impugnazione proposto deve, difatti, manifestarsi come idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa rispetto a quella esistente (Sez. U, n.29529 del 07/04/2016, COGNOME, Rv. 24411001; Sez. 6, n. 17686 del 07/04/2016, Conte, Rv. 267172-01).
Alla declaratoria d’inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, mentre non deve essere disposta alcuna ulteriore sanzione, attesa la ragione della decisione, collegata alla sopravvenuta produzione documentale da parte della difesa.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/06/2025.