Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30384 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30384 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Gambia il 05/03/1999
avverso l’ordinanza emessa il 14 aprile 2025 dal Tribunale di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
2.NOME COGNOME ricorre per cassazione chiedendo l’annullamento di tale ordinanza sulla base di tre motivi, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al giudizio di gravità indiziarla e alla mancata riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 7 comma 5, d.P.R. n. 309 del 990, tenuto conto delle modalità della condotta,
dell’unicità dell’episodio (ammesso dal ricorrente), del quantitativo ceduto, della natura della sostanza, della somma (20 euro) rinvenuta indosso al ricorrente, dell’assenza di prove relative ad un’attività continuativa di spaccio
2.2. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., desunto dalle modalità del fatto e dalla personalità del ricorrente. Si rileva, al riguardo, che è irrilevante la circostanza della precedente sottoposizione del ricorrente ad altra misura cautelare, atteso che, proprio in considerazione delle modalità del fatto per cui si procede, non ne è stato disposto alcun aggravamento. Si deduce, inoltre: a) l’apoditticità delle affermazioni relative alla negativ personalità del ricorrente in quanto il Tribunale non ha indicato alcun elemento da cui desumere il suo inserimento in circuiti criminali dediti al narcotraffico; b l’illogicità del riferimento alla abitualità della condotta in assenza di contestazione della recidiva o di aggravamento della precedente misura. Quanto agli ulteriori rilievi sulla assenza di attività lavorativa e sul fatto che il ricorrente sia senza fis dimora, si deduce che dalla documentazione prodotta risulta che lo stesso ha cominciato a lavorare in maniera continuativa per una ditta di Firenze dal 2024 con un contratto di lavoro che è stato prorogato fino a marzo 2025. Ciò giustifica la dichiarazione resa di essere senza fissa dimora nella provincia di Caserta. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale è, pertanto, incorso in un errore, in quanto costui lavora tutta la settimana a Firenze e soggiorna nei locali della ditta per la quale lavora mentre, prima del 2024, lavorava e risiedeva a Caserta, dove tuttora ritorna per vedere la figlia.
2.3. Violazione di legge e vizi di motivazione in ordine al giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura applicata.
Il Procuratore Generale, nel concludere per il rigetto del ricorso, ha rilevato che, pur dovendosi condividere le censure del ricorrente in ordine alla qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in ragione delle caratteristiche quantitative e qualitative della sostanza ceduta e detenuta e della modesta somma di denaro rinvenuta, in ogni caso la misura custodiale applicata, oltre ad essere compatibile con le vigenti soglie edittali dell’ipotesi lieve, si fonda su adeguata motivazione delle esigenze di cautela con riferimento alla commissione del fatto con violazione del divieto di dimora recentemente imposto al ricorrente per un fatto analogo, alle pendenze omogenee da lui stesso ammesse, e, soprattutto, all’affermazione dell’indagato, comunque rivalutabile in sede di merito sulla base di puntuali allegazioni difensive, di essere privo di fissa dimora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente, nei cui confronti risulta attualmente disposta, in sostituzione della misura custodiale impugnata, la sola misura dell’obbligo di dimora.
Va, a tale riguardo, ribadito che l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. costituisce una condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, anche cautelare. Detto interesse deve, inoltre, essere concreto, e cioè mirare a rimuovere l’effettivo pregiudizio che la parte asserisce di aver subito con il provvedimento impugnato. Esso, pertanto, deve persistere sino al momento della decisione (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME, Rv. 208165). Per tale ragione è inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare qualora l’ordinanza genetica sia stata, nelle more, revocata o dichiarata inefficace (Sez. 6, n. 44723 del 25/11/2021, COGNOME, Rv. 282397).
L’interesse all’impugnazione di una misura cautelare personale dopo la sua cessazione è stato, tuttavia, ravvisato in correlazione sia con il diritto all’equa riparazione per l’ingiusta detenzione che alla disposizione dell’art. 405, comma 1bis, cod. proc. pen., a condizione, tuttavia, che con l’impugnazione sia stato devoluto l’accertamento della sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura cautelare personale, di cui agli artt.273 e 280 cod. proc. pen., e non anche allorché i motivi di impugnazione siano riferiti alle esigenze cautelari o alla scelta tra le diverse misure possibili ai sensi dell’art.275 cod. proc. pen., in quanto tal ultime ipotesi non rientrano tra le ragioni idonee a fondare il diritto di cui all’art.3 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 5, n. 19334 del 18/01/2013, COGNOME, Rv. 256497; Sez. 6, n. 2210 del 06/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238633).
1.2 Applicando tali coordinate ermeneutiche al ricorso in esame, rileva il Collegio che la sopravvenuta sostituzione della misura custodiale con l’obbligo di dimora ha determinato, sia in ragione della natura della misura applicata che delle questioni oggetto del ricorso, una carenza di interesse del ricorrente.
In ragione della sopravvenuta carenza di interesse, alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso non segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME, Rv. 208166).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sbpravvenuta carenza di interesse.
Così deciso il 14 luglio 2025
Il Consigliere estensore