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Carenza di interesse: appello inammissibile

Un cittadino straniero ha presentato ricorso contro l’ordinanza di espulsione emessa come misura alternativa alla detenzione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché il ricorrente aveva già terminato di scontare la sua pena ed era stato scarcerato. Di conseguenza, l’impugnazione non aveva più alcuna utilità pratica.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Carenza di Interesse: Quando un Ricorso Perde di Efficacia

Nel mondo del diritto, non basta avere ragione per vincere una causa: è necessario avere anche un interesse concreto e attuale ad agire. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la carenza di interesse sopraggiunta possa portare alla dichiarazione di inammissibilità di un ricorso. Questo principio, fondamentale nella procedura penale, stabilisce che un’impugnazione non può essere esaminata nel merito se, nel frattempo, i fatti hanno reso la decisione del giudice priva di qualsiasi utilità pratica per il ricorrente.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, condannato a una pena detentiva, si vedeva applicare dal Magistrato di Sorveglianza la misura alternativa dell’espulsione dal territorio dello Stato. In sostanza, anziché terminare di scontare la pena in carcere, sarebbe stato espulso.

Contro questa decisione, l’interessato presentava un reclamo al Tribunale di Sorveglianza, che però lo respingeva. Non dandosi per vinto, proponeva ricorso per cassazione, lamentando che i giudici non avessero valutato correttamente la sua attuale pericolosità sociale, un presupposto necessario per l’applicazione della misura.

Tuttavia, un evento cruciale cambiava le carte in tavola: prima che la Cassazione potesse decidere sul ricorso, il ricorrente veniva scarcerato per aver terminato di scontare la sua pena.

La Decisione della Corte: Inammissibilità per Carenza di Interesse

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito delle doglianze del ricorrente (cioè non valuta se la pericolosità sociale fosse stata accertata correttamente o meno), ma si ferma a un livello preliminare, quello procedurale.

Il fulcro della decisione risiede nel concetto di ‘interesse ad impugnare’, richiesto dall’art. 568 del codice di procedura penale. Questo interesse deve essere concreto, attuale e finalizzato a ottenere un vantaggio pratico dalla modifica della decisione impugnata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla carenza di interesse

La Corte spiega che l’interesse a impugnare ha una duplice natura:
1. Negativa: rimuovere una situazione di svantaggio derivante da una decisione giudiziale.
2. Positiva: ottenere una decisione più vantaggiosa.

Nel caso specifico, l’espulsione era una misura alternativa alla detenzione. Una volta che la detenzione è terminata per ‘espiazione’, ovvero per aver scontato l’intera pena, l’oggetto stesso della controversia viene meno. Il ricorrente è già stato scarcerato, ottenendo di fatto la libertà, che è il bene massimo a cui poteva aspirare. Annullare l’ordinanza di espulsione non gli procurerebbe più alcun vantaggio pratico rispetto alla sua posizione attuale, dato che la pena detentiva che l’espulsione avrebbe dovuto sostituire non esiste più.

Si è quindi verificata una ‘sopravvenuta carenza di interesse’, poiché la situazione di fatto è mutata in modo tale da rendere l’eventuale accoglimento del ricorso del tutto irrilevante per la sorte del ricorrente. La finalità perseguita con l’impugnazione è stata assorbita e superata dal completamento della pena.

La Corte ha inoltre precisato che, in questi casi, non si procede né alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, proprio perché l’inammissibilità non deriva da una colpa del ricorrente, ma da un evento sopravvenuto.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la giustizia non si occupa di questioni puramente teoriche o accademiche. Un processo e, in particolare, un’impugnazione devono avere uno scopo pratico e tangibile. Se gli eventi, come in questo caso la fine della pena, rendono l’appello un esercizio sterile, i giudici devono dichiararne l’inammissibilità per carenza di interesse. Ciò garantisce l’efficienza del sistema giudiziario, evitando di impiegare risorse per decidere su questioni che hanno perso la loro rilevanza concreta.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per ‘sopravvenuta carenza di interesse’, poiché il ricorrente aveva già terminato di scontare la sua pena ed era stato scarcerato. Di conseguenza, un’eventuale decisione favorevole sul ricorso non gli avrebbe portato alcun vantaggio concreto.

Cosa significa ‘interesse ad impugnare’ secondo la Corte?
L’interesse ad impugnare è la condizione necessaria per presentare un ricorso e consiste nella possibilità di ottenere un’utilità pratica dalla modifica della decisione contestata. Deve servire a rimuovere uno svantaggio o a ottenere un risultato più favorevole.

Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali?
No. Quando l’inammissibilità è dovuta a una sopravvenuta carenza di interesse, e non a colpa del ricorrente, la legge prevede che non vi sia condanna al pagamento delle spese processuali né di somme alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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