Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 22827 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 22827 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza emessa il 30.11.2023 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
NOME, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento dell’appello proposto da COGNOME ha disposto il dissequestro della somma limitatamente all’importo di euro 2.445.162,65 euro.
AVV_NOTAIO, nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento.
2.1. GLYPH Il difensore premette che:
con decreto del 12 febbraio 2021, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma ha disposto il sequestro preventivo a fini di confisca, ai sensi degli artt. 19, 25 e 53 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, dei saldi attivi esistenti su rapporti finanziari e/o bancari nella titolarità di RAGIONE_SOCIALE sino alla concorrenza dell’importo di euro 45.867.042,00.
in data 17 febbraio 2021 il Giudice per le indagini preliminari ha, inoltre, disposto il sequestro nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE polizze “RAGIONE_SOCIALE” n. 03023473400 e n. P_IVA per un premio complessivo pari ad euro 25.000.000,00.
Secondo l’ipotesi di accusa, questi beni avrebbero rappresentato il profitto del reato presupposto di traffico di influenze illecite di cui all’art. 346 bis cod. pen., in quanto corrispondenti alla quasi totalità RAGIONE_SOCIALE provvigioni maturate (per euro 59,705 milioni di euro) e ricevute (euro 48,876 milioni di euro) da NOME COGNOME e NOME COGNOME, legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, per l’attività di mediazione illecitamente svolta nel corso dell’anno 2020, sfruttando relazioni personali con il Commissario Nazionale per l’emergenza COGNOME, in ordine alle commesse di forniture di dispositivi di protezione individuale ordinate dal Commissario Straordinario alle società cinesi RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, con provvedimento dell’Il giugno 2201, ha rigettato la richiesta dell’ente di restituzione parziale RAGIONE_SOCIALE somme in sequestro per versare le imposte dirette dovute, ai sensi dell’art. 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, sul reddito di provenienza illecita costituito dalle commissioni percepite;
il Tribunale di Roma, con ordinanza del 3 novembre 2021, ha rigettato l’appello proposto ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen. da RAGIONE_SOCIALE;
la Sesta sezione della Corte di cassazione, con sentenza n. 13936 dell’Il gennaio 2022, ha accolto il ricorso proposto avverso tale ordinanza da RAGIONE_SOCIALE e ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
La Corte in questa sentenza ha affermato che, in tema di responsabilità da reato degli enti, è consentito, in ossequio al principio di proporzionalità della misura cautelare, il dissequestro parziale RAGIONE_SOCIALE somme di denaro sottoposte a sequestro ai fini di confisca del profitto del reato presupposto onde provvedere al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte dovute dall’ente sulle medesime, ex art. 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, quale provento di attività illecite, al
stringente condizione che l’entità del vincolo reale, nella sua concreta dimensione afflittiva, metta in pericolo l’esistenza stessa del soggetto economico e la sua operatività corrente e che sia impresso un vincolo espresso di destinazione al pagamento del debito tributario in forme “controllate”;
il Tribunale di Roma, decidendo in sede di rinvio, con ordinanza del 1 dicembre 2022, ha nuovamente rigettato l’appello cautelare proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE;
la Seconda sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza n. 40415 del 4 luglio 2023, ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma – sezione per il riesame RAGIONE_SOCIALE misure cautelari reali – per nuovo esame;
con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, ha disposto il dissequestro della somma limitatamente all’importo di euro 2.445.162,65 euro (corrispondente all’IRAP dovuta dall’ente per il 2020, agli interessi e alle sanzioni sulla stessa).
2.2. Il difensore deduce l’inosservanza, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. dell’art. 14, comma 4, della legge n. 537 del 1993, norma giuridica di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale e, in particolare, nella determinazione del profitto confiscabile.
Il Tribunale di Roma, infatti, avrebbe illogicamente limitato la restituzione RAGIONE_SOCIALE somme sequestrate al solo ammontare RAGIONE_SOCIALE imposte richiesta dall’RAGIONE_SOCIALE all’ente con avviso bonario, relativo all’IRAP per il 2020, e non già all’intero ammontare RAGIONE_SOCIALE imposte dovute in ragione del reddito percepito dalla contestata commissione del reato; l’obbligazione tributaria sorge, infatti, ex lege e spetta al contribuente autoliquidarla con la dichiarazione, prima e indipendentemente da eventuali contestazioni da parte dell’amministrazione fiscale.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
In data 28 febbraio 2024 l’AVV_NOTAIO ha depositato procura speciale e dichiarazione di rinuncia al ricorso, in quanto il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, sulla base di una nuova istanza di dissequestro, con provvedimento del 9 febbraio 2024, ha disposto la restituzione in favore della società dell’importo corrispondente all’intero ammontare RAGIONE_SOCIALE imposte dovute dalla ricorrente.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 12 aprile 2024, il Procuratore generale, nella persona di NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per sopravvenuta carenza dell’interesse a ricorrere.
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma, con provvedimento del 9 febbraio 2024, ha, infatti, disposto la restituzione in favore della società dell’importo corrispondente all’intero ammontare RAGIONE_SOCIALE imposte dovute per l’anno d’imposta 2020 dalla ricorrente, che ha rinunciato al ricorso.
Tale rinuncia impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, in tema di impugnazione, anche in ambito cautelare trova applicazione la regola generale di cui all’art. 568, comma quarto, cod. proc. pen., secondo cui per proporre ricorso il soggetto legittimato deve essere portatore di un interesse concreto ed attuale, che deve persistere fino al momento della decisione e che va apprezzato con riferimento all’idoneità dell’esito finale del giudizio ad eliminare la situazione giuridica denunciata come illegittima o pregiudizievole per la parte (Sez. U, n. 20 del 09/10/1996, COGNOME, Rv. 206169; Sez. 2, n. 4974 del 17/01/2017, COGNOME, Rv. 268990).
Il venir meno dell’interesse alla decisione, sopraggiunto alla proposizione del ricorso per cassazione, non configura un’ipotesi di soccombenza e, pertanto, alla dichiarazione di inammissibilità non consegue la condanna della ricorrente né alle spese del procedimento, né al pagamento della sanzione pecuniaria a favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME e altro, Rv. 208166; Sez. U, n. 20 del 09/10/1996, COGNOME, Rv. 206168 – 01; conf., ex plurimis: Sez. 3, n. 29593 del 26/05/2021, COGNOME, Rv. 281785; Sez. 1, n. 11302 del 19/09/2017, Rezmuves, Rv. 272308; Sez. 6, n. 19209 del 31/03/2013, COGNOME, Rv. 256225).
ej
P.Q.M.
< GLYPH
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2024.