Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15158 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15158 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata a Paola il DATA_NASCITA rappresentata ed assistita dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso l’ordinanza in data 06/06/2023 del Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli art 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udita la discussione della difesa, AVV_NOTAIO, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 06/06/2023, il Tribunale di Catanzaro, decidendo in sede di rinvio, a seguito di annullamento disposto con sentenza n. 549 emessa in data 23/03/2023 dalla sesta sezione penale della Corte di cassazione, sull’istanza ex art. 309 cod. proc. pen. proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro in data 02/08/2022, con la quale veniva applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di cui al capo 37 dell’imputazione provvisoria (artt. 81, 110 cod. pen., 132 d.lgs. n. 385/1993 TUB e succ. mod., 416-bis. 1 cod. pen.), nelle more sostituita con quella dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza – misura quest’ultima successivamente revocata con provvedimento notificato all’interessata in data 17/10/2023 – confermava l’aggravante dell’agevolazione mafiosa di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. contestata al capo 37.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, per l’unico motivo che viene di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.: manifesta illogicità della motivazione. La ricorrente è la moglie di NOME COGNOME, indagato nella medesima operazione e per cui si ritiene essere dimostrata la gravità indiziaria in relazione alla posizione apicale dal medesimo rivestita all’interno del cd. “RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE“, collocato nel “RAGIONE_SOCIALE“. Nei confronti dell’indagata esistono solo frasi generiche che non fanno riferimento ad alcun fatto, ad alcuna concreta dimostrazione di consapevolezza dell’esistenza di una presunta consorteria mafiosa da agevolare, in quanto la COGNOME non ha mai avuto contatti diretti comprovanti rapporti illeciti con le presunte persone offese, né vi sono intercettazioni a suo carico, se non quelle che non hanno alcun rilievo investigativo. La modestia delle somme accreditate sulle post-pay intestate alla COGNOME non dimostra la causale dei versamenti e la consapevolezza della loro ricezione da parte della stessa, anche in considerazione delle sue gravissime condizioni di salute.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse in ragione dell’intervenuta revoca della misura cautelare non detentiva precedentemente in atto.
Secondo costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, l’interesse al gravame, oltre che essere concreto ed attuale, deve riguardare il conseguimento di una posizione di vantaggio giuridicamente tutelata, che non può risolversi in una mera ed astratta pretesa alla esattezza teorica del provvedimento impugnato, priva di incidenza pratica nell’economia del procedimento.
In materia cautelare, un interesse concreto ed attuale può rinvenirsi in capo al ricorrente solo in riferimento alla possibilità per lo stesso di attivare, in presenza dei presupposti di legge, la procedura per la riparazione dell’ingiusta detenzione, ai sensi degli artt. 314 ss. cod. proc. pen. Detto istituto, tuttavia, concerne esclusivamente la custodia cautelare – cui sono riconducibili anche gli arresti domiciliari, ex art. 284, comma 5, cod. proc. pen., rimanendone invece escluse le altre misure coercitive o interdittive.
Il principio secondo cui la revoca della misura cautelare intervenuta nel corso del procedimento incidentale delibertate o, comunque, di impugnazione del provvedimento con il quale la misura è stata imposta o mantenuta, non comporta il venir meno dell’interesse a coltivare il gravame – atteso che la persistenza dell’interesse va apprezzata con riguardo non solo alla perdurante limitazione della libertà personale, ma anche alla necessità di precostituirsi una decisione irrevocabile sulla legittimità della misura ai fini della eventuale domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione – trova pertanto applicazione solo ove si tratti di misura di custodia cautelare, ma non quando si tratti di altre misure coercitive o interdittive, non idonee a fondare il diritto alla riparazione suddetta: la revoca di tali ultime misure, sopravvenuta nel corso del procedimento incidentale, importa, perciò, il venir meno dell’interesse al gravame da parte dell’indagato (cfr., Sez. 6, n. 46995 del 04/11/2021, COGNOME, Rv. 282392; Sez. 1, n. 13607 del 10/12/2010, COGNOME, Rv. 249916; Sez. 4, n. 4477 del 24/11/2005, dep. 2006, COGNOME, Rv. 233401).
L’inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile al ricorrente comporta che quest’ultimo non possa essere condannato né al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un’ipotesi di soccombenza (Sez. 4, n. 45618 del 11/11/2021, Pujia, Rv. 282549).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso in Roma il 07/02/2024.