Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17182 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17182 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POZZUOLI il 29/04/1956
avverso l’ordinanza del 03/02/2025 del TRIBUNALE di Napoli udito il Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 3 febbraio 2025 il Tribunale del riesame di Napoli ha respinto l’istanza di riesame, riqualificata in appello cautelare, presentata da NOME COGNOME contro l’ordinanza della Corte di assise di appello di Napoli, che procedeva ex art. 279 cod. proc. pen. – quale giudice del rinvio dopo l’annullamento della prima sentenza di appello ad opera della pronuncia della Corte
di Cassazione, Sez. 1, n. 42518 del 14 luglio 2022 – nei confronti dell’imputato per il delitto di omicidio volontario aggravato e per quelli di porto e detenzione di arma da sparo, processo che si era concluso il 18 luglio 2024 con sentenza di condanna all’ergastolo, e che il 25 novembre 2024 aveva ripristinato nei confronti dell’imputato, in ragione della sussistenza del pericolo di fuga, la custodia cautelare in carcere già cessata per decorrenza dei termini di cui all’art. 303 cod. proc. pen.
In particolare, il Tribunale del riesame ha affermato che l’ordinanza di applicazione della custodia cautelare era stata emessa sulla base della norma dell’art. 307, comma 2, cod. proc. pen., e questo tipo di ordinanza deve essere impugnata con appello, e non con riesame.
Il Tribunale ha aggiunto che l’esistenza del pericolo di fuga non era eliso dalla circostanza che COGNOME fosse detenuto anche per altra causa, in quanto il titolo detentivo potrebbe consentire temporanei spazi di libertà di cui un soggetto condannato all’ergastolo potrebbe fruire per sottrarsi all’esecuzione della pena.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’indagato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito esposti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di norma processuale, sostenendo che il mezzo di impugnazione corretto era il riesame, non l’appello perché la nuova ordinanza cautelare non poteva essere considerata un ripristino della precedente ex art. 307 cod. proc. pen., in quanto la prima ordinanza era stata emessa ai sensi delle lettere b) e c) dell’art. 274 cod. proc. pen., mentre quella del 25 novembre 2024 soltanto per il pericolo di fuga; inoltre, la nuova ordinanza cautelare era diversa dalla precedente anche perché emessa sulla base di un quadro probatorio ampliato rispetto alla precedente.
Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione nella valutazione delle esigenze cautelari, in quanto nella situazione del ricorrente non è stata valutata correttamente la sussistenza del pericolo di fuga, atteso che lo stesso è in detenzione definitiva per altra causa con una condanna a 13 anni e 4 mesi di reclusione per reati ostativi; ne consegue che la tesi dell’ordinanza impugnata secondo cui lo stesso potrebbe beneficiare di permessi e benefici penitenziari non è pertinente alla sua posizione giuridica.
3. La difesa del ricorrente ha chiesto la discussione orale.
Con requisitoria, anticipata per iscritto, il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Nessuno è stato presente in udienza per la difesa del ricorrente (che ha inviato nota di cortesia per anticipare la sua assenza).
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Nel periodo intercorrente tra la fissazione dell’udienza di trattazione del ricorso e la sua discussione, infatti, la sentenza di condanna del ricorrente pronunciata dalla Corte di assise di appello di Napoli il 18 luglio 2024 è divenuta definitiva per effetto del rigetto del ricorso per cassazione interposto contro di essa dall’imputato, avvenuto con sentenza di questa Corte, Sez. 5, n. 402-25 (numero sezionale) del 27 marzo 2025.
Ne consegue la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione di questo ricorso, in conformità al principio di diritto, secondo cui, qualora sia pendente impugnazione cautelare, dovendo persistere l’interesse alla sua definizione fino al momento della decisione, l’impugnazione stessa è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse nel momento in cui diviene irrevocabile la sentenza di condanna (Sez. U, n. 31524 del 14/07/2004, COGNOME, Rv. 228167 – 01; seguita da tutta la giurisprudenza successiva, tra cui Sez. 1, Sentenza n. 33913 del 23/06/2015 Fondino, Rv. 264758)
Infatti, come è stato evidenziato in altro precedente di legittimità, la definitività del titolo esecutivo apre una fase ontologicamente incompatibile con la verifica di tipo cautelare. (Sez. 6, Sentenza n. 10786 del 09/02/2018, Privitera, Rv. 272764 – 01). Le misure cautelari, infatti, svolgono nel processo una funzione servente, che è destinata a venire meno in concomitanza con l’irrevocabilità di una sentenza di condanna a pena detentiva che risulti in concreto eseguibile.
In una situazione di questo tipo difetta l’interesse all’impugnazione, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, deve essere “inteso come pretesa all’eliminazione della lesione attuale di un diritto o di altra situazione soggettiva dell’impugnante tutelata dalla legge non già quale pretesa all’affermazione di un astratto principio giuridico o all’esattezza teorica della decisione, che non realizzano il vantaggio pratico cui deve tendere ogni impugnazione” (Sez. 1, Sentenza n. 3431 del 06/06/1995, PG in proc. COGNOME, Rv. 202923).
Neanche può essere esaminato il ricorso per affermare il principio nell’interesse della legge perché “nelle ipotesi in cui il ricorso è dichiarat inammissibile, la Corte di cassazione non può enunciare d’ufficio il principio di diritto nell’interesse della legge, anche quando tale pronuncia non abbia alcun effetto sul provvedimento del giudice di merito, poichè nel sistema processuale
penale non è applicabile per analogia la disposizione di cui all’art. 363 cod. proc.
civ., che disciplina l’esercizio del corrispondente potere nell’ambito del processo civile” (Sez. U, Sentenza n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME
Rv. 251692).
Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso non consegue la condanna della ricorrente alle spese del procedimento ed al pagamento della sanzione
pecuniaria a favore della cassa delle ammende in quanto non vi è soccombenza della parte, neanche virtuale (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME, Rv.
208166; Sez. 1, Sentenza n. 11302 del 19/09/2017, dep. 2018, Rezmuves,
Rv. 272308).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Così deciso il 17 aprile 2025.