Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44700 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44700 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Roma il 09/04/1979
avverso la sentenza del 22/04/2024 della Corte di Appello di Roma.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla condanna in relazione alla ricettazione dell’assegno n. NUMERO_DOCUMENTO ed inammissibilità nel resto.
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, in subordine la declaratoria di prescrizione del reato a far data dal 9 settembre 2024.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 22 aprile 2024 con cui la Corte di Appello di Roma, ha confermato la sentenza, emessa in data 01 marzo 2022, con la quale il Tribunale di Roma, lo ha condannato alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 200,00 di multa in relazione al reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 179 e 525 cod. proc. pen. conseguente alla mancata rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale da parte del giudice che ha pronunciato la sentenza nonché difetto di motivazione in ordine al motivo di appello con cui era stato eccepito il travisamento del risultato probatorio.
La difesa ha rimarcato che, all’udienza del 01 marzo 2022, il giudice titolare dott.ssa COGNOME veniva sostituita dalla dott.ssa COGNOME e che quest’ultima avrebbe omesso di dichiarare il mutamento del giudice procedente, di disporre la rinnovazione dell’istruttoria già svolta e di pronunciare sull’utilizzabilità delle prove già assunte con conseguente nullità della sentenza per violazione dell’art. 525 cod. proc. pen.
La Corte territoriale, ignorando che -alla precedente udienza del 19 dicembre 2018- il difensore di fiducia del COGNOME si era opposto all’utilizzazione delle prove assunte di fronte ad un diverso giudice e che il difensore di ufficio nominato, ai sensi dell’art. 97, comma quarto, cod. proc. pen., all’udienza del 01 marzo 2022 si era limitato a prestare il consenso all’acquisizione di un verbale di sommarie informazioni, avrebbe erroneamente rigettato l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado in considerazione della mancata prospettazione di alcuna richiesta di rinnovazione istruttoria o di assunzione di nuove prove da parte di detto difensore di ufficio.
La decisione dei giudici di appello non terrebbe conto del principio di diritto secondo cui il silenzio delle parti a fronte del mutamento del giudice, può essere interpretato come significativo della prestazione del consenso all’omessa rinnovazione soltanto quando risulti con chiarezza l’intervenuta rinnovazione del dibattimento e siano acquisite circostanze ulteriori che consentano di qualificare il silenzio come univocamente significativo della volontà di acconsentire all’utilizzo delle prove assunte dal precedente giudice.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione del principio del ne bis in idem di cui all’art. 649 cod. pen.
La Corte territoriale avrebbe condannato il COGNOME anche in relazione alla ricettazione dell’assegno n. 70486530 dell’importo di euro 2.000,00 denunciato smarrito da NOME COGNOME, senza tenere conto che, in relazione alla medesima condotta, il ricorrente è stato condannato con sentenza -divenuta irrevocabile- emessa dalla Corte di appello di Roma in data 11 marzo 2019.
La difesa ha segnalato, inoltre, che entrambe le sentenze di merito non chiariscono in alcun modo le modalità con cui è stata determinata la pena base ed il successivo aumento a titolo di continuazione interna
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che:
all’udienza del 7 dicembre 2017, il giudice dott.ssa NOME COGNOME ha dichiarato aperto il dibattimento ed ammesso le prove richieste dalle parti;
all’udienza del 20 giugno 2019 è stato escusso il teste NOME COGNOME
all’udienza del 5 novembre 2020 il Pubblico Ministero ha rinunciato all’esame del teste COGNOME ed il giudice, sentito il difensore dell’imputato che nulla ha osservato, ha revocato l’ordinanza ammissiva della prova;
all’udienza del 01 marzo 2022, a seguito della sostituzione del giudice dr.ssa NOME COGNOME con la dott.ssa NOME COGNOME il difensore di ufficio dell’imputato, nominato ai sensi dell’art. 97, comma quarto, cod. proc. pen., non ha avanzato alcuna richiesta di prova né ha chiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale svoltasi innanzi alla dott.ssa COGNOME
alla medesima udienza le parti hanno concordato l’acquisizione del verbale di s.i. rese da NOME COGNOME; quindi, il giudice ha chiuso il dibattimento e dichiarato utilizzabili per la decisione gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento.
La Corte territoriale (vedi pag. 3 della sentenza impugnata) ha correttamente dato seguito al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite secondo cui non può essere eccepita la violazione dell’art. 525 cod. proc. pen. qualora le parti, proprio come nel caso di specie, non abbiano chiesto l’ammissione di prove nuove ovvero la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale a seguito del mutamento della persona del giudice procedente, anche in mancanza di una espressa declaratoria di rinnovazione da parte del nuovo giudice (vedi Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 03; nello stesso senso , successivamente Sez. 5, n. 15223 del 21/03/2023, COGNOME, non massimata).
Il consenso delle parti alla lettura degli atti assunti dal collegio in diversa composizione ex art. 511, comma 2, cod. proc. pen., quindi, non è necessario con riguardo agli esami testimoniali la cui ripetizione non abbia avuto luogo perché non chiesta, non ammessa o non più possibile (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754 – 03: “la disposizione di cui all’art. 525 c.p.p., comma 2, prima parte, non comporta la necessità, a pena di nullità assoluta, di rinnovare formalmente tutte le attività previste dagli artt. 492,493 e 495 c.p.p., poiché i relativi provvedimenti in precedenza emessi dal giudice diversamente composto conservano efficacia se non espressamente modificati o
revocati. Resta ferma anche la possibilità che il giudice ritenga necessaria, d’ufficio, la ripetizione, anche pedissequa, delle predette attività. Invero, la garanzia dell’immutabilità del giudice attribuisce alle parti il diritto, non di vedere inutilmente reiterati, pedissequamente e senza alcun beneficio processuale, attività già svolte e provvedimenti già emessi, con immotivata dilazione dei tempi di definizione del processo cui la parte può in astratto avere di fatto un interesse che, tuttavia, l’ordinamento non legittima e non tutela, bensì di poter nuovamente esercitare, a seguito del mutamento della composizione del giudice, le facoltà previste dalle predette disposizioni, ad esempio chiedendo di presentare nuove richieste di prova, che andranno ordinariamente valutate. Né può ritenersi che la rinnovazione del dibattimento debba essere espressamente disposta, poiché le parti, con l’insostituibile ausilio della difesa tecnica, sulla quale incombe il generale dovere di adempiere con diligenza il mandato professionale, sono certamente in grado, con quel minimum di diligenza che è legittimo richiedere, di rilevare il sopravvenuto mutamento della composizione del giudice ed attivarsi con la formulazione delle eventuali, conseguenti richieste, se ne abbiano, chiedendo altresì, ove necessario, la concessione di un breve termine”).
Di conseguenza, in considerazione del comportamento silente tenuto dalle parti, pur a fronte dell’evidente sopravvenuto mutamento della composizione del giudice, la dedotta nullità deve ritenersi insussistente in applicazione del principio di diritto affermato dalla citata sentenza COGNOME.
Il secondo motivo del ricorso non è consentito avendo ad oggetto una inosservanza di legge ed un difetto di motivazione che non sono stati dedotti in sede di appello, secondo quanto prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
Va richiamato, in proposito, il principio di diritto secondo cui la denuncia di doglianze non dedotte con i motivi di appello costituisce causa di inammissibilità originaria dell’impugnazione (vedi, Sez. U, n. 15 del 30/06/1999, Piepoli, Rv. 213981-01; Sez. 5, n. 12181 del 20/01/2022, COGNOME, non massimata).
3.1. In particolare, l’eccepita violazione dell’art. 649 cod. pen. in ragione della peculiarità del sindacato riservato alla Corte di Cassazione, non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità
Il Collegio intende dare seguito al maggioritario e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’accertamento relativo alla identità del fatto oggetto dei due diversi procedimenti implica un apprezzamento storico-naturalistico che esula dal perimetro del sindacato della Corte di cassazione (vedi, Sez. 2, n. 18559 del 13/03/2019, COGNOME, Rv. 276122 – 02;
Sez. 2, n. 6179 del 15/01/2021, Pane, Rv. 280648 – 01; da ultimo Sez. 7, Ordinanza n. 30854 del 13/06/2024, Bellantone, non massimata e Sez. 4, n. 21049 del 19/04/2024, Massa, non massimata).
3.2. Va, peraltro, ricordato che il giudice dell’esecuzione, laddove siano state pronunciate nei confronti del medesimo soggetto più sentenze di condanna irrevocabili per il medesimo fatto, può ordinare, ex officio o su richiesta del condannato, l’esecuzione della sola sentenza con cui si pronunciò la condanna meno grave, con conseguente revoca delle altre pronunce.
Infine, appare manifestamente infondata la richiesta, avanzata in sede di discussione, di annullamento della sentenza per intervenuta prescrizione.
In considerazione della data di commissione del reato (20 agosto 2013) e della sospensione dei termini di prescrizione conseguente al rinvio delle udienze del 4 maggio 2017, 3 maggio 2018 e 12 febbraio 2020, (per complessivi 1 anno, 9 mesi e 13 giorni), il termine massimo di prescrizione si perfezionerà, infatti, solo in data 2 giugno 2025.
L’accesso agli atti dimostra, in particolare, che:
L’udienza del 4 maggio 2017 è stata rinviata alla data del 7 dicembre 2017 (mesi 7 e giorni 3 di sospensione) stante l’adesione del difensore all’astensione indetta dagli organismi di categoria;
L’udienza del 3 maggio 2018 è stata rinviata alla data del 19 ottobre 2018 (mesi 5 e giorni 16 di sospensione) stante l’adesione del difensore all’astensione indetta dagli organismi di categoria;
L’udienza del 12 febbraio 2020 è stata rinviata al 5 novembre 2020 (mesi 8 e giorni 24 di sospensione) a seguito di richiesta di rinvio per la discussione avanzata dal sostituto processuale del difensore di fiducia.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
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mrn COGNOME Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle – o 00 COGNOME spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle 2 01 Ammende.
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Così deciso il 2 ottobre 2024
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