Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8341 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8341 AVV_NOTAIO 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/11/2023
SENTENZA
sul ricorso del Pubblico ministero presso il Tribunale di Genova, nel procedimento a carico di COGNOME NOME, nato a Torre del Greco il DATA_NASCITA e NOME, nato a Torre del Greco il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 07/10/2022 del Tribunale di Genova,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del ricorso, rilevato che per NOME l’AVV_NOTAIO prima ha chiesto la trattazione orale e poi ha depositato memoria scritta e rinunciato alla trattazione orale; letta per COGNOME la memoria dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 7 ottobre 2022 il Tribunale di Genova ha assolto gli imputati dal reato dell’art. 256, commi 1 e 2, d.lgs. n. 152 del 2006, consistente nella realizzazione, durante il servizio di raccolta dei rifiuti, di un depos incontrollato di rifiuti in area non autorizzata, e dal reato degli art. 674 e 45
novies cod. pen., consistente nella produzione di emissioni e odori molesti derivanti dalla fermentazione della frazione organica di rifiuti, con la formula, con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Il Pubblico ministero eccepisce con il primo motivo che gli imputati non possono essere assolti in base all’esecuzione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti in buona fede, perché la buona fede, che nei reati contravvenzionali esclude l’elemento soggettivo, dev’essere determinata da un fattore positivo esterno che abbia indotto il soggetto in un errore incolpevole. Evidenzia ulteriormente che l’affidamento è stato ingenerato non dalla Città metropolitana di Genova, bensì da un soggetto non legittimato e non autorizzato a tanto, cioè dall’ente pubblico committente della gestione, produttore dei rifiuti, che non ha alcun potere derogatorio rispetto agli obblighi normativi. Con il secondo, motivo contesta l’errata interpretazione dell’art. 674 cod. pen., perché il Giudice ha affermato che la gravità del fastidio non può ritenersi superiore alle normali conseguenze dell’attività di trattamento dei rifiuti, mentre è stata realizzata un’attività radicalmente abusiva con produzione di emissioni odorose disturbanti e non tollerabili per più di tre mesi. Con il terzo motivo insiste nell’applicazion dell’aggravante dell’art. 452-novies cod. pen., perché gli imputati hanno provocato esalazioni e odori molesti atti a recare disturbo alle persone mediante rifiuti.
AVV_NOTAIO per il COGNOME ha prima chiesto la trattazione orale, poi ha depositato una memoria e ha revocato la richiesta di trattazione orale, ciò che non è previsto dall’ordinamento, perché la richiesta, una volta accolta dal Presidente titolare di sezione, ha determinato l’obbligo per il collegio di celebrare il processo in pubblica udienza. L’AVV_NOTAIO ha depositato un foglio recante le conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato.
Il GUP ha accertato in fatto che la RAGIONE_SOCIALE, società gerente il servizio di raccolta dei rifiuti del Comune di Lavagna, era solita posizionare i mezzi carichi di rifiuti in pubblica via in attesa del trasbordo su altri mezzi, c provocando rumore, cattivo odore, dispersione di percolato su strada, in danno degli abitanti del posto: nel periodo da giugno ad agosto 2019, i rifiuti urbani, raccolti dai vari mezzi sul territorio, erano giornalmente caricati sui mezzi compattatori con cui erano portati in discarica e l’operazione di trasbordo era realizzata in pubblica via, con produzione di cattivo odore, arrivo di insetti
colairento di liquido sull’asfalto e rumore. Tutto ciò perché il Comune di Lavagna non disponeva di una stazione di trasbordo e non aveva individuato un’area specifica da adibire a tale attività. Il GUP ha accertato in astratto l’integrazione de reato contestato al capo 1), per la violazione dell’art. 256, commi 1 e 2, d.lgs. n. 152 del 2006, ma ha negato la responsabilità del COGNOME, legale rappresentante della società, e dell’COGNOME, responsabile tecnico dell’impresa, perché era stata l’Amministrazione comunale a indicare quella soluzione operativa e l’aveva anche avallata con nota del 31 luglio 2019 in risposta alle sollecitazioni del Prefetto e della Regione. Di qui la buona fede scriminante il comportamento degli imputati.
La decisione, come evidenziato dal PM ricorrente, non è corretta.
Secondo le Sezioni Unite Calzetta (sent. n. 8154 del 10/06/1984, Rv. 197885-01), il cittadino è in buona fede, ogni qual volta abbia assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al cosiddetto dovere di informazione, attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. Tale obbligo è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell’illecito anche in virtù di una culpa levis nello svolgimento dell’indagine giuridica. Per l’affermazione della scusabilità dell’ignoranza, occorre, cioè, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l’agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell’interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto. Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che “La esclusione della colpevolezza nelle contravvenzioni non può essere determinata dall’errore di diritto dipendente da ignoranza non inevitabile della legge penale, quindi da mero errore di interpretazione che diviene scusabile quando è determinato da un atto della p.a. o da un orientamento giurisprudenziale univoco e costante da cui l’ agente tragga la convinzione della correttezza dell’interpretazione normativa e, di conseguenza, della liceità della propria condotta” (si veda Sez. 3, n. 3412 del 16/10/2014, dep. 2015, Donnantuoni, Rv. 262017-01 che richiama, Sez. 3 n. 4951 del 17/12/1999; conf. Sez.3 n. 28397 del 16/04/2004; Sez. 3 n. 4991 del 04/11/2009; Sez. 6 n. 6991 del 25/01/2011). Più di recente, è stato affermato che l’Ignoranza da parte dell’agente sulla normativa di settore e sull’illiceità della propria condotta è idonea ad escludere la sussistenza della colpa, se indotta da un fattore positivo esterno ricollegabile ad un comportamento della pubblica amministrazione (Sez. 3, n. 35314 del 20/05/2016, Oggero, Rv. 268000-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso in esame, però, il Giudice ha accertato anzitutto che la gestione della raccolta e del trasbordo dei rifiuti è avvenuta senza l’adozione di alcuna cautela per prevenire o rimuovere le conseguenze negative dell’attività svolta, e quindi con esecuzione non corretta delle prescrizioni del contratto di appalto,
quanto poi la “copertura amministrativa” è derivata da soggetto non autorizzato, che, per giunta, non ha emesso provvedimenti amministrativi impugnabili di individuazione delle aree e delle attività da compiere né ha impartito ordini scritti alla società di gestione. Pertanto, anche la nota di risposta al Prefetto e alla Regione non è idonea, in astratto, a esimere da responsabilità gli imputati.
Del pari errata è la decisione in merito all’assenza dei requisiti dell’art. 674 cod. pen., sul presupposto che le emissioni e le molestie sono una conseguenza ordinaria dell’attività svolta. L’affermazione è congetturale e non è coerente con l’accertamento dell’attività illecita svolta.
Quanto all’aggravante ambientale dell’art. 452-novies cod. pen., il GUP l’ha esclusa senza motivo, nonostante sia prevista quando un fatto già previsto come reato è commesso allo scopo di eseguire uno o più tra i delitti previsti dal titolo VI-bis, dal d.lgs. n. 152 del 2006 o da altra disposizione a tutela dell’ambiente ovvero se dalla commissione del fatto deriva la violazione di una o più norme previste dal citato d.lgs. n. 152 del 2006 o da altra legge che tutela l’ambiente. Nel caso specifico, il PM l’ha contestata in relazione all’art. 177, comma 4, lett. b), d.lgs. n. 152 del 2006 che stabilisce che “I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: b) senza causare inconvenienti da rumori o odori {.
Alla stregua delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Genova, in diversa persona fisica, per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Genova, in diversa persona fisica.
Così deciso, il 2 novembre 2023
Il Consigliere estensore