Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1810 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1810 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a MELFI il DATA_NASCITA
avverso la SENTENZA del 18/04/2023 del RAGIONE_SOCIALE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Procuratore generale, in persona del Sostituto NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma, ha confermato la decisione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di quella stessa città, che, nel giudizio abbreviato, a dichiarato NOME COGNOME, quale socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 30 nove 2018 – colpevole di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto ex art. 217 co. 1 n. 4 L.F., per avere ritardato il fallimento in presenza di una manifesta situazione di crisi econo così riqualificata la originaria contestazione di bancarotta fraudolenta impropria, condannand alla pena, principale e accessoria, di mesi quattro cli reclusione, riconosciute le circos attenuanti generiche e applicata la diminuente per il rito. L’imputato era stato assolto, primo grado, dal delitto di bancarotta fraudolenta documentale.
Il ricorso per cassazione, affidato al difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME, articol motivi.
2.1. Il primo denuncia vizi della motivazione, anche per travisamento della prova, costitu dalla testimonianza resa nel rito abbreviato dalla curatrice del fallimento, per sostener insussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
2.2. Il secondo motivo denuncia violazione di legge e correlati vizi della motivazione n dosimetria della pena, ingiustificatamente commisurata a partire da una entità prossima all metà edittale.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha concluso, con requisitoria scritta, l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha depositato una memoria scritta, riportandosi ai moti insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con il primo motivo, il ricorrente deduce il travisamento delle dichiarazioni della cura che, contrariamente a quanto si legge in sentenza, giammai avrebbe dichiarato che la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata inattiva da dieci anni al momento del fallimento; in realtà, il rifer testimoniale era alla crisi del settore, quella sì decennale. Da ciò, e dall’assenza in c ricorrente di specifiche competenze che avrebbero dovuto indirizzarlo congruamente, a fronte della crisi aziendale, deriva la insussistenza della colpa grave necessaria per la integrazi della fattispecie ravvisata.
1.1. La deduzione non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, che ha replicato alle doglianze sull’elemento soggettivo e, in merito alla specifica questione del travisamento d prova dichiarativa, ha evidenziato come i debiti aumentassero di anno in anno. Su tale punto Difesa nulla obietta, mentre la Corte di appello si è attenuta all’orientamento secondo cu tema di bancarotta semplice, l’aggravamento del dissesto punito dagli artt. 217, comma primo, n. 4 e 224 legge fall., consistente nel deterioramento della complessiva situazione economico finanziaria dell’impresa fallita, non essendo sufficiente ad integrarlo l’aumento di alcune
N
passive, deve essere provocato per colpa grave o per la mancata tempestiva richiesta di fallimento (Sez. 5, n. 27634 del 30/05/2019). Sotto il profilo soggettivo, la colpa grave omessa o intempestiva richiesta di fallimento può essere desunta, non sulla base del mero ritardo nella richiesta di fallimento, ma, in concreto, da una provata e consapevole omissione (Sez. 5 n. 18108 del 12/03/2018 Rv. 272823).
1.2.Nel caso di specie, la Corte d’appello, confermando la decisione del primo giudice, ha rilevat che l’imputato, nonostante la crisi aziendale che diveniva sempre più consistente anno dopo anno, con un crescendo dei debiti, e nonostante non potesse fronteggiare il pagamento delle retribuzioni dei dipendenti, né le spese gestionali, ha aggravato consapevolmente il dissest societario, omettendo di porre fine alla vita dell’azienda. Il fatto che il mercato dell’editor in crisi da dieci anni e che il commercialista che assisteva l’imputato per le attività contab gli avesse consigliato di richiedere il fallimento non sono circostanze che indirizz ragionevolmente verso la mancanza della consapevolezza dell’aggravamento progressivo del dissesto societario, ove si consideri che lo stesso imputato ha riferito al curatore “che non aveva richiesto il fallimento perché non aveva le risorse per far fronte ai debiti”. Correttamente, dunque, la Corte di appello ha tratto da tali elementi fattuali, con giudizio logico infere ineccepibile, il convincimento della consapevolezza del ricorrente della condizione di dissest societario e della necessità di chiedere la fine della RAGIONE_SOCIALE.
Parimenti infondato il secondo motivo. La Corte di appello ha supportato adeguatamente la scelta del trattamento sanzionatorio, richiamando il principio di equità e ancorando lo stesso a gravità del dissesto, che è stata esplicitata indicando l’ammontare, affatto trascurabile, dei d verso l’erario. Rispetto a tale argomentazione, il motivo si concentra sulla manca determinazione del preciso ammontare del debito tributario, con deduzione del tutto generica, mancando lo sviluppo critico della censura, che omette di indicare l’ammontare del debito, asseritamente contrastante con gli accertamenti del curatore, e di individuare le ragio dell’incoerenza della decisione con una diversa determinazione dell’importo ( del tut evanescente nella allegazione difensiva), che avrebbe potuto condurre a una più favorevole decisione sul punto.
2.1. Deve, del resto, ribadirsi che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente c conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena con “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243)
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilit determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giug
2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, addì 05 dicembre 2023
Il COsigliere estensore