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Bancarotta semplice: quando l’omissione contabile è reato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta semplice documentale a carico dell’amministratore di una società fallita. La sentenza ribadisce che la mancata giustificazione della destinazione di un bene aziendale equivale a prova della sua distrazione. Inoltre, chiarisce che il reato di bancarotta semplice documentale si configura per la sola omissione della tenuta delle scritture contabili, trattandosi di un reato di pericolo presunto che non richiede la prova dell’impossibilità di ricostruire il patrimonio.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Semplice e Distrazione: La Cassazione Chiarisce le Responsabilità dell’Amministratore

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 5114 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla responsabilità penale dell’amministratore in caso di fallimento, con particolare riferimento ai reati di bancarotta semplice documentale e bancarotta fraudolenta patrimoniale. Questa pronuncia ribadisce principi consolidati e definisce nettamente i confini degli obblighi gestori, specialmente per quanto riguarda la conservazione dei beni aziendali e la corretta tenuta della contabilità.

Il caso in esame: distrazione di beni e omissioni contabili

Il caso riguarda l’amministratore unico di una società cooperativa, dichiarata fallita. L’imputato è stato condannato in primo e secondo grado per due distinti reati:
1. Bancarotta fraudolenta patrimoniale: per aver distratto una macchina trasformatrice detenuta in leasing. Il bene, pur essendo a disposizione della società, non è stato ritrovato dal curatore fallimentare presso la sede aziendale, e l’amministratore non ha fornito alcuna spiegazione sulla sua diversa collocazione o destinazione.
2. Bancarotta documentale semplice: per aver omesso di tenere le scritture contabili nei tre anni antecedenti la dichiarazione di fallimento, in particolare per l’anno 2018 e i primi mesi del 2019.

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza di entrambi i reati. Per la distrazione, si sosteneva che la pubblica accusa non avesse provato l’effettiva sottrazione del bene. Per l’omissione contabile, si affermava che la mancata tenuta dei registri per l’ultimo periodo non aveva di fatto impedito la ricostruzione del patrimonio, data la sostanziale inattività della società in quel frangente, rendendo la condotta priva di offensività.

I principi di diritto sulla bancarotta semplice: le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo motivazioni nette su entrambi i fronti e consolidando l’orientamento giurisprudenziale in materia.

La responsabilità dell’amministratore per i beni scomparsi

Sul fronte della bancarotta patrimoniale, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la prova della distrazione di un bene aziendale può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della sua destinazione. In altre parole, l’amministratore ha un obbligo di conservazione del patrimonio sociale e un dovere di verità nei confronti del curatore. Se un bene scompare e l’amministratore, che ne aveva la disponibilità, non è in grado di giustificarne la sorte, si presume che lo abbia volontariamente sottratto alla garanzia dei creditori. L’onere della prova, di fatto, si inverte: non è l’accusa a dover provare la destinazione illecita, ma l’amministratore a dover dimostrare la destinazione lecita del bene.

La Corte ha inoltre specificato che l’intento fraudolento (dolo) è palese quando la condotta avviene in un momento di già evidente insolvenza della società, poiché l’amministratore agisce con la piena consapevolezza di mettere in pericolo l’integrità del patrimonio e, di conseguenza, i diritti dei creditori.

La natura della bancarotta semplice documentale

Ancora più netta la posizione della Corte sul reato di bancarotta semplice documentale. Viene chiarito che questo reato è un ‘reato di pericolo presunto’. Ciò significa che la legge punisce la condotta omissiva in sé (la mancata tenuta delle scritture contabili), senza che sia necessario dimostrare che tale omissione abbia concretamente impedito la ricostruzione del patrimonio e degli affari. L’impedimento alla ricostruzione è, infatti, un elemento costitutivo della più grave ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale, non di quella semplice.

L’obbligo di tenere la contabilità, prosegue la Corte, permane fino a quando l’attività commerciale non viene formalmente cessata tramite la cancellazione dal registro delle imprese, a prescindere dal fatto che la società sia operativa o meno. Di conseguenza, l’omessa consegna delle scritture del 2018 e l’omessa tenuta di quelle del 2019 sono state ritenute sufficienti per integrare il reato, indipendentemente dal pregiudizio concreto arrecato ai creditori.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza la posizione di garanzia dell’amministratore, sottolineando la severità degli obblighi che gravano su di lui, specialmente nell’imminenza di una crisi d’impresa. L’amministratore non può semplicemente ‘abbandonare’ la gestione contabile o i beni aziendali, nemmeno in una fase di inattività. La pronuncia conferma che la trasparenza e la correttezza formale sono valori tutelati penalmente in modo rigoroso, al fine di proteggere l’affidamento dei creditori e del mercato. Per gli amministratori, il messaggio è chiaro: la gestione del patrimonio e della contabilità deve essere impeccabile fino all’ultimo giorno di vita della società.

Chi deve provare la destinazione di un bene aziendale non trovato dopo il fallimento?
Spetta all’amministratore, che aveva la disponibilità del bene, dimostrarne la destinazione. La sua incapacità di fornire spiegazioni al curatore circa la sorte del bene costituisce prova della sua distrazione.

Per commettere il reato di bancarotta semplice documentale, è necessario che sia impossibile ricostruire il patrimonio della società?
No. La bancarotta documentale semplice è un reato di pericolo presunto. La legge punisce la mera omissione della tenuta delle scritture contabili obbligatorie, a prescindere dal fatto che tale omissione abbia o meno impedito la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari.

L’obbligo di tenere le scritture contabili cessa se la società è inattiva?
No. L’obbligo di tenere le scritture contabili viene meno solo con la formale cessazione dell’attività commerciale, formalizzata tramite la cancellazione della società dal registro delle imprese, indipendentemente dallo stato di operatività o inattività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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