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Bancarotta semplice: quando il ritardo è colpa grave

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta semplice a carico di un’amministratrice per aver ritardato la dichiarazione di fallimento, aggravando così il dissesto della società. La sentenza chiarisce che la colpa grave non può essere presunta dal solo ritardo, ma deve emergere da una consapevolezza dello stato di decozione e dalla mancata adozione di misure idonee a fronteggiare la crisi. Il ricorso dell’imputata, basato sull’assenza di colpa grave, sulla prescrizione e sulla sanzione, è stato rigettato.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Semplice: la Cassazione Definisce i Limiti della Colpa Grave

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 8580 del 2025, offre un’importante analisi sul reato di bancarotta semplice, in particolare quando derivante dall’aggravamento del dissesto societario. Il caso esaminato riguarda un’amministratrice condannata per aver ritardato la richiesta di fallimento della propria azienda. La Corte ha colto l’occasione per ribadire i criteri necessari a configurare la ‘colpa grave’, elemento psicologico indispensabile per la punibilità di tale condotta.

I Fatti di Causa

L’amministratrice di una società veniva condannata in secondo grado per il reato di bancarotta semplice. La Corte d’appello, pur riqualificando l’accusa iniziale (bancarotta impropria da operazioni dolose), riteneva l’imputata responsabile per aver aggravato lo stato di dissesto della società omettendo di presentare tempestivamente l’istanza di fallimento. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso in Cassazione, articolato su tre motivi principali:

1. Insussistenza della colpa grave: secondo la difesa, il semplice ritardo non è sufficiente a provare la colpa grave, che richiede una comprovata e consapevole omissione. Si sosteneva che la situazione di crisi fosse dovuta a cause esterne (il mancato pagamento di un credito significativo da parte di un’altra società, a sua volta fallita) e che fossero state adottate misure per fronteggiare l’esposizione debitoria.
2. Prescrizione del reato: la difesa riteneva che il termine di prescrizione fosse già decorso, individuando il momento consumativo del reato nelle singole condotte omissive e non nella data della sentenza di fallimento.
3. Trattamento sanzionatorio: si contestava la mancata applicazione della pena minima senza un’adeguata motivazione.

La Colpa Grave nella Bancarotta Semplice: l’Analisi della Corte

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel primo motivo di ricorso. La Corte conferma l’orientamento consolidato secondo cui, per integrare il reato di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto, non basta un mero ritardo nella dichiarazione di fallimento, ma è necessaria la ‘colpa grave’.

Tuttavia, i giudici chiariscono come tale colpa possa essere desunta da un insieme di elementi fattuali che dimostrino la piena consapevolezza dell’amministratore circa lo stato di decozione irreversibile dell’impresa. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva correttamente valorizzato tre circostanze decisive:

a) La preesistenza di un’imponente situazione debitoria, già maturata prima che l’imputata assumesse la carica.
b) Il mancato incasso di un credito strategico verso un’altra società, anch’essa fallita, che rendeva vano ogni tentativo di risanamento.
c) L’assenza di condotte concretamente idonee a ripristinare l’equilibrio operativo della società.

Secondo la Cassazione, da questi elementi l’amministratrice avrebbe dovuto logicamente dedurre l’impossibilità di proseguire l’attività economica. La scelta di ritardare il fallimento, in un quadro così compromesso, sostanzia la colpa grave richiesta dalla norma.

Altri Motivi di Ricorso: Prescrizione e Pena

La Corte ha rigettato anche gli altri due motivi. Sul tema della prescrizione, ha ribadito che il tempus commissi delicti nei reati di bancarotta prefallimentare si individua nel momento della dichiarazione di fallimento, e non nelle singole condotte precedenti. La sentenza di fallimento è l’evento che certifica l’offesa al bene giuridico tutelato (la par condicio creditorum). Di conseguenza, nessun termine di prescrizione era maturato.

Infine, riguardo alla sanzione, i giudici hanno ritenuto adeguata la motivazione della Corte d’appello. La pena irrogata, sensibilmente inferiore alla media edittale e vicina al minimo, era stata giustificata con un richiamo ai criteri generali dell’art. 133 del codice penale, ritenuto sufficiente data l’entità della pena stessa.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato in ogni sua parte. Il primo motivo è stato giudicato generico perché non si confrontava specificamente con l’articolato impianto argomentativo della sentenza d’appello, che non si era limitata a considerare il mero ritardo, ma aveva fondato la prova della colpa grave su una serie di elementi concreti e convergenti. La difesa, secondo la Corte, si era limitata a ribadire circostanze generiche (l’adozione di misure anti-crisi non meglio specificate) o eccentriche rispetto al nucleo della motivazione.

Il secondo motivo è stato definito manifestamente infondato, in quanto contrario al consolidato principio giurisprudenziale che fissa il momento consumativo del reato di bancarotta nella data della sentenza dichiarativa di fallimento.

Anche il terzo motivo è stato respinto, poiché la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte ha ritenuto che, essendo la pena finale molto vicina al minimo legale e significativamente ridotta grazie alle attenuanti e al rito abbreviato, il semplice richiamo ai criteri di adeguatezza dell’art. 133 c.p. costituisse una motivazione sufficiente.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio in materia di reati fallimentari: la responsabilità per bancarotta semplice da ritardata dichiarazione di fallimento non è automatica. L’accusa deve provare la sussistenza della colpa grave, che emerge non dal solo ritardo, ma dalla consapevolezza dell’amministratore dello stato di decozione irreversibile dell’impresa e dalla sua inerzia o dall’adozione di misure palesemente inadeguate. Per gli amministratori, ciò implica un dovere di monitoraggio costante della salute finanziaria della società e di agire tempestivamente quando la crisi diventa irreversibile, al fine di non aggravare il danno per i creditori e non incorrere in responsabilità penali.

Quando il ritardo nel dichiarare fallimento integra il reato di bancarotta semplice?
Il ritardo integra il reato di bancarotta semplice quando è assistito da ‘colpa grave’. Questa si configura se l’amministratore, pur avendo piena conoscenza dello stato di decozione irreversibile dell’impresa (desumibile da elementi come debiti preesistenti, mancanza di liquidità e assenza di prospettive di ripresa), omette di presentare l’istanza di fallimento, aggravando così il dissesto.

La colpa grave dell’amministratore può essere presunta dal solo ritardo?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che la colpa grave non è presunta ex lege dal mero ritardo. Deve essere concretamente provata, dimostrando una consapevole e comprovata omissione nell’osservanza degli obblighi di diligenza, basata su specifici elementi fattuali che rendevano evidente l’impossibilità di proseguire l’attività d’impresa.

Da quale momento inizia a decorrere la prescrizione per il reato di bancarotta semplice prefallimentare?
La prescrizione inizia a decorrere dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento. Secondo la giurisprudenza costante, è in quel momento che si perfeziona il reato, poiché la pronuncia giudiziale certifica l’offesa agli interessi dei creditori, indipendentemente da quando siano state poste in essere le condotte omissive che hanno aggravato il dissesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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