Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3016 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3016 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME nato a TERAMO il 21/05/1961
avverso la sentenza del 12/12/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di L’Aquila confermava la pronuncia di condanna di primo grado del ricorrente per il delitto di bancarotta semplice documentale, per avere, nella sua veste di amministratore unico, sino alla data del 22 dicembre 2014, e quindi, in quella di liquidatore, dalla predetta data al fallimento (dichiarato dal Tribunale di Teramo il 22 ottobre 2018), omesso la tenuta dei libri e delle scritture contabili prescrit dalla legge nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento.
Avverso la richiamata sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidandosi a tre motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti di cui all’art. 173 dis att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, innanzitutto, denuncia inosservanza o erronea applicazione degli artt. 217, comma 2, e 224 I.fall. e correlato vizio di motivazione, in relazione alla disposizione espressa dall’art. 2490, ultimo comma, cod. civ.
Sostiene, in particolare, che, poiché ai sensi della predetta previsione normativa, se per oltre tre anni consecutivi non è depositato il bilancio di liquidazione, la società è cancellata d’ufficio dal registro delle imprese, non avendo egli depositato, in veste di liquidatore, alcun bilancio dall’anno 2014, il triennio in questione era scaduto, al più, il 31 dicembre 2017, ossia in data antecedente di oltre dieci mesi rispetto a quella della dichiarazione di fallimento della società. Con la conseguenza che, a tale data, non aveva alcun obbligo di tenuta delle scritture contabili.
In subordine rappresenta che, proprio in virtù dell’art. 2490, ultimo comma, cod. civ., non aveva la consapevolezza né poteva essere ritenuto responsabile neppure a titolo di colpa essendo convinto di agire nel rispetto di tale previsione di legge.
2.2. Con il secondo motivo l’imputato denuncia inosservanza o erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. e correlato vizio di motivazione, essendo stata denegata l’applicazione della causa di non punibilità prevista da tale norma in base ad un ragionamento tautologico perché correlato al bene giuridico previsto dalla disposizione incriminatrice, ragionamento che, in sostanza, condurrebbe a dover ritenere che la predetta disposizione non può mai trovare
applicazione nell’ipotesi di responsabilità penale per il delitto di bancarotta documentale semplice.
2.3. Mediante il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 219 I. fall. e vizio di motivazione poiché, sempre con argomentazioni tautologiche, in quanto “riproduttive” della condotta di reato ascritta, il delitto non sarebbe stato considerato di particolare tenuità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso non è fondato sotto entrambi gli aspetti nei quali si articola.
La pur suggestiva argomentazione che fonda le doglianze formulate dal ricorrente, invero, non coglie nel segno.
1.1.L’art. 2490, ultimo comma, cod. civ. stabilisce che «qualora per oltre tre anni consecutivi non venga depositato il bilancio di cui al presente articolo, la società è cancellata d’ufficio dal registro delle imprese con gli effetti previsti dall’articolo 2495».
Tale norma, che fa riferimento, come indica la rubrica, al bilancio di liquidazione, risponde all’esigenza pratica di eliminare dal registro delle imprese società in liquidazione completamente inattive in relazione alle quali il liquidatore non dia corso agli adempimenti pubblicitari connessi alla fase liquidatoria. La cancellazione è pertanto funzionale all’interesse pubblicistico all’efficienza dei dispositivi predisposti per la pubblicità commerciale. Infatti, l’estinzione dell’ente comporta la conseguenza che, dopo la cancellazione, i creditori sociali rimasti insoddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci (stante i fenomeno successorio che trasferisce ad essi le obbligazioni ancora inadempiute, entro i limiti di quanto riscosso nella fase di liquidazione per i soci limitatamente responsabili e secondo la regola generale di cui all’art. 2740 cod. civ. per i soci illimitatamente responsabili: ex ceteris, sulla scia di Sez. U civ., n. 6070 del 12/03/2013, Rv. 625323 – 01; Sez. 3 civ., n. 11411 del 29/04/2024, Rv. 670798 – 01; Sez. 2 civ., n. 24246 del 09/08/2023), nonché dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa.
In questa ipotesi, come è stato chiarito dall’art. 40 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla I. 11 settembre 2020, n. 120, il provvedimento conclusivo della procedura d’ufficio è disposto con determinazione del conservatore. Cioè è richiesto pur sempre- anche d’ufficio da parte del conservatore per effetto delle richiamate disposizioni normative- un
atto formale di cancellazione della società dal registro delle imprese in dipendenza della rilevata presenza delle condizioni di cui all’ultimo comma dell’art. 2490 cod. civ., situazione, questa, che già in sé dà conto della diversità della condotta che integra il reato di bancarotta semplice documentale, contestata al ricorrente, rispetto a quella contemplata dalla norma suddetta.
1.2. Tanto premesso si osserva che questa Corte ha più volte affermato il principio, in relazione alla fattispecie di bancarotta semplice documentale, secondo cui l’obbligo di tenere le scritture contabili, la cui violazione integra il reato, viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese, indipendentemente dal fatto che manchino passività insolute, trattandosi di reato di pericolo presunto posto a tutela dell’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale dell’impresa, a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie (ex plurimis, Sez. 5, n. 20514 del 22/01/2019, Martino, Rv. 275261 – 01; Sez. 5, n. 15516 del 11/02/2011, COGNOME, Rv. 250086 – 01; Sez. 5, n. 35168 del 11/07/2005, COGNOME, Rv. 232572 – 01). L’obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno anche nel caso in cui manchino passività insolute ovvero l’attività di impresa della fallita sia cessata di fatto, dovendo ritenersi non più sussistente tale obbligo solo se l’azienda abbia cessato anche formalmente la propria attività con la cancellazione dal registro delle imprese (ex multis Sez. 5, n. 4727 del 15/3/2000, COGNOME, Rv. 215985; Sez. 5, n. 35168 del 11/7/2005, COGNOME, Rv. 232572; Sez. 5, n. 15516 del 11/2/2011, COGNOME, Rv. 250086).
Neppure nel caso di liquidazione l’obbligo di tenere le scritture contabili viene meno, tanto è vero che il legislatore si preoccupa di disciplinare le sorti dei libri contabili all’esito del compimento delle attività di liquidazione, disponendo all’art. 2496 cod. civ. che i libri della società devono essere depositati presso il Registro delle imprese a cura del liquidatore e conservati per dieci anni per poter essere consultati da chiunque ne faccia richiesta.
Le scritture contabili nella procedura di liquidazione sono finalizzate alla redazione del rendiconto degli amministratori alla data di messa in liquidazione della società e risultano indispensabili per il passaggio dalle valutazioni di funzionamento alle valutazioni di liquidazione, risultando propedeutiche alla redazione dei bilanci annuali e del bilancio finale. Tanto a dimostrazione del fatto che anche in caso di liquidazione incombono sull’organo rappresentativo della società gli obblighi di tenuta della contabilità e dei libri sociali.
1.3. Nel contesto descritto, pertanto, la disposizione espressa dall’art. 2490, ultimo comma, cod. civ. – relativa alla società in liquidazione che negli
ultimi tre anni non ha svolto le attività connesse a tale fase, mancando di depositare i bilanci- non può essere sovrapposta, né appare significativa in relazione alla responsabilità dell’amministratore/liquidatore ai sensi dell’art. 217, comma 2, l.fall. per l’omessa tenuta dei libri sociali e delle scritture contabili ricadendo tale responsabilità su un oggetto materiale diverso, non essendo il bilancio una scrittura contabile.
Più GLYPH volte GLYPH questa GLYPH Corte GLYPH ha, GLYPH infatti, GLYPH evidenziato GLYPH che GLYPH il GLYPH reato di bancarotta documentale fraudolenta o semplice non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” “scritture contabili” prevista dalla norma (arg. ex Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, Rv. 273925-01; Sez. 5, n. 47683 del 04/10/2016, Rv. 269503-01). Peraltro, il reato di inosservanza dell’obbligo di deposito del bilancio sociale alla data del fallimento, previsto dagli artt. 220 e 16 n. 3 I. fall., concorre con il reat di bancarotta semplice documentale, consistito nell’avere omesso di tenere il libro giornale e il libro degli inventari, trattandosi di fatti di reato aventi ogge materiale diverso.
Dunque, risulta irrilevante il mancato deposito dei bilanci di liquidazione rispetto all’obbligo di tenuta delle scritture contabili imposto al ricorrente.
2. Il secondo motivo non è fondato per le ragioni di seguito indicate.
Come hanno chiarito le Sezioni Unite della Corte di cassazione nella pronuncia “Tushaj”, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 – 01).
A differenza di quanto prospettato dal ricorrente questo vaglio concreto è stato adeguatamente compiuto dal provvedimento impugnato, che ha ritenuto esclusa la tenuità dell’offesa al bene giuridico protetto dalla norma, poiché la condotta del ricorrente ha ostacolato ricostruzione del patrimonio sociale e la movimentazione degli affari anche al curatore.
Il terzo motivo è parimenti non fondato, a fronte del logico argomentare della decisione della Corte territoriale anche laddove ha escluso la configurabilità di un danno patrimoniale di particolare tenuità rispetto a una condotta che ha di fatto impedito la ricostruzione della situazione economica dell’impresa.
E’ stata invero così fatta corretta applicazione del principio per il quale i danno di speciale tenuità di cui alla circostanza attenuante prevista dall’art. 219, comma terzo, legge fall., è quello cagionato dal fatto di reato globalmente considerato e non quello derivante dal passivo fallimentare, talché, in ipotesi di bancarotta documentale, detto danno non può valutarsi solo rispetto alla diminuzione che l’omessa tenuta dei libri contabili abbia determinato nella quota di attivo oggetto di riparto tra i creditori ma anche in relazione all’impossibilità ricostruire totalmente o parzialmente la situazione contabile dell’impresa fallita o di esercitare le azioni revocatorie o altre azioni a tutela dei creditori (ex ceteris, Sez. 5, n. 11725 del 10/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279098 – 01; Sez. 5, n. 5707 del 16/04/1986, Izzo, Rv. 173156-01).
Pertanto il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il Presidente
Così deciso in Roma il 3 dicembre 2024 Il Consigliere Estensore