Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1683 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1683 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PRIZZI il 01/06/1954 avverso la sentenza del 12/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso Udite le conclusioni del difensore di fiducia, avv, NOME COGNOME per il ricorrente che, nel riportarsi ai motivi di ricorso e alla memoria depositata in data 30 settembre 2024, ha concluso per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 12 gennaio 2024 la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia del 16 giugno 2020 del GUP del Tribunale di Ferrara, il quale, all’esito del giudizio abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di giustizia per il reato di bancarotta semplice documentale, nella sua qualità di amministratore e di liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Ferrara in data 11 aprile 2017.
Avverso la decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso l’imputato, attraverso il difensore di fiducia, articolando i motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale sul punto non ha fornito risposta a specifiche ed articolate circostanze di fatto richiamate nell’atto di appello quali:
-la inattività della società sin dall’anno 2008, data della messa in liquidazione e la relativa assenza di operazioni contabili da registrare;
la tenuta della contabilità ad opera del rag. COGNOME sino alla morte di quest’ultimo avvenuta nel febbraio 2010 allorquando il ricorrente era detenuto presso la casa circondariale di Torino, detenzione protrattasi ininterrottamente dal novembre 2009 al 113 aprile 2011;
il sequestro di tutte le scritture contabili della società da parte dell’autorità giudiziaria torinese presso lo studio del Colognesi in data 19 novembre 2009;
la immediata comunicazione da parte del ricorrente al curatore fallimentare di non essere in possesso delle scritture contabili in quanto sottoposte a sequestro da parte dell’autorità giudiziaria torinese e la mancata richiesta delle stesse da parte del curatore all’autorità giudiziaria dal momento che le scritture erano state verificate sono nel gennaio 2018 da parte della Guardia di finanza di Ferrara.
Tutte le circostanze di fatto richiamate non sono state affatto valutate dalla Corte territoriale anche al fine di verificare la sussistenza dell’elemento della colpa in capo all’imputato.
2.2. Con il secondo e il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata applicazione della condizione di non punibilità di cui all’art.131 bis cod. pen.
Già con l’atto di appello la difesa aveva evidenziato che i due precedenti penali del casellario giudiziario non potevano considerarsi ostativi all’applicabilità dell’art.131 bis cod. pen.
Un primo precedente era relativo ad una condanna del 2 aprile 1984 per la quale è intervenuta riabilitazione nel maggio 1994; un secondo precedente per fatti legati all’attività della società era relativo ad una condanna passata in cosa giudicata nell’anno 2016 in parte eseguita in regime detentivo ed in parte attraverso la misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
La sentenza si è limitata a rilevare che i precedenti riportati non consentivano di ritenere occasionale la condotta, omettendo di confrontarsi con le indicazioni di questa Corte, anche a Sezioni unite (Thushaj) sul concetto di comportamento abituale che richiede la commissione di almeno due illeciti oltre quello in esame.
La Corte territoriale non ha considerato le integrazioni normative introdotte dalla riforma Cartabia che ha consentito di valutare ai fini dell’applicabilità dell’istituto anche la condotta susseguente al reato.
2.3. Con il quarto motivo è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte territoriale non ha valutato numerosi elementi favorevoli all’imputato ai fini della concessione delle invocate attenuanti quali l’assenza di ulteriori incarichi successivamente ricoperti in altre società commerciali, il comportamento collaborativo tenuto nel corso dell’interrogatorio di garanzia, la disponibilità offerta al curatore fallimentare; ha piuttosto negato le circostanze attenuanti attraverso un apodittico richiamo ai gravi precedenti penali di cui si è già detto in precedenza.
2.4. Con il quinto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 219 comma terzo legge fallimentare.
Richiamando la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’attenuante in esame è applicabile anche alla bancarotta documentale semplice, la difesa lamenta anche in tal caso la assertiva e apparente motivazione laddove ha negato la circostanza attenuante in ragione di una indimostrata protrazione della violazione del dovere di consegna delle scritture contabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
1.11 primo motivo è fondato.
1.1. La sentenza impugnata nel confermare la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa:
ha richiamato la sentenza di primo grado che aveva stigmatizzato “il disinteresse” dimostrato dall’imputato alla tenuta e alla regolarizzazione della contabilità quanto meno a far tempo dalla data della cessazione della costrizione cautelare e sino alla data della dichiarazione di fallimento dal momento che sopravvive l’obbligo di presentazione del bilancio sino alla cancellazione del registro dell’imprese, facendo proprie siffatte argomentazioni;
ha evidenziato che si tratta di fattispecie di pericolo presunto che prescinde dal concreto pregiudizio delle ragioni creditorie e permane sino alla cancellazione della società dal registro delle imprese; né era ravvisabile la impossibilità per l’imputato di riprendere la compilazione delle scritture a far data dall’anno 2011.
1.2. La sentenza impugnata, dunque, non ha fornito risposta alle plurime circostanze di fatto in precedenza elencate (par.2.1. “ritenuto in fatto”) che nella prospettazione difensiva risultavano rilevanti al fine della verifica della sussistenza
della colpa, limitandosi a richiamare i contenuti della sentenza di primo grado e la natura di fattispecie di pericolo presunto della bancarotta semplice di cui all’art.217 comma terzo legge fallimentare.
La giurisprudenza di questa Corte nel delineare la differenza tra la bancarotta documentale semplice e quella fraudolenta documentale in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo ha evidenziato che quest’ultimo, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili (Sez. 5 n. 2900 del 02/10/2018, dep.2019, Rv.274630).
La sentenza va dunque annullata affinchè il giudice del rinvio verifichi la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa alla luce delle circostanze di fatto analiticamente enucleate nei motivi di ricorso.
3.L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi e pertanto il provvedimento impugnato va annullato con rinvio perché la Corte di appello di Bologna in diversa composizione proceda a nuovo giudizio.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2024 Il consigliere , estensore