Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24809 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24809 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN CATALDO il 14/01/1992
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta, che ha riqualificato il delitto di bancarotta fraudolenta documentale in bancarot semplice, così riformando la sentenza del Tribunale nisseno e riducendo la pena;
letta la memoria difensiva, con la quale si insiste nel rappresentare che l’unica condotta irregolare nella tenuta dele scritture contabili risulta essere quella commessa dall’imputata ne 2013 con la creazione di una errata partita contabile, alla quale seguiva la cessazione dalla carica nel 2015 e la sentenza di fallimento nel 2017;
Considerato che il primo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al concorso della ricorrente nel reato – non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motiva esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano particolare, pag. 1-2). Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rile degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiv riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944). La Corte territoriale ha diffusamente motivato sul punto oggetto di doglianza, ritenendo sussistente sia l’elemento soggettivo che oggettivo del reato in capo all’imputata per il periodo in cui la stessa ha ricoperto la carica di amministratrice della società, tene irregolarmente le scritture contabili. La sentenza impugnata esamina in modo puntuale la
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deposizione del curatore fallimentare, che riferisce dell’erronea appostazione del credito verso soci morosi per 150mila euro nel 2013, periodo in cui l’imputata era amministratrice, senza che poi vi fosse a seguire una regolare tenuta delle scritture contabili nel periodo intermedio fino fallimento, e quindi anche dal 2013 alla cessazione dell’incarico da parte della COGNOME, intervenuta nel 2015. Le doglianze che lamentano il difetto dell’elemento soggettivo del dolo di fraudolenza non si confrontano con la circostanza che la Corte di appello ha ritenuto sia la colpa il coefficiente attribuibile alla imputata, che è sufficiente a sostenere il delitto di ban semplice documentale. Tale conclusione non risulta, inoltre, in contraddizione con la ritenuta adesione dell’imputata, di giovane età, alla condotta posta in essere dal padre NOME COGNOME (cfr. fol. 3 della sentenza di primo grado) che diveniva amministratore in sequenza dal 2015. Infatti, la ritenuta colpa non collide, anzi risulta coerente, con la ‘posizione anci dell’imputata, come descritta dalla Corte territoriale, rispetto alla attività paterna e con l piena consapevolezza dell’azione paterna in danno dei creditori. L’argomento viene speso dalla Corte di appello proprio per escludere il concorso soggettivo fraudolento dell’imputata nella condotta del genitore paterna, sottintendendo una dimensione fiduciaria della relazione, che non collide logicamente con la negligenza e imperizia nell’appostazione errata del consistente importo di 150mila euro. D’altro canto, in tema di bancarotta semplice documentale, punibile anche a titolo di colpa, la responsabilità non può essere esclusa.deducendo incompetenza tecnica, posto che coloro che svolgono professionalmente una determinata attività hanno l’obbligo di conoscenza delle norme che la disciplinano e rispondono dell’illecito anche per colpa lieve (Sez. 5, n. 39009 del 28/05/2018, COGNOME, Rv. 273877 – 01, in relazione a un caso di omessa tenuta). Anche l’argomento che l’imputata sia stata mandata assolta dalle condotte distrattive, non risulta decisivo, in quanto in tema di bancarotta semplice documentale l’obbligo di tenere le scritture contabili integra il delitto di bancarotta semplice in quanto si tratta di reato di pericolo pres posto a tutela dell’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale dell’impresa, e ciò a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie (cfr. Sez. n. 20514 del 22/01/2019, Martino, Rv. 275261 – 01; conf. N. 15516 del 2011 Rv. 250086 01, N. 35168 del 2005 Rv. 232572 – 01, N. 20911 del 2011 Rv. 250407 – 01, N. 4727 del 2000 Rv. 215985 – 01). Infine, le denunce di travisamento della prova, in vero, propongono una rilettura delle deposizioni del curatore e del consulente di parte, non consentita in questa sede D’altro canto, lo stesso brano riportato in ricorso, al fol. 18, evidenzia come il curatore ab escluso che le scritture fornissero una ‘storia’ economico-patrimoniale attendibile di quanto accaduto, dalla errata appostazione del 2013 fino al 2017, e quindi anche per il periodo dal 2013 alla cessazione dell’incarico da parte di Martorana nel 2015. La denuncia di travisamento quanto alle dichiarazioni del consulente di parte trova adeguata risposta – il che rende la non d cisiva e, quindi, non consentita – nell’argomento della Corte di appello che per un verso rileva come la ricostruzione del curatore collida con quella offerta dal consulente e, comunque, sia superata dal dato che l’appostazione – di natura ‘opposta’ a quella reale ritenuta dal consulente (una voce di credito in luogo di una voce di debito, anche soggettivamente diversa, l’una verso i soci, l’altra Corte di Cassazione – copia non ufficiale
verso i creditori-fornitori) – non avesse alcuna spiegazione e si integrasse in un contesto contabile caratterizzato da ulteriori lacune relative alla posizione debitoria della fallita; perta
doglianze sono manifestamente infondate oltre che non consentite per le esposte ragioni;
Considerato che il secondo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis
cod. pen. – è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha escluso l’applicabilità dell’istit in forza della gravità del fatto, in considerazione dell’ammontare delle operazioni contabil
oggetto di errata annotazione, così rendendo una motivazione congrua ed esente da vizi logici;
per altro, l’affermazione che l’irregolare tenuta sia consistita solo nella errata indicazione credito di 150mila euro è smentita dalla circostanza che la complessiva tenuta delle scritture da
parte dell’imputata fu irregolare fino alla cessazione dall’incarico (fol. 4 della sente impugnata). Né rileva la circostanza che il curatore abbia tratto
aliunde elementi per la
ricostruzione della storia contabile aziendale, in quanto il reato sussiste anche se gl accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili
con particolare diligenza, poiché la necessità di acquisire i dati documentali presso terz costituisce riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da render non impossibile, quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari (Sez. 5, n. 21028 del 21/02/2020, Capasso, Rv. 279346 – 01; Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018, dep. 16/01/2019, Cortinovis, Rv. 274455 – 01, in tema di bancarotta documentale fraudolenta);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 giugno 2025
Il Presidente