LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta: responsabilità amministratore senza delega

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per bancarotta impropria a carico di un’amministratrice. La sentenza chiarisce un punto fondamentale: la responsabilità penale di un amministratore senza delega non deriva automaticamente dalla sua carica. Per affermare la sua colpevolezza, l’accusa deve dimostrare che fosse a conoscenza di ‘segnali d’allarme’ inequivocabili e che abbia volontariamente omesso di agire, accettando così il rischio del fallimento. Viene così rigettata una responsabilità di mera posizione, richiedendo una prova concreta del dolo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta: quando risponde l’amministratore senza delega?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 14199/2025) ha segnato un punto cruciale nella definizione della responsabilità penale dell’amministratore senza delega in caso di bancarotta impropria. La Corte ha stabilito che non è sufficiente ricoprire una carica nel consiglio di amministrazione per essere automaticamente ritenuti responsabili del fallimento societario. È necessaria la prova di una condotta omissiva consapevole e volontaria. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un’amministratrice di una S.r.l., condannata in primo e secondo grado per bancarotta impropria. L’accusa era di aver causato il fallimento della società attraverso il sistematico e protratto inadempimento delle obbligazioni tributarie, contributive e previdenziali in un arco temporale che andava dal 2005 al 2012. La difesa dell’imputata, tuttavia, ha sollevato una questione fondamentale: per una parte significativa di quel periodo (fino a giugno 2009), pur essendo presidente del CdA, non deteneva deleghe gestionali, che erano invece affidate ad altri consiglieri. Solo successivamente era divenuta amministratrice unica.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’imputata, annullando la sentenza di condanna e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione della responsabilità penale a seconda dei poteri effettivamente esercitati. I giudici di legittimità hanno ritenuto insufficiente e carente la motivazione della Corte territoriale, la quale aveva attribuito la responsabilità all’imputata per l’intero periodo basandosi sulla sua ‘posizione preminente’ di presidente e sul conseguente dovere di vigilanza.

Le Motivazioni: la responsabilità dell’amministratore senza delega

La Cassazione ha ribadito un principio di diritto fondamentale: la responsabilità penale è personale e non può derivare da una mera ‘responsabilità di posizione’. Per un amministratore senza delega, il concorso nel reato di bancarotta per omesso impedimento dell’evento non è automatico. L’accusa deve soddisfare un onere probatorio rigoroso, dimostrando due elementi chiave:

1. L’effettiva conoscenza di ‘segnali di allarme’: Non basta un generico dovere di vigilanza. È necessario provare che l’amministratore non operativo fosse concretamente a conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società (come il sistematico inadempimento fiscale) o, quantomeno, di segnali inequivocabili che indicavano una gestione illecita.
2. La volontà di non attivarsi (dolo eventuale): Una volta provata la conoscenza, bisogna dimostrare che l’amministratore abbia volontariamente deciso di rimanere inerte, accettando il rischio che tale condotta illecita potesse portare al fallimento della società. Non è sufficiente una colpa, anche grave, ma è richiesta l’adesione psicologica all’evento, seppur nella forma del dolo eventuale.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello non aveva chiarito su quali elementi probatori si fondasse l’affermazione che l’imputata, nel periodo in cui era priva di poteri gestori, fosse venuta a conoscenza della politica di sistematica evasione fiscale e l’avesse avallata con la sua inerzia. Al contrario, la difesa aveva evidenziato che, una volta assunti i pieni poteri, l’amministratrice aveva tentato di invertire la rotta, ad esempio pagando una parte dei debiti erariali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza la tutela del diritto di difesa e il principio di personalità della responsabilità penale nell’ambito dei reati societari. Per gli amministratori, in particolare quelli privi di deleghe operative, essa chiarisce che la loro responsabilità non può essere presunta sulla base del ruolo ricoperto. È un monito per l’accusa, che dovrà sempre fornire prove concrete della partecipazione psicologica dell’amministratore senza delega ai fatti che hanno condotto al dissesto, distinguendo nettamente tra negligenza (non penalmente rilevante in questo contesto) e adesione volontaria, anche solo in termini di accettazione del rischio, all’evento illecito.

Un amministratore senza delega risponde sempre per la bancarotta della società?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola carica di presidente o consigliere non è sufficiente per affermare la responsabilità penale. È necessario che l’accusa provi la sua effettiva conoscenza di condotte illecite e la sua volontaria omissione nell’intervenire.

Cosa deve provare l’accusa per condannare un amministratore senza delega per bancarotta?
L’accusa deve dimostrare che l’amministratore fosse a conoscenza di ‘segnali di allarme’ inequivocabili sulla gestione dannosa della società e che, ciononostante, abbia scelto di non agire, accettando consapevolmente il rischio che si verificasse il fallimento (dolo eventuale).

Il sistematico mancato pagamento delle imposte costituisce sempre reato di bancarotta?
Può costituire l’operazione dolosa che causa il fallimento, integrando il reato di bancarotta impropria. Tuttavia, la responsabilità di tale condotta deve essere attribuita individualmente a chi, con dolo, ha posto in essere o ha omesso di impedire tale sistematica violazione, avendone il potere e il dovere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati