Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24728 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24728 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MACERATA il 12/10/1975
avverso la sentenza del 30/09/2024 della CORTE D’APPELLO DI ANCONA Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME anche in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, che hanno illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Ancona, con la sentenza emessa il 30 settembre 2024, confermava quella del Tribunale di Fermo, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME in ordine al delitto di bancarotta societaria di tipo preferenziale, contestata al capo a) della imputazione, così riqualificata l’originaria condotta di bancarotta fraudolenta per distrazione.
Tale ultima condotta riguardava i pagamenti effettuati nella qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE Matteo COGNOME negli anni 2017 e 2018. Diversamente il Tribunale aveva mandato assolto l’imputato dalle residue condotte distrattive contestate al capo a) e dal delitto di bancarotta impropria da false comunicazioni sociali contestato al capo c), per insussistenza del fatto, oltre che dal delitto di bancarotta preferenziale di cui al capo b) pe difetto dell’elemento soggettivo.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di quattro motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dello stato di dissesto al momento dei pagamenti ritenuti preferenziali. Lamenta il ricorrente contraddittorietà della motivazione, in quanto l’assoluzione da parte della sentenza di primo grado, in ordine alla condotta di bancarotta societaria sub capo c), esclude che la società poi fallita nel 2017 fosse già in stato di decozione e, quindi, i pagamenti in favore della RAGIONE_SOCIALE potessero già avere una connotazione preferenziale.
Il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza del requisito della violazione della par condicio creditorum.
Il ricorrente lamenta la contraddittorietà fra l’assoluzione della bancarotta preferenziale di cui al capo b), successiva cronologicamente a quella omogenea per la quale è intervenuta condanna. La sentenza di primo grado evidenziava come dovesse andare assolto l’imputato dalla condotta sub capo b) in quanto non era stata provata l’esistenza di altri creditori rimasti insoddisfatti per effetto de cessione dei crediti in favore della cessionaria RAGIONE_SOCIALE
Da ciò deriva, secondo il ricorrente, l’illogicità della decisione di condanna che confligge con l’assenza di creditori danneggiati.
Il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al dolo specifico richiesto.
Oltre a richiamare il deficit di sussistenza e consapevolezza dello stato di dissesto, per le ragioni esposte, il ricorrente rileva come anche il pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE assumeva la caratteristica di essere funzionale alla salvaguardia della attività sociali e imprenditoriali, essendo il creditore in questione il fornit primario della fallita, in quanto agente per il procacciamento di clientela.
I pagamenti alla RAGIONE_SOCIALE, società facente capo da sempre ad Appignanesi, che però non percepiva alcun compenso come amministratore, dovevano quindi essere equiparati a quelli essenziali per la vita della società, alla stregua di quanto già ritenuto dal Tribunale per la condotta preferenziale per la quale era intervenuta l’assoluzione.
Il quarto motivo, infine, lamenta violazione di legge in relazione all’aggravante della pluralità di fatti di bancarotta, essendo stata l’aggravante riconosciuta in relazione all’unica contestazione di bancarotta preferenziale, che
non configura la pluralità dei fatti pur in presenza di due versamenti in relazione a due annualità. In sostanza la condotta sarebbe unica il che escluderebbe l’aggravante ritenuta.
Il ricorso è stato trattato con l’intervento delle parti, ai sensi del rinnovat art. 611 cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022 e successive integ razioni.
Le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato, nei termini che seguono.
Il primo e il secondo motivo sono infondati.
2.1 A ben vedere, va premesso che ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è necessaria la violazione della par condicio creditorum nella procedura fallimentare (elemento oggettivo) e il dolo specifico costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri (elemento soggettivo), con la conseguenza che la condotta illecita non consiste nell’indebito depauperamento del patrimonio del debitore ma nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori.
Va subito evidenziato, restando sul coefficiente oggettivo del delitto, che la lesione del bene giuridico tutelato – la par condicio creditorum implichi la sussistenza di una situazione di pericolo concreto per la soddisfazione dei creditori diversi da quello soddisfatto.
Sez. U, n. 28910 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 276286 – 03, in motivazione ribadisce il pacifico orientamento giurisprudenziale per il quale, ai fini dell configurabilità del reato di bancarotta preferenziale, è necessaria la violazione della par condicio creditorum, che consiste nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori, sicché deve essere provata l’esistenza di altri creditori, che vantino ragioni prevalenti o eguali, rimasti insoddisfatti p effetto del pagamento eseguito al preferito (Sez. 5, n. 3797 del 15/01/2018, COGNOME, Rv. 272165; Sez. 5, n. 32637 del 16/04/2018, Marcello, Rv. 273712; Sez. 5, n. 15712 del 12/03/2014, Consol, Rv. 260221; Sez. 5, n. 15712 del 12/03/2014, COGNOME, rv.260221)
Occorre che sia verificata ex ante la situazione di insolvenza e il pericolo concreto che il pagamento, operato in tale contesto, possa produrre una alterazione nell’ordine di soddisfazione dei creditori, consistendo l’evento giuridico del reato nella alterazione dell’ordine previsto dall’art. 2741 cod. civ.
In sostanza, come è stato acutamente osservato, pur se la norma incriminatrice non contempla espressamente, come requisito oggettivo del reato, la situazione di insolvenza, onde non è del tutto necessaria, a fini penali, una sua formale definizione, «indubbiamente, essa viene implicitamente sottesa dalla dinamica del precetto». Si è rilevato – da parte di Sez. 5, n. 35886 del 20/07/2009, Corsano, Rv. 244921 – 01, in motivazione – che «al dettato della I. fall., art. 5, si apprende che lo stato d’insolvenza consiste in una situazione di impotenza economica che si realizza allorquando l’imprenditore non è più in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, in quanto sono venute meno le necessarie condizioni di liquidità e di credito. Esso è configurabile anche in assenza di protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti, i quali non costituiscono parametro esclusivo del giudizio sul dissesto».
Lo stato di insolvenza può essere accertato giudizialmente, «quando le condizioni sia patrimoniali sia economiche sia finanziarie dell’impresa lascino ragionevolmente presagire l’imminente paralisi nei pagamenti».
È l’insolvenza che toglie «all’imprenditore il diritto e il dovere di disporre del proprio patrimonio per fare fronte alle proprie obbligazioni in quanto altrimenti si porrebbe a repentaglio la par condicio creditorum» (così in motivazione, Sez. 1 civ., n. 10875 del 17/12/1994, Rv. 489293 – 01).
Pertanto, il compito del giudice penale consiste nel verificare la sussistenza di un pericolo concreto – conseguente al pagamento effettuato in favore di uno dei creditori – per la soddisfazione del restante ceto creditorio.
Tanto premesso, nel caso in esame, rispetto alla sussistenza dello stato di insolvenza, la motivazione della Corte di appello è oltremodo congrua e priva di aporie logiche manifeste.
La Corte territoriale, al fol. 5 della sentenza, chiarisce in modo dettagliato come il pesante «indebitamento a breve termine » della società sussistesse fin dal 2015, con debiti quasi superiori al fatturato, lievitazione e capitalizzazione dei costi di gestione fra l’esercizio 2016 e 2017, a fronte delle difficoltà di far fronte ag impegni di breve termine con risorse finanziarie proprie. A ciò conseguiva l’incremento dei debiti sia a lungo che a medio termine – dettagliatamente indicati dal 2014 al 2018 – oltre che a breve termine – per lo stesso arco temporale cosicché il curatore rilevava come alla data del fallimento, intervenuto il 15
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febbraio 2019, l’esposizione debitoria fosse accresciuta ad oltre due milioni e trecentomila euro, nei confronti di banche, fornitori, istituti previdenziali e fisco.
In sostanza la Corte di appello chiarisce che tale situazione di insolvenza era già ben nota all’imputato, all’atto dei pagamenti in esame. Il Collegio territoriale, quindi, richiama la sussistenza della ‘messa in pericolo’ della par condicio «profilandosi la decozione», in quanto l’imputato «ha inteso assicurarsi il soddisfacimento dei propri crediti nella consapevole alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori».
Con tali argomenti, anche quanto al profilo oggettivo, non si confronta il motivo ora in esame, che lamenta per lo più la contraddittorietà intrinseca con l’assoluzione intervenuta per l’ulteriore bancarotta preferenziale, pur essendo avvenuto il pagamento di cui al capo b) nello stesso anno di quello ora in contestazione, vale a dire nel 2018.
A tal proposito, la Corte di appello chiarisce, però, in modo pertinente che l’assoluzione non era intervenuta per insussistenza del fatto (quindi non per l’assenza di altri creditori danneggiati) bensì perché il fatto non costituisce reato, avendo valorizzato la sentenza di primo grado quanto contenuto nella stessa imputazione, vale a dire che la cessione dei crediti servì a soddisfare i creditori, quali dipendenti e fornitori: in sostanza tale operazione veniva resa lecita dal principio per cui l’elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo specifico, consistente nella volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri secondo lo schema del dolo eventuale. L’assoluzione conseguiva alla constatazione che la finalità di avvantaggiare un creditore in danno degli altri non sia ravvisabile allorché il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi pi che ragionevolmente perseguibile (Sez. 5, n. 54465 del 05/06/2018, M., Rv. 274188 – 01, nel caso di erogazioni di denaro effettuate in favore di una società a cui erano stati affidati lavori edili in subappalto, in modo da ottenere dalla committente il pagamento dei lavori in corso d’opera e garantire così la sopravvivenza finanziaria della società amministrata dall’imputato).
Sul punto più generale del dolo si tornerà a proposito del terzo motivo di ricorso. In questa sede è sufficiente osservare come la Corte di appello chiarisca, senza alcuna incongruenza logica, la distinzione esistente fra le due ipotesi di bancarotta preferenziale: mentre la cessione dei crediti alla Light Pro – capo b) aveva la funzione di evitare il fallimento, non altrettanto accadeva per il pagamento alla impresa RAGIONE_SOCIALE, della quale titolare era lo stesso imputato, che dunque ricopriva le funzioni di debitore, quale amministratore della fallenda, e di creditore. Non è manifestamente illogica l’affermazione che il pagamento fosse
esclusivamente funzionale al tornaconto personale dell’imputato. Anche perché la doglianza si limita a prospettare l’indispensabilità del ruolo di Luxage per la fallita Alm, senza però denunciare travisamenti al fine di sostenere tale affermazione, in modo quindi non comprovato quindi, così da consentire a questa Corte di rilevare un vizio di motivazione decisivo a riguardo.
Infine, deve evidenziarsi, in assenza della contraddizione intrinseca alle sentenze di merito per quanto fin qui osservato, che comunque la Corte territoriale, in assenza di impugnazione del pubblico ministero in ordine alla condotta di bancarotta preferenziale esclusa dal primo giudice, non poteva rimodulare la coerenza complessiva delle decisioni di primo e secondo grado, né doveva giungere ad accogliere l’appello solo per la denunciata – e non sussistente – contraddizione.
Invece la Corte di appello, correttamente, si è confrontata con il delitto per il quale l’imputato aveva proposto appello, offrendo una motivazione immune da vizi logici sul punto in esame. Il che vale anche in relazione a quanto dedotto con il primo motivo di ricorso, allorché si afferma che la contraddizione sussisterebbe con l’assoluzione dal delitto di bancarotta impropria da false comunicazioni sociali, che implica il nesso di causalità con il dissesto. Ma anche in questo caso la doglianza non coglie che l’assoluzione in primo grado era intervenuta per insussistenza del fatto, cioè per la corretta appostazione in bilancio delle operazioni contestate, cosicché dal proscioglimento non può farsi derivare l’inesistenza del dissesto, come sostiene il ricorrente, in quanto ciò che difetta è invece il presupposto della falsità in bilancio.
2.2 Deve pertanto affermarsi che il delitto di bancarotta preferenziale implica la verifica ex ante, in ordine all’elemento oggettivo del reato, della sussistenza di indici di insolvenza, esistente o prossima, al momento del pagamento contestato, tali da rendere quest’ultimo idoneo a mettere in pericolo la par condicio creditorum e quindi l’interesse dei creditori al trattamento paritetico in caso di insolvenza.
Quanto al terzo motivo di ricorso, inerente il dolo richiesto, in parte ha trovato risposta, poiché si è già dato atto che la Corte di appello ha chiarito la piena consapevolezza dell’imputato in ordine alla condizione di insolvenza della Alnn.
Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha dato anche atto dello squilibrio patrimoniale in atto: sussisteva uno stato di allarmante crisi che avrebbe imposto l’immediato ricorso ad una procedura concorsuale. Inoltre, piena consapevolezza a riguardo aveva l’imputato, anche in forza della situazione patrimoniale preesistente nel biennio antecedente il pagamento alla propria impresa individuale. In sostanza viene offerta una adeguata motivazione in ordine al dolo
specifico – costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto – allorché si legge del tornaconto personale dell’imputato, nonché dell’accettazione della eventualità di un danno per gli altri creditori, in ragione della circostanza che il curatore aveva accertato che alla data della dichiarazione di fallimento l’esposizione per oltre due milioni di euro sussisteva sia con creditori istituzionali, ma anche con creditori privati, come i fornitori, fra i quale certamente si può annoverare la RAGIONE_SOCIALE di Appignanesi, avvantaggiata con pagamenti dell’anno precedente e di due anni prima rispetto alla sentenza di fallimento (cfr. sul punto, Sez. 5, n. 15712 del 12/03/2014, Consol, Rv. 260221 – 01; Sez. 5, n. 16983 del 05/03/2014, Liori, Rv 262904, fra le altre). Ne consegue l’infondatezza anche del terzo motivo.
4. Il quarto motivo è fondato.
4.1 Rispetto alla ritenuta responsabilità per il delitto di bancarotta preferenziale, sono stati ritenuti accertati due pagamenti, nell’anno 2017 per oltre 79 mila euro, nell’anno 2018 per oltre 23 mila euro, in favore della impresa individuale RAGIONE_SOCIALE di. NOME COGNOME.
La Corte di appello ha ritenuto applicabile l’aggravante dell’art. 219, comma secondo, I. fall., rilevando la sussistenza di due autonome condotte di bancarotta preferenziale e ritenendo sussistente la ‘pluralità’ di fatti di bancarotta.
Si legge nella sentenza delle Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249667 – 01, al par. 5.3 che «l’art. 219, comma secondo, n.1, legge fati. altro non è che un’ipotesi di concorso di reati, icasticamente definita da una parte della dottrina come una sorta di “continuazione fallimentare”, regolamentata in deroga alla disciplina generale sul concorso di reati e sulla continuazione.
Non è un caso che l’ambito di operatività della norma coincide con quello dell’art. 81, comma secondo, cod. pen., così come modificato dall’art. 8 d.l. 11 aprile 1974, n. 99 (introdotto dalla legge di conversione 7 giugno 1974, n. 220): la norma codicistica fa riferimento sia all’inosservanza di ipotesi delittuose diverse, sia alla violazione della medesima disposizione di legge; la norma della legge fallimentare deve intendersi, come meglio si preciserà in seguito, applicabile sia in caso di “più fatti” costituenti reiterazione della medesima fattispecie tipica, sia in caso di “più fatti” rappresentanti la realizzazione di situazioni differenti. La portat derogatoria della disciplina introdotta dall’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall., rispetto a quella generale di cui all’art. 81 cod. pen., si apprezza in maniera ancora più evidente, ove si consideri che, al momento dell’entrata in vigore della legge fallimentare, il reato poteva definirsi “continuato”, in base al testo originario dell’art. 81, comma secondo, cod. pen., soltanto in costanza di più violazioni della stessa disposizione di legge. Il legislatore del 1942, quindi, facendo ricorso alla
categoria giuridica della circostanza aggravante, che, come si è detto, è tale solo dal punto di vista funzionale, ma non da quello strutturale, ha inteso, per ragioni di favor rei, dettare una particolare disciplina della continuazione in tema di reati fallimentari, con l’effetto che i singoli fatti di bancarotta, pur unitariament considerati quoad poenam, conservano, ove ne ricorrano i presupposti, la loro autonomia sia sul piano ontologico che su quello giuridico».
Il presupposto per l’applicazione dell’aggravante in esame è, però, l’autonomia delle condotte sul pianto ontologico e giuridico.
Nel caso in esame, invece, deve evidenziarsi come i due pagamenti risultino operati nei confronti dello stesso creditore, con la medesima causa contrattuale, in sequenza cronologica, determinando così la lesione del medesimo bene giuridico, vale a dire la par condicio creditorum: in tal senso deve riscontrarsi l’omogeneità delle condotte che devono essere ricondotte ad una unica violazione dell’art. 216, comma 3, I. fall. difettando proprio l’autonomia dei due pagamenti.
In tal senso, occorre confrontarsi con un orientamento consolidato in tema di bancarotta patrimoniale distrattiva, ove a più riprese questa Corte ha osservato come il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ha natura di reato a condotta eventualmente plurima, che può essere realizzato con uno o più atti, senza che la loro ripetizione, nell’ambito dello stesso fallimento, dia luogo ad una pluralità di reati in continuazione, non venendo meno il carattere unitario del reato quando le condotte previste dall’art. 216 legge fall. siano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico, e temporalmente contigue (Sez. 5, n. 13382 del 03/11/2020, dep. 09/04/2021, COGNOME Rv. 281031 – 01: la Corte, in applicazione del principio, ha ritenuto unitaria la condotta di reato consistita in plurimi atti distrazione di liquidità di un istituto di credito, mediante finanziamenti o affidamenti con scoperto, realizzati in continuità nel periodo antecedente la dichiarazione di insolvenza).
È stato anche più recentemente affermato, in tema di bancarotta fraudolenta distrattiva, che sussiste pluralità di reati solo laddove le singole condotte, riconducibili alle azioni tipiche previste dalle singole fattispecie incriminatrici, sian distinte sul piano ontologico, psicologico e funzionale e abbiano a oggetto beni specifici differenti (Sez. 5, n. 17799 del 01/04/2022, COGNOME, Rv. 283253 – 02: in motivazione la Corte ha evidenziato che, diversamente, non si ha pluralità di reati nel caso in cui le condotte previste dall’art. 216 legge fall., realizzate con più atti siano tra loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico e temporalmente contigue).
Da ultimo, Sez. 5, n. 41539 del 10/10/2024, COGNOME, Rv. 287170 – 01, ha ribadito che in tema di bancarotta fraudolenta distrattiva, non è configurabile l’aggravante di più fatti di bancarotta nel caso di una pluralità di condotte
distrattive, temporalmente contigue e aventi tutte ad oggetto beni mobili, seppur differenti sul piano materiale, quali denaro e arredi.
Tali principi ben possono trovare applicazione anche nel caso della bancarotta preferenziale, ed anche nel caso di specie, tanto più che la condotta come prevista
dalla norma incriminatrice dell’art. 216, comma 3, I. fall. già in sé fa riferimento ad una pluralità di pagamenti e non al singolo pagamento.
4.2 Deve, pertanto, affermarsi che in tema di bancarotta fraudolenta preferenziale, non è configurabile l’aggravante dei più fatti di bancarotta ex art.
219, comma secondo, I. fall. nel caso di una pluralità di pagamenti che non siano autonomi, bensì temporalmente contigui, abbiano la medesima causa
contrattuale, siano lesivi del medesimo bene giuridico della par condicio cred itoru m.
5. Ne consegue l’annullamento della sentenza sul punto, con la necessità del rinvio ai fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio, in quanto il venir
meno della aggravante ex art. 219, comma secondo, I. fall. richiede una valutazione di merito in ordine alla dosimetria della pena, tenuto conto che le circostanze attenuanti generiche erano state riconosciute equivalenti alla menzionata aggravante.
Nel resto il ricorso va complessivamente rigettato.
P.Q.M.
Esclusa l’aggravante di cui all’art. 219, comma secondo, I. fall., annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di L’Aquila; rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 13/05/2025