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Bancarotta preferenziale: dolo e concorso dell’extraneus

La Corte di Cassazione conferma la responsabilità per bancarotta preferenziale di un creditore che aveva ricevuto un bene immobile da un socio, poi fallito, di una società di fatto. La sentenza analizza gli elementi indiziari sufficienti a dimostrare la consapevolezza del creditore riguardo l’esistenza della società e lo stato di difficoltà finanziaria del debitore, elementi che integrano il dolo del reato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta Preferenziale: la Cassazione sul Dolo del Creditore Esterno

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5040/2025, si è pronunciata su un complesso caso di bancarotta preferenziale, offrendo chiarimenti cruciali sul ruolo e sulla responsabilità del creditore (extraneus) che beneficia di un atto di disposizione patrimoniale prima della dichiarazione di fallimento del debitore. La vicenda, che ha origine dalla distrazione di un immobile a Londra, mette in luce come la consapevolezza della situazione di difficoltà del debitore sia sufficiente a integrare l’elemento soggettivo del reato, anche senza una conoscenza tecnica dello stato di insolvenza.

I Fatti: Una Complessa Operazione Finanziaria

La vicenda giudiziaria nasce dal fallimento di una società di fatto, operante nel settore finanziario, e dei suoi soci illimitatamente responsabili. A uno di questi soci, un noto faccendiere, viene contestato di aver distratto un proprio bene personale – un diritto di ‘leasehold’ su un appartamento a Londra – per soddisfare in via preferenziale uno dei suoi creditori, l’imputato nel presente procedimento.

Quest’ultimo, a fronte di un cospicuo investimento personale non andato a buon fine, aveva ricevuto il bene immobile in pagamento. L’operazione era stata strutturata attraverso una serie di passaggi societari complessi, coinvolgendo società inglesi e italiane, allo scopo di trasferire la proprietà del bene al creditore, garantendogli una posizione di privilegio rispetto alla massa degli altri creditori del socio, ormai prossimo al fallimento.

Il Percorso Giudiziario e la Qualificazione del Reato

Il caso ha avuto un iter processuale travagliato. Inizialmente contestato come bancarotta fraudolenta per distrazione, il reato è stato riqualificato in bancarotta preferenziale dalla Corte di Appello in sede di rinvio dalla Cassazione. Il nodo centrale della questione è diventato accertare se il creditore beneficiario fosse consapevole non solo del credito vantato, ma anche dell’esistenza della società di fatto e della situazione patrimoniale critica del suo debitore, tale da ledere i diritti degli altri creditori.

Il ricorrente, un avvocato civilista, sosteneva di non essere a conoscenza della complessa architettura societaria e dello stato di insolvenza del suo debitore. La Procura, invece, ha insistito per la conferma della responsabilità, evidenziando una serie di elementi che provavano tale consapevolezza.

La Valutazione degli Indizi nella Bancarotta Preferenziale

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendo la motivazione adeguata e logicamente coerente. I giudici di merito avevano correttamente basato la prova della responsabilità dell’imputato su una serie di elementi concordanti e non su un singolo indizio:

1. Dichiarazioni dell’imputato: Ammissioni fatte durante l’interrogatorio di garanzia.
2. Documentazione scritta: Una ricognizione di debito sottoscritta congiuntamente dal debitore e da un altro socio di fatto, e una missiva che attestava la responsabilità solidale di entrambi per l’investimento.
3. Testimonianze: Il racconto di un altro creditore (costituito parte civile) su un incontro in cui l’imputato avrebbe dimostrato di conoscere la rete di persone coinvolte nell’attività illecita.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno permesso alla Corte di concludere che l’imputato non poteva non essere a conoscenza della comunanza di interessi tra i soci e, di conseguenza, dell’esistenza di una società di fatto e delle sue precarie condizioni finanziarie.

Il Dolo nella Bancarotta Preferenziale

La Corte ribadisce un principio fondamentale: per configurare il dolo nel reato di bancarotta preferenziale, non è richiesta la specifica conoscenza tecnica dello stato di insolvenza del debitore. È sufficiente la consapevolezza di una situazione patrimoniale tale per cui il soddisfacimento di un creditore avviene a scapito degli altri, violando la par condicio creditorum. L’imputato, data la sua professione e i suoi tentativi di recuperare l’investimento, era pienamente cosciente della presenza di numerosi altri creditori e delle difficoltà del debitore nel far fronte ai propri impegni.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso poiché, pur lamentando un vizio di motivazione, tendevano a sollecitare una nuova e non consentita valutazione dei fatti. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una spiegazione logica e rafforzata delle ragioni per cui riteneva provata la responsabilità dell’imputato, in linea con le indicazioni della precedente sentenza di annullamento con rinvio.

In particolare, la Corte ha valorizzato la ‘contiguità operativa’ tra i vari soggetti coinvolti, che costituiva un unico centro di interessi mascherato da diverse entità societarie. Questa complessa realtà non poteva sfuggire a un soggetto con le competenze giuridiche dell’imputato. Il suo silenzio durante le indagini sulla vicenda, proprio il giorno prima di un’assemblea societaria decisiva per l’acquisizione dell’immobile, è stato considerato un ulteriore elemento a carico.

Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale sul dolo nel concorso dell’ extraneus nel reato di bancarotta preferenziale. La decisione finale di rigetto del ricorso e di condanna al pagamento delle spese processuali conferma che la responsabilità penale non si ferma all’imprenditore fallito, ma può estendersi anche al creditore che, consapevole della crisi del debitore, accetta un pagamento che lede la parità di trattamento tra i creditori. La valutazione della consapevolezza non richiede prove dirette, ma può essere desunta da un quadro indiziario grave, preciso e concordante, come avvenuto nel caso di specie.

Cosa costituisce il dolo per il creditore (extraneus) nel reato di bancarotta preferenziale?
Per il creditore che concorre nel reato, il dolo consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella del debitore, con la consapevolezza che essa determina la preferenza nel soddisfacimento del proprio credito rispetto ad altri creditori. Non è richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società.

È necessario che il creditore conosca lo stato tecnico di insolvenza del debitore per essere responsabile di bancarotta preferenziale?
No, la sentenza chiarisce che non è necessaria una consapevolezza dello stato di insolvenza in senso tecnico. È sufficiente che sia nota l’esistenza di una situazione patrimoniale del debitore per cui il pagamento ricevuto è incompatibile con il rispetto della parità di trattamento degli altri creditori (par condicio creditorum).

Perché la condotta di un altro creditore, costituitosi parte civile, non è stata considerata uguale a quella dell’imputato?
La Corte ha escluso l’assimilazione per due ragioni principali: in primo luogo, la parte civile non aveva mai ottenuto il pagamento effettivo del suo credito (gli assegni erano stati protestati), a differenza dell’imputato che aveva ricevuto il trasferimento di un bene immobile. In secondo luogo, non era stato provato che la parte civile, all’epoca dei fatti, fosse a conoscenza dell’esistenza della società di fatto, a differenza di quanto accertato per l’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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