LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta per scissione: quando è reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10163 del 2024, ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale di un amministratore che, attraverso un’operazione di scissione societaria, aveva trasferito tutti gli asset di valore a una nuova società, lasciando la società originaria con la maggior parte dei debiti e destinandola al fallimento. La Corte ha stabilito che la bancarotta per scissione si configura quando l’operazione, pur formalmente lecita, è volutamente depauperativa del patrimonio aziendale. Le tutele civilistiche previste per i creditori non sono sufficienti a escludere la rilevanza penale del fatto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta per Scissione: La Cassazione Chiarisce i Limiti tra Operazione Lecita e Reato

Una scissione societaria, operazione di per sé prevista e disciplinata dal codice civile, può trasformarsi in un’azione criminale? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 10163 del 2024, ha affrontato il delicato tema della bancarotta per scissione, confermando che anche un atto formalmente lecito può integrare il reato di bancarotta fraudolenta se utilizzato per svuotare una società a danno dei creditori.

I Fatti: La Scissione Societaria Sotto Accusa

Il caso esaminato riguarda un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale. L’operazione incriminata consisteva in una scissione parziale proporzionale. Attraverso questo atto, l’amministratore aveva trasferito l’intero e cospicuo patrimonio attivo della società (impianti, macchinari, un opificio di grande valore e crediti) a una nuova società, amministrata dalla moglie e partecipata da entrambi.

Contestualmente, solo una parte minoritaria dei debiti, quella funzionale a garantire la continuità operativa (debiti bancari ipotecari e verso fornitori), veniva trasferita alla nuova entità. La maggior parte delle passività, in particolare quelle verso l’erario e i dipendenti, rimaneva in capo alla società originaria. Quest’ultima, privata di ogni asset produttivo e capacità reddituale, veniva di fatto trasformata in una “scatola vuota”, destinata inevitabilmente al fallimento, dichiarato poco più di un anno dopo.

L’Analisi della Cassazione sulla Bancarotta per Scissione

La difesa dell’imputato sosteneva che l’operazione non potesse essere considerata distrattiva, in quanto la legge prevede meccanismi di tutela per i creditori. In particolare, si faceva riferimento alla responsabilità solidale della società beneficiaria per i debiti tributari e alla possibilità per i dipendenti di rivalersi sulla nuova società.

La Suprema Corte ha respinto questa linea difensiva, ribadendo un principio consolidato: ai fini della configurabilità della bancarotta fraudolenta, non rileva la riconducibilità astratta della condotta a un atto di gestione lecito. Ciò che conta è l’effetto concreto dell’operazione. Se, come nel caso di specie, la scissione si rivela volutamente depauperativa del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori, essa assume rilevanza penale.

Le Tutele Civilistiche Non Escludono il Reato

Uno dei punti cardine della sentenza riguarda l’inefficacia delle tutele civilistiche a escludere il reato. La Cassazione chiarisce che, sebbene esistano strumenti come l’opposizione dei creditori al progetto di scissione o la responsabilità della società beneficiaria, questi non eliminano il danno.

Il pregiudizio per i creditori della società scissa è evidente: essi sono costretti a ricercare i beni presso un altro soggetto giuridico e, soprattutto, si trovano a dover concorrere con i nuovi creditori della società beneficiaria. Questa situazione riduce concretamente le loro possibilità di soddisfacimento, integrando quel pericolo per la garanzia patrimoniale che la norma sulla bancarotta intende punire.

L’Elemento Soggettivo: Il Dolo Generico

La Corte ha inoltre precisato che per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è sufficiente il dolo generico. Non è necessario che l’agente abbia lo scopo specifico di recare pregiudizio ai creditori, né che sia consapevole dello stato di insolvenza dell’impresa. È sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, come avvenuto nel caso della bancarotta per scissione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto il ricorso infondato in ogni suo punto. Ha qualificato l’operazione come un evidente svuotamento della società originaria, trasformata in una “società fantasma” e avviata al fallimento. Le censure relative a una presunta valutazione errata del patrimonio netto ceduto sono state giudicate aspecifiche e generiche. La Cassazione ha inoltre rigettato le argomentazioni basate sulla presunta buona fede dell’amministratore, sottolineando come la natura dell’operazione dimostrasse una chiara volontà depauperativa. Infine, ha confermato la legittimità dell’applicazione d’ufficio delle pene accessorie da parte della Corte d’Appello, in quanto conseguono di diritto alla condanna per questo tipo di reato.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per gli amministratori societari. Le operazioni di riorganizzazione aziendale, come fusioni e scissioni, devono essere condotte con la massima trasparenza e nel rispetto delle garanzie patrimoniali dei creditori. La liceità formale dell’atto non è uno scudo contro la responsabilità penale. Qualsiasi operazione che, nella sua sostanza, si traduca in una diminuzione del patrimonio a danno della massa creditoria in vista di un futuro dissesto, può essere qualificata come bancarotta fraudolenta. La bancarotta per scissione è, a tutti gli effetti, una condotta penalmente rilevante quando utilizzata come strumento per frodare le ragioni dei creditori.

Una scissione societaria, operazione di per sé lecita, può integrare il reato di bancarotta fraudolenta?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, una scissione societaria integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione quando, sulla base di una valutazione concreta, si rivela un’operazione volutamente depauperativa del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori, ad esempio trasferendo tutti gli attivi a una nuova società e lasciando i debiti in quella originaria, destinandola al fallimento.

Le tutele previste dal diritto civile per i creditori (come la responsabilità solidale della società beneficiaria) sono sufficienti a escludere il reato di bancarotta?
No. La Corte ha stabilito che le tutele normative civilistiche sono inidonee a escludere il danno o il pericolo per i creditori. Essi, infatti, subiscono comunque un pregiudizio, dovendo ricercare i beni presso un’altra entità e trovandosi a concorrere con i nuovi creditori di quest’ultima, con una concreta riduzione delle possibilità di soddisfacimento.

Per la configurazione della bancarotta fraudolenta è necessario che l’amministratore sia consapevole dello stato di insolvenza della società?
No. La sentenza ribadisce che per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è sufficiente il dolo generico. Ciò significa che non è richiesta la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo specifico di danneggiare i creditori. È sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia per le obbligazioni sociali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati