Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36585 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36585 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MELITO DI NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugNOME con rinvio.
udito il difensore avvocato COGNOME, che si riporta agli atti e chiede l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 5 dicembre 2023, la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del GUP presso il Tribunale di Napoli, ha ritenuto NOME COGNOME, amministratrice della società RAGIONE_SOCIALE, responsabile del reato di cui all’art. 223, comma 2, n. 2) legge fall., condannandola alla pena di anni due e mesi quattro di reclusione e rideterminando la pena accessoria in misura pari alla pena principale.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo deduce il difetto di motivazione in ordine ai motivi di appello concernenti l’elemento materiale del reato, la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva e il fallimento, nonché l’elemento soggettivo. Inoltre, la sentenza impugnata non avrebbe spiegato la relazione giuridica delle operazioni contestate con il reato di cui all’art. 223, legge fall.
2.2. Con il secondo motivo si contesta il vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla prova del dolo e del nesso causale tra le operazioni contestate, ed in particolare l’accumulazione del debito previdenziale e tributario, ed il dissesto della società fallita. Difetterebbero prove sulla incapacità della società di far fronte alle obbligazioni da cui desumere la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva e la causazione del fallimento.
2.3. Il terzo motivo si appunta sul vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. La Corte territoriale non avrebbe individuato elementi per poter affermare la volontà della causazione del fallimento, tenuto conto che la posizione passiva della società risalirebbe in via prevalente al 2004, sicché troppo ampio sarebbe il tempo decorso tra la condotta e il verificarsi del fallimento, dichiarato nel 2014.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
I motivi di ricorso, in quanto tra loro strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono infondati.
Occorre muovere dalla premessa che l’esito conforme delle decisioni pronunciate nei due gradi di giudizio consente di operare la lettura congiunta delle sentenze di primo e secondo grado, trattandosi di motivazioni che si fondono in un unico corpo di argomenti a sostegno delle conclusioni raggiunte (su cui v., di recente, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E, Rv. 277218).
Nel caso di doppia conforme affermazione di responsabilità, va riconosciuta, in linea di principio, l’ammissibilità della motivazione della sentenza d’appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi
da quelli già esaminati e disattesi dal primo giudice (ex plurimis, Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013, COGNOME, Rv. 257056; Sez. 6, n. 28411 del 13/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256435; Sez. 6, n. 17912 del 07/03/2013, COGNOME, Rv. 255392). Il giudice di appello, nell’effettuare il controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è, infatti, tenuto a riesaminare questioni riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali il primo giudice si sia soffermato con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici e che risultino non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595). Pertanto, in presenza di una “doppia conforme” anche nell’iter motivazionale, il giudice di appello non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi.
Pertanto, in sede di legittimità non è censurabile la sentenza per il silenzio su una specifica doglianza prospettata con il gravame, quando questa risulti disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., che essa evidenzi una ricostruzione dei fatti che implicitamente conduca alla reiezione della prospettazione difensiva, senza lasciare spazio a una valida alternativa (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Currò, Rv. 275500; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, dep. 2014, Cento, Rv. 259643).
4. È altresì opportuno ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, in tema di bancarotta fraudolenta, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fati., attengono alla commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsecamente pericolosi per la “salute” economico-finanziaria della impresa e postulano una modalità di pregiudizio k patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di GLYPH i t..’ maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria
implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato (Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Prandini, Rv. 261684).
In tale ottica, si ritiene corretta applicazione del principio la qualificazione di operazione dolosa data al protratto, esteso e sistematico inadempimento delle obbligazioni contributive, che, aumentando ingiustificatamente l’esposizione nei confronti degli enti previdenziali, rendeva prevedibile il conseguente dissesto della società (Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, cit.; Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Rv. 260492; Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014, Rv.261446; Sez. 5 n. 12426 del 29/11/21013, dep. 2014, Rv. 259997; Sez. 5, n. 17355 del 12/03/2015, Rv. 264080; Sez. 5, n. 15281 del 08/11/2016, dep. 2017, Rv.270046).
Con specifico riferimento all’omesso versamento delle imposte dovute, si è affermato che tale condotta integra il reato di fallimento cagioNOME per effetto di operazioni dolose, dal momento che in tal modo si viene a gravare la società da ingenti debiti nei confronti dell’erario (Sez. 5, n. 24752 del 19/02/2018, COGNOME Mattia, Rv. 273337 – 01).
Nel caso in esame, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la sentenza impugnata – anche attraverso il richiamo alla decisione di primo grado ha compiutamente ricostruito le vicende finanziarie della società, evidenziando che l’inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali era stato il frutto di una consapevole scelta gestionale della amministratrice, posta in essere fin dal 2004, che aveva determiNOME una situazione debitoria crescente, protrattasi fino al fallimento, e che pertanto si caratterizzava come estesa e sistematica.
Non colgono nel segno neppure le critiche mosse dalla ricorrente con riguardo al carattere omissivo della condotta ad essa ascritta.
È stato chiarito che il termine “operazioni” dolose ha una valenza semantica più ampia rispetto al termine “azione”, sicché esso riconnprende l’insieme delle condotte, attive od omissive, che rechi pregiudizio ai legittimi interessi dell’ente, dei soci, dei creditori e dei terzi interessati società (Sez. 5 n. 24752 del 01/06/2018, Rv. 273337).
In particolare, questa Corte ha affermato che le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall., possono consistere nel compimento di qualunque atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria della impresa e, quindi, anche in una condotta omissiva produttiva di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l’impresa (Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Belleri, Rv. 260492, in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione impugnata che aveva qualificato come operazione dolosa il mancato versamento dei contributi previdenziali con carattere di sistematicità).
Nella specie, la Corte territoriale ha colto nel protratto inadempimento delle obbligazioni fiscali e contributive un comportamento che ha ingiustificatamente aumentato l’esposizione debitoria della società nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali, anche in considerazione della conseguente irrogazione di sanzioni che rendeva prevedibile, per la sua sistematicità ed ampiezza, il conseguente dissesto.
6. Del pari destituite di fondamento sono le critiche con cui si deduce la mancata individuazione del nesso causale tra le condotte della ricorrente e il fallimento della società. Ciò che caratterizza la bancarotta impropria da operazioni dolose, distinguendola dalla bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è l’immediato depauperamento della società, ma la creazione e l’aggravamento di una situazione di dissesto che porterà al fallimento della società. Il sistematico inadempimento dei debiti erariali e/o contributivi, se, da un lato, arreca sicuri vantaggi all’impresa sotto forma di risparmio dei relativi costi, dall’altro, aumenta ingiustificatamente l’esposizione nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali, così rendendo prevedibile il conseguente dissesto della società (Sez. 5, n. 15281 del 08/11/2016, dep. 2017, Bottiglieri, Rv. 270046).
La Corte d’appello di Napoli ha puntualmente individuato proprio nella risalente e sistematica omissione degli obblighi fiscali e contributivi la causa dell’aggravamento del dissesto, ed in definitiva del fallimento della società, evidenziando come proprio il protratto inadempimento di detti obblighi, aumentando ingiustificatamente l’esposizione societaria, rendesse prevedibile il dissesto. Peraltro, non rileva, al fine di escludere il nesso causale tra la condotta della ricorrente e il dissesto della società, la circostanza che i debiti fiscali e previdenziali risalissero al 2005, dal momento che gli stessi non erano mai stati estinti, ed anzi avevano continuato ad aumentare incidendo sulla determinazione del fallimento. La sentenza impugnata, invero, ha evidenziato come le condotte omissive erano state sostanzialmente l’unica causa del dissesto, rappresentando i debiti fiscali e contributivi l’ammontare del passivo fallimentare.
Infondata è anche la censura concernente l’elemento soggettivo del reato. L’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. dispone che la causazione del fallimento deve essersi verificata con dolo o per effetto di operazioni dolose.
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’art. 223, comma 2, prevede due autonome fattispecie criminose, che contemplano entrambe una condotta dei soggetti qualificati che ha determiNOME il dissesto da cui è scaturito il fallimento, le quali, dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, incentrandosi, piuttosto, il discrimen tra tali due fattispecie sull’elemento
soggettivo. Invero, nell’ipotesi di causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre, nel fallimento conseguente a operazioni dolose, esso è solo l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio che esso si verifichi. In sostanza, mentre la prima fattispecie (cagionamento con dolo) è a dolo diretto di evento, in quanto il dissesto “entra nel fuoco della volontà”, la seconda (cagionamento per effetto di operazioni dolose) è a dolo generico (Sez. I, n. 7136 del 25/04/1990, De Sena Rv. 184359), giacché non è necessaria la volontà diretta a provocare il dissesto, il quale è, piuttosto, l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria ma non diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione accetta la probabilità che il dissesto si verifichi. In altri termini, è sufficiente consapevolezza di porre in essere un’operazione che, concretandosi in un abuso o infedeltà nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto intrinsecamente pericoloso per la salute economico finanziaria della società, determini la prevedibilità della decozione, quale effetto della condotta antidoverosa (Sez. 5, n. 16111 del 08/02/2024, COGNOME, Rv. 286349 – 01; Sez. 5 n. n. 45672 del 1/10/2015, NOME, Rv. 265510; conf. Sez. 5 n. 38728 del 3/04/2014, Rv. 262207).
La sentenza impugnata, così come la decisione di prime cure, si sono attenute a tali canoni ermeneutici, individuando la sussistenza del dolo generico delle operazioni dolose nel sistematico inadempimento, protratto per anni, delle obbligazioni tributarie e contributive, che rendeva prevedibile il dissesto conseguente all’accumulazione di ingenti passività anche in ragione dell’inevitabile carico sanzioNOMErio (Sez. 5, n. 15281 del 08/11/2016, dep. 2017, Bottiglieri, Rv. 270046).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processua li.
Così deciso nella camera di consiglio del 1 2 settembre 2024.