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Bancarotta per operazioni dolose: il nesso causale

Un amministratore viene assolto dall’accusa di bancarotta per operazioni dolose per aver affittato l’unico ramo d’azienda della società poi fallita. La Corte di Cassazione conferma la decisione, sottolineando che, poiché la società aveva già cessato ogni attività prima del contratto d’affitto, l’operazione non poteva aver causato né aggravato il dissesto, facendo venir meno il necessario nesso causale per la configurabilità del reato.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta per Operazioni Dolose: L’Importanza Decisiva del Nesso Causale

Il reato di bancarotta per operazioni dolose rappresenta una delle fattispecie più complesse nel diritto penale fallimentare. Si configura quando un amministratore compie operazioni che, pur non diminuendo direttamente il patrimonio sociale, sono talmente sconsiderate da causare o aggravare il fallimento della società. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale su un elemento chiave di questo reato: il nesso causale. Vediamo come l’assenza di un legame diretto tra l’operazione e la crisi aziendale possa escludere la responsabilità penale.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda l’amministratore di una società in nome collettivo, fallita nel marzo 2013. L’accusa mossa nei suoi confronti era quella di bancarotta impropria per operazioni dolose. Nello specifico, gli veniva contestato di aver aggravato il dissesto della società affittando l’unico ramo d’azienda a un’altra impresa, costituita poco prima dai suoi suoceri. Secondo l’accusa, questa operazione, unita a un canone ritenuto incongruo e riscosso solo parzialmente, aveva privato la società della sua unica fonte di operatività, accelerandone il collasso.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, aveva assolto l’amministratore con la formula “perché il fatto non sussiste”. La Procura Generale ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di secondo grado avessero errato nel valutare la condotta, concentrandosi sulla natura non “distrattiva” dell’operazione anziché sulla sua intrinseca dolosità e sul suo effetto pregiudizievole per l’impresa.

La Decisione della Cassazione sulla bancarotta per operazioni dolose

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14405 del 2024, ha rigettato il ricorso della Procura Generale, confermando in via definitiva l’assoluzione dell’imputato. Il cuore della decisione risiede nella valutazione del nesso causale tra l’operazione contestata (l’affitto del ramo d’azienda) e l’aggravamento del dissesto.

I giudici supremi hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente accertato un fatto decisivo, non contestato dal ricorrente: la società fallita aveva di fatto cessato di operare prima della stipula del contratto di affitto. Questo elemento si è rivelato cruciale per escludere la configurabilità del reato.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su un’analisi rigorosa del principio di causalità. Per aversi il reato di bancarotta per operazioni dolose, non è sufficiente compiere un’operazione economicamente svantaggiosa o imprudente; è necessario che tale operazione abbia avuto un’incidenza causale diretta sulla genesi o sull’aggravamento del dissesto.

Nel caso specifico, la Corte ha ragionato come segue:

1. Stato di Inattività Preesistente: La Corte territoriale aveva stabilito, e la Cassazione lo ha confermato, che l’azienda era già inerte e non produttiva al momento della stipula del contratto d’affitto. Pertanto, l’affitto non ha privato la società di una capacità operativa che essa, di fatto, non aveva più.

2. Assenza del Nesso Causale: Se l’azienda era già ferma, l’operazione di affitto non può essere considerata la causa del suo dissesto o del suo aggravamento. La crisi era già in atto e consolidata per ragioni indipendenti e precedenti all’affitto. L’evento (l’aggravamento del dissesto) si sarebbe verificato ugualmente, anche se l’amministratore avesse lasciato i beni aziendali inutilizzati.

3. Distinzione con Altri Principi Giurisprudenziali: La Procura aveva invocato il principio secondo cui anche la vendita a prezzo di mercato dell’unico bene produttivo può costituire bancarotta se priva l’impresa della possibilità di continuare l’attività. La Cassazione ha ritenuto questo principio corretto ma non applicabile al caso di specie. Tale principio, infatti, presuppone che la società sia ancora in grado di svolgere la propria attività al momento dell’operazione. Qui, invece, la capacità operativa era già venuta meno.

In sostanza, la condotta dell’amministratore, pur potendo essere oggetto di altre valutazioni, non integrava gli estremi del reato contestato perché mancava l’elemento fondamentale del nesso eziologico tra l’azione e l’evento dannoso richiesto dalla norma.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cardine del diritto penale dell’impresa: non c’è responsabilità senza un nesso di causalità provato. Per condannare un amministratore per bancarotta per operazioni dolose, l’accusa deve dimostrare che la sua gestione ha concretamente e direttamente contribuito a provocare o peggiorare lo stato di insolvenza. Un’operazione compiuta su un’azienda ormai “clinicamente morta” non può essere considerata causa del suo decesso. La decisione offre quindi un importante criterio distintivo per valutare le operazioni aziendali poste in essere in contesti di crisi, ancorando la responsabilità penale a un’effettiva incidenza sulla salute finanziaria dell’impresa.

Affittare l’unico ramo d’azienda di una società in crisi è sempre reato di bancarotta per operazioni dolose?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non costituisce reato se la società aveva già cessato di operare prima della stipula del contratto di affitto. In questo caso, manca il nesso causale tra l’operazione e l’aggravamento del dissesto, elemento indispensabile per la configurabilità del reato.

Qual è l’elemento fondamentale per configurare il reato di bancarotta per operazioni dolose?
Secondo la sentenza, l’elemento fondamentale è il nesso di causalità. È necessario dimostrare che l’operazione dolosa contestata all’amministratore abbia effettivamente causato o aggravato il dissesto finanziario della società. Se l’operazione non ha avuto alcuna incidenza sulla crisi, perché la società era già inattiva, il reato non sussiste.

La Corte fa differenza tra vendere e affittare l’unico bene produttivo di un’azienda ai fini della bancarotta?
Sì, la sentenza evidenzia una differenza di fondo, notando che l’affitto è una modalità per ricavare un reddito da un bene, a differenza della vendita che ne comporta la perdita definitiva. Tuttavia, il punto cruciale non è la natura dell’operazione (vendita o affitto), ma la sua capacità di incidere sulla crisi, la quale è esclusa se si dimostra che l’azienda aveva già cessato di operare prima dell’atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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